Vado molto spesso in ristorante. Altrettanto spesso (purtroppo) mi imbatto in menù che sembrano un vecchio elenco telefonico con piatti che vanno dalla A alla Z. Piatti di mare, piatti di terra, pizze, hamburger, bistecche. Quando mi trovo in questo tipo di locali la sensazione che mi pervade è quella di un forte mal di testa in arrivo.

Cosa ordino? Quanti piatti? Ma sarà più buona l’orata al cartoccio o gli spaghetti alla carbonara? Puntualmente chiedo al cameriere di darmi un consiglio e altrettanto puntualmente ricevo la stessa risposta: “Qui è tutto buonissimo”.

Vi svelo il segreto di Pulcinella: in quel ristorante non può essere tutto buonissimo. Lo chef è uno solo, i fornelli sono gli stessi e il pizzaiolo non può essere il migliore del mondo, visto che ha accettato di lavorare in uno spazio limitato e in mezzo a mille altre preparazioni. Se andassi dal titolare di quel locale e gli chiedessi cosa lo rende unico e speciale, lui non mi saprebbe rispondere.

Con questo semplice esempio vi ho voluto introdurre il concetto di ciò che nel marketing si chiama “Unique selling proposition” (USP), ovvero argomento esclusivo di vendita. Si tratta della base da cui ogni imprenditore dovrebbe partire. “Fai una cosa sola e falla bene”, detto in estrema sintesi.

Se intendete fare pubblicità dovete decidere oggi qual è la vostra Usp e dovete puntare tutta la comunicazione su questa specificità esclusiva. Se siete un ristorante e siete specializzati negli hamburger dovreste avere in carta un panino che non è presente in nessun altro locale della vostra città (o della vostra regione o del vostro Paese o di tutto il mondo).

Una volta individuato tutti devono sapere che da voi si mangia quel panino e che quel panino è davvero unico e speciale. Possibilmente attraverso una campagna di comunicazione non autoreferenziale, ovvero affidando a professionisti competenti il racconto di chi siete e cosa fate.

E allora, cosa state aspettando? Andate in “cucina” e create il vostro “panino speciale”.

Una storia surreale arriva da Salerno e sta facendo rapidamente il giro del web: l’Agenzia delle Entrate ha inviato una cartella esattoriale a un bambino di appena 7 anni, chiedendo il pagamento dell’Irpef arretrata relativa al 2017. Peccato che, all’epoca, il piccolo non fosse nemmeno nato.

La vicenda, incredibile ma vera, ha immediatamente suscitato lo sconcerto dei genitori, che si sono trovati di fronte a un atto ufficiale con tanto di calcolo dell’imposta e dettagli sul presunto mancato pagamento. Non si tratta di un errore di omonimia: il nome del bambino corrisponde esattamente a quello indicato nella cartella, rendendo la situazione ancor più paradossale.

I genitori hanno annunciato di aver già predisposto il ricorso formale contro l’Agenzia delle Entrate, sottolineando l’assurdità della richiesta. «È incredibile pensare che il Fisco possa avanzare pretese economiche nei confronti di un bambino che all’epoca non era nemmeno nel mondo», hanno dichiarato, denunciando un episodio che sembra frutto di un errore amministrativo di dimensioni gigantesche.

Esperti di diritto tributario sottolineano come episodi simili, sebbene rari, possano capitare a causa di problemi nei sistemi informatici o errori di attribuzione delle posizioni fiscali. Tuttavia, casi in cui il destinatario non era ancora nato sono praticamente un unicum nella cronaca nazionale.

La vicenda ha già iniziato a circolare sui social, generando reazioni tra lo sconcerto e l’ironia: molti utenti si chiedono come sia possibile che il sistema possa generare una cartella esattoriale con dati così palesemente errati.

Resta da vedere come l’Agenzia delle Entrate gestirà la situazione, ma intanto la storia di questo piccolo salernitano rischia di entrare negli annali come uno degli episodi più bizzarri del fisco italiano.