Somu, il ristorante stellato che parla sardo davanti al mare turchese della Costa Smeralda

Abbiamo intervistato il team di Somu, ristorante di Baja Sardinia che ha appena ricevuto la prima Stella Michelin. La cucina di questo ristorante trae origine dai sapori e dalle materie prime del territorio sardo, con alle spalle l'esperienza dello staff in alcuni dei ristoranti di fine dining più importanti d'Italia. A loro abbiamo assegnato il premio "Ristorante innovativo" dei nostri Vistanet Food Selection Awards.
La storia di Somu, ristorante di Baja Sardinia appena premiato dalla Guida Michelin con l’agognata prima stella, è intrisa di Sardegna, dalle sue origini fino alla sua essenza più originale. A guidarlo è l’executive chef Salvatore Camedda che insieme al restaurant manager-sommelier Giacomo Serreli e allo chef Antonio Gallarato uniscono le diverse anime dell’Isola da nord a sud.
Le origini di chef Camedda sono cabraresi, terra di grande tradizione gastronomica conosciuta in tutto il mondo per la bottarga di muggine, quelle del restaurant manager sono cagliaritane (Capoterra), mentre chef Gallarato è di Nuoro. L’incontro fra queste diverse tradizioni culinarie dell’Isola è stato sublimato dalla conoscenza di tecniche e accortezze apprese nel loro cammino in alcuni dei migliori ristoranti di fine dining d’Italia e d’Europa.
Il primo “wow” però non arriva con i piatti in questo ristorante. Somu si trova infatti nella privilegiata terrazza-giardino del Club-Hotel di Baja Sardinia. I 40 coperti a disposizione guardano dritti verso la baia: il tramonto sul mare accompagna l’arrivo della notte, lasciando poi spazio ai giochi di luce della luna sulla superficie dell’acqua. L’atmosfera è estremamente intima e romantica.
Le aspettative generate dal panorama sono poi ampiamente confermate una volta seduti a tavola. “La cucina di Somu parte da una base forte della tradizione – spiegano lo chef e i suoi due soci -. Alla componente sarda, riscontrabile nelle materie prime e nella ripresa di molte preparazioni, abbiniamo tecniche tipiche della cucina francese”.
Sono tre i menù degustazione che si possono scegliere da Somu. C’è il “vegetariano” in cui vanno citate proposte come “Bottoni, aglio nero, doppio brodo e bietole” e “Uva, salamoia di pomodoro, olive e olio”, un piatto questo che sorprende, ricordando alla vista una tartare di ricciola.
Un percorso pensato per chi vuole conoscere i sapori della Sardegna in una veste nuova, elegante e raffinata è il “Menù Territorio”. Imperdibile è “Ricciola e anguilla in scabecciu” piatto che gioca sull’acidità ricordando il celebre piatto cagliaritano, in cui l’anguilla viene laccata con salsa bbq acidulata e la ricciola con un gel di pomodoro a crudo. Il tutto è accompagnato da giardiniera di verdure, purea di verdure e gel all’aceto.
“Identità” è invece il percorso più creativo dei tre. “Nasce con quello che ci passa per la testa in un determinato momento – racconta chef Antonio Gallarato -. In sette portate cerchiamo di dare vita a una fusione completa tra Sardegna e resto del mondo”. Un esempio di questo è sicuramente il “Capretto, salvia, salsa provenzale, prugne e lenticchie al curry”, un secondo che pesca a piene mani dalla tradizione dell’entroterra isolano per partire alla volta del mondo arabo e indiano con richiami affascinanti alla tajine marocchina e al dahl indiano.
La sperimentazione è costante e continua, ma trae origine sempre dalla memoria della tradizione, dal sugo della nonna e dai sapori che le papille gustative hanno memorizzato durante l’infanzia e la gioventù. Nascono così piatti come la pernice (sulla falsa riga del piccione francese), su “Trigu cottu, lenticchie e foie gras” (ricetta tipica del Medio Campidano), s’“Erbuzzu”, la rivisitazione della zuppa di verdure tipica di Gavoi, o la “Crêpes souffle, casizzolu, erbe amare, aceto di mele cotogne”, una crêpe suzette che parla sardo.
I vini sono territorio del restaurant manager Giacomo Serreli, tornato in Sardegna dopo una lunga esperienza in alcune delle cucine più importanti d’Italia come quella della famiglia Scarello del ristorante “Agli amici”, in Friuli. “Proponiamo spesso abbinamenti con vini scarichi e magri, capaci di giocare su toni acidi e minerali per completare degnamente i sapori dei nostri piatti, che spesso tendono a gusti decisi e salmastri – spiega -. Questo significa che pur trovandoci in Gallura non ci limitiamo a proporre delle ottime bottiglie di vermentino ma facciamo conoscere ai nostri ospiti vitigni più particolari come il Semidano, la Vernaccia, il Cagnulari, il Nuragus”.
Al centro di tutto il progetto c’è uno staff che lavora coeso senza stravolgimenti dal 2021. A unirlo c’è una visione comune che lo chef Salvatore Camedda ha saputo trasmettere a tutta la squadra fino all’ottenimento del premio più importante che un ristorante possa ricevere, la stella Michelin.
È cambiato qualcosa dopo l’ottenimento di questo risultato? “La stella modifica la clientela in modo molto netto – commenta lo chef -. Paradossalmente dà più stabilità e libertà espressiva perché si ha la conferma di trovarsi nella strada giusta. Da un punto di vista personale è una soddisfazione, la sensazione di vedere ripagato il sacrificio quotidiano. In generale eravamo contenti soprattutto per i ragazzi. Quello che non bisogna modificare sono le proprie idee, ma cercare solo di migliorarle e perfezionarle”.
Ora, forse, arriva la sfida più grande quella di confermarsi ad alti livelli. “Siamo consapevoli di aver fatto qualcosa di bello – spiega lo chef – ma la cosa più difficile è rimanere costanti e consistenti ogni giorno, mantenere il livello di eccellenza che abbiamo raggiunto. È questa la partita più difficile e avvincente da giocare”.

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