Anche quest’anno a Tortolì, nei giorni 27, 28, 29 Maggio u.s. , si sono svolte le celebrazioni per la Festa Di San Giorgio di Suelli, patrono della Diocesi d’Ogliastra.
Nei tre giorni, in cui si è articolata la festa, si sono ripercorsi, con tre processioni, gli itinerari di evangelizzazione del primo vescovo di Suelli.

A Tortolì, venerdì, primo giorno di festa, con il simulacro del Santo che, alle 18 è sfilato in processione, dalla chiesa di San Giorgio fino alla chiesetta del “Sacro Cuore”, attraversando le zone di via Sulki, via Marsiglia e lungo la via San Gemiliano, via Segni e via Mannironi, la processione è giunta alla zona Gescal, nella Chiesa del Sacro Cuore. Alle 19 è seguita la celebrazione della Santa Messa, mentre la serata è proseguita con un rinfresco offerto dal comitato.

Sabato sempre alle 18 la processione è partita dalla chiesa del “Sacro Cuore” per terminare nella chiesa di “Stella Maris” ad Arbatax. Il significato di questo percorso sta nel fatto che poiché la Madonna è la “Signora” di Tutti i Santi, viene celebrata anche da San Giorgio.

Dopo la processione si è tenuta la Messa.

Domenica 29 si è svolta la celebrazione più solenne della festa con la processione alle 10 da “Stella Maris” per giungere sino a San Giorgio attraversando via Lungomare, via Porto Frailis e poi proseguire in via dei Portoghesi, viale Europa e via Ginevra.

Nella prima mattinata, si sono preparati i cavalli del “Maneggio Pastrengo” e un gruppo di cavalieri, tra i quali l’attuale parroco Don Giorgio in testa, hanno sfilato, accompagnati dalla banda musicale e il gruppo folk “San Giorgio” di Tortolì-Arbatax, con il carro e il simulacro del Santo. Hanno sfilato in processione, col vestito bianco della cerimonia, anche i bambini che hanno ricevuto, la Prima Comunione nella chiesa di San Giorgio di Arbatax, la domenica precedente. L’intero itinerario è stato addobbato dai fedeli con fiori e coccarde fino alla Chiesa di San Giorgio.

All’arrivo, dopo la benedizione dei cavalli e dei cavalieri e la consegna della medaglia ricordo, è stata celebrata la Santa Messa Solenne alle 11, al termine della quale don Giorgio ha ringraziato i cittadini che hanno contribuito all’organizzazione e, in particolare, il presidente del comitato Gianni Todde.

Mentre nella serata la festa è proseguita nel piazzale della Chiesa di S. Giorgio che, per l’occasione, è stata occupata dal palco, con bancarelle e giostre, ed è proseguita sino a tardi sera.
A fine serata si é svolta l’estrazione dei premi della Lotteria.

Foto di Alessandro Pigliacampo

Come si dice zucca in sardo campidanese?

La zucca e il suo viaggio nella lingua sarda tra storia, usi antichi e significati nascosti. Come si chiama la zucca in sardo campidanese?

Nel vasto universo della lingua sarda, ricco di sfumature, varietà e tradizioni, esiste un termine che racchiude tutta la forza simbolica di un frutto umile e diffusissimo: la zucca. Eppure la domanda che molti si pongono, ovvero come si dice zucca in sardo e in particolare in campidanese, apre uno spiraglio su un patrimonio linguistico che è un vero spettacolo, un vocabolario pieno di suoni che raccontano la terra, la cultura e perfino l’ironia tagliente di un popolo. In questo intreccio di voci antiche spicca la parola crocoriga, che non è soltanto la risposta alla curiosità su come si dice zucca in campidanese, ma un vero simbolo della quotidianità rurale. Dentro questa parola sembra di ritrovare il sole e la terra, insieme a quel pizzico di follia che serve per coltivare e trasformare ciò che la natura offre.

Nell’uso tradizionale infatti la crocoriga non era una semplice zucchetta ornamentale, ma un contenitore rustico ottenuto dalla zucca essiccata, capace di diventare una borraccia popolana per il vino, ben distante dalle raffinatezze moderne e più vicina all’eleganza rurale di un tempo. Intorno alla crocoriga ruota poi un piccolo mondo di varianti linguistiche e botaniche: la crocoriga aresti, la zucca selvatica considerata dalla medicina antica un tuttofare catartico ed antielmintico quasi un Dottor House delle piante; la crocoriga burda, ovvero l’aristolochia impiegata un tempo per affrontare problemi femminili come un’antenata degli integratori naturali; la crocoriga de acua, sorprendentemente la ninfea che galleggia sugli stagni mentre le rane improvvisano un loro personale karaoke; e infine la crocorighedda, la versione mignon della famiglia, cioè la zucchina semplice.

Questo piccolo universo linguistico non si limita però alle piante, perché proprio come in italiano anche in sardo la parola crocoriga diventa un modo ironico e pungente per definire una persona ignorante, un asino metaforico che preferirebbe osservare le pecore piuttosto che studiare, una definizione che conserva quel tono affettuoso ma neanche troppo che appartiene alle espressioni popolari. E così la prossima volta che qualcuno utilizzerà questo termine, sarà chiaro che dietro una semplice zucca si nasconde un intero mondo di cultura, storia e spirito sardo.