Lo sapevate? Perché in Sardegna ci sono delle bellissime chiese romaniche e perché si sono conservate così bene?
In Sardegna ci sono delle bellissime chiese romaniche perché l’isola, tra l’XI e il XIII secolo, visse un periodo di intensa attività culturale, religiosa e artistica, favorito dai rapporti con la penisola italiana e l’Europa. Perché sono così numerose e perché si sono conservate molto bene?
In particolare, durante l’epoca dei Giudicati (i quattro regni autonomi sardi: Cagliari, Arborea, Torres e Gallura), la Chiesa assunse un ruolo centrale nella società e molte comunità religiose, specialmente benedettine, cistercensi e camaldolesi, arrivarono in Sardegna portando con sé nuovi modelli architettonici e tecniche costruttive romaniche.
Questi ordini monastici non solo introdussero lo stile romanico, ma promossero la costruzione di chiese, abbazie e monasteri in zone strategiche per l’evangelizzazione e il controllo del territorio. I Giudici e le famiglie nobili locali, spesso in competizione tra loro, finanziavano queste costruzioni anche come segno di potere e prestigio.

La Basilica di Saccargia
In Sardegna, però, il romanico non è mai “puro”: è arricchito da influenze pisane, toscane, lombarde, catalane e persino moresche, il che lo rende unico e fortemente identitario. Le pietre locali (come il basalto, il calcare o il trachite) contribuiscono a dare a ogni edificio un carattere distintivo.
Ecco perché in Sardegna si trovano chiese romaniche bellissime e originali, come la Basilica di Saccargia, San Pietro di Sorres, San Nicola di Trullas, San Gavino a Porto Torres, San Pietro delle Immagini a Bulzi o Santa Maria del Regno a Ardara: sono il risultato di una stagione culturale vivace, di una Sardegna aperta al Mediterraneo e desiderosa di lasciare un segno nella storia attraverso l’arte e la fede.
Le chiese romaniche in Sardegna si sono conservate così bene per una combinazione di fattori geografici, storici e culturali che hanno protetto questi edifici nei secoli.
Innanzitutto, la posizione geografica isolata dell’isola ha giocato un ruolo cruciale: Sardegna è rimasta per lungo tempo ai margini dei grandi conflitti e delle trasformazioni urbanistiche radicali che hanno interessato altre regioni europee. Questo isolamento ha fatto sì che molte strutture religiose non subissero distruzioni, ricostruzioni o sovrapposizioni architettoniche invasive, tipiche invece dei centri più esposti e dinamici.
Inoltre, molte chiese romaniche sarde sorgono in contesti rurali o poco urbanizzati, dove lo sviluppo edilizio moderno non ha intaccato il tessuto storico e dove il paesaggio è rimasto sostanzialmente intatto. Questo ha contribuito a mantenerle quasi come erano state costruite, senza alterazioni strutturali significative.
Un altro elemento importante è legato alla qualità dei materiali utilizzati: il basalto, il calcare, la trachite e altre pietre locali con cui sono state costruite le chiese romaniche sono particolarmente dure e resistenti agli agenti atmosferici. Le tecniche costruttive portate dagli ordini religiosi, come i Benedettini, erano molto avanzate per l’epoca e puntavano sulla solidità e sulla durata.

San Pietro di Sorres
Va poi considerata la cultura della tutela diffusa nelle comunità locali: molte di queste chiese, anche quando non più utilizzate regolarmente per il culto, sono state comunque oggetto di attenzione e rispetto. In alcuni casi sono state le stesse popolazioni a occuparsi della loro conservazione, riconoscendole come parte del proprio patrimonio identitario.
Infine, negli ultimi decenni, numerosi interventi di restauro conservativo promossi da enti pubblici e associazioni culturali hanno permesso di salvaguardare questi gioielli architettonici, intervenendo con criteri rispettosi e filologici.
Per tutte queste ragioni, in Sardegna le chiese romaniche non solo si sono conservate straordinariamente bene, ma rappresentano ancora oggi un patrimonio integro, autentico e di grande fascino.
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