Colpo di scena a inizio udienza del processo per la morte di Stefano Cucchi: uno dei cinque carabinieri imputati, Francesco Tedesco, ha ricostruito i fatti di quella notte “chiamando in causa” due dei militari imputati per il pestaggio. A riferirlo è il pm Giovanni Musarò. Un altro carabiniere, Riccardo Casamassima, aveva fatto riaprire l’inchiesta qualche mese fa dopo la denuncia di minacce nei suoi confronti per aver testimoniato al processo. Ecco la ricostruzione del TgCom.
La denuncia di Tedesco – Davanti alla prima Corte d’Assise, Musarò ha rivelato che il 20 giugno Francesco Tedesco aveva presentato una denuncia in Procura sulla vicenda Cucchi, a seguito della quale tra luglio e ottobre è stato sentito tre volte dai magistrati. Il militare è a processo assieme ai colleghi Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro per omicidio preterintenzionale. Roberto Mandolini è invece accusato di calunnia e falso, Vincenzo Nicolardi di calunnia. “Dissi basta, finitela, non vi permettete” – Tedesco ha poi riferito le parole che ha rivolto a Di Bernardo e D’Alessandro in occasione del pestaggio: “Dissi loro ‘basta, che c… fate, non vi permettete”. Le avrebbe pronunciate mentre uno “colpiva Cucchi con uno schiaffo violento in volto” e l’altro “gli dava un forte calcio con la punta del piede”. E’ quanto si legge nel verbale di interrogatorio datato 9 luglio 2018.
“Due l’hanno pestato, gli altri sapevano” – Durante gli interrogatori, ha spiegato ancora il pm, Tedesco ha chiamato in causa tutte le persone imputate nel processo: “Secondo quanto messo a verbale da Tedesco, Roberto Mandolini sapeva fin dall’inizio quanto accaduto. Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro furono gli autori del pestaggio su Cucchi e Vincenzo Nicolardi, quando testimoniò nel primo processo, mentì perché sapeva tutto e ne aveva parlato in precedenza con lui”.
“Fu un’azione di pestaggio combinata” – “Fu un’azione combinata, Cucchi prima inizio a perdere l’equilibrio per il calcio di D’Alessandro poi ci fu la violenta spinta di Di Bernardo che gli fece perdere l’equilibrio provocandone una violenta caduta sul bacino. Anche la successiva botta alla testa fu violenta, ricordo di avere sentito il rumore”, ha proseguito Francesco Tedesco nella descrizione delle fasi del pestaggio ai danni di Cucchi, accusando i carabinieri D’Alessandro e Di Bernardo. “Spinsi Di Bernardo – ha aggiunto – ma D’Alessandro colpì con un calcio in faccia Cucchi mentre questi era sdraiato a terra”. E’ emerso inoltre il dettaglio di un’annotazione di servizio redatta dallo stesso Tedesco il giorno della morte di Cucchi e da lui inviata alla stazione Appia dei carabinieri. Il documento “assolutamente importante per la ricostruzione dei fatti è stato sottratto” e non ce n’è più traccia.
“Il maresciallo mi fece capire che dovevo stare zitto” – Tedesco nel corso dell’interrogatorio dei pm nell’ambito del processo bis sulla morte di Stefano Cucchi ha evidenziato che “quando dovevo essere sentito dal pm, il maresciallo Mandolini non mi minacciò esplicitamente ma aveva un modo di fare che non mi faceva stare sereno. Mentre ci recavamo a piazzale Clodio, io avevo capito che non potevo dire la verità e gli chiesi cosa avrei dovuto dire al pm anche perche’ era la prima volta che venivo sentito personalmente da un pm e lui rispose: ‘Tu gli devi dire che stava bene, quello che è successo, che stava bene, che non è successo niente….capisci a me, poi ci penso io, non ti preoccupare'”. “All’inizio avevo molta paura per la mia carriera, temevo ritorsioni e sono rimasto zitto per anni, però successivamente sono stato sospeso e mi sono reso conto che il muro si sta sgretolando e diversi colleghi hanno iniziato a dire la verità”, ha spiegato il carabinieri.
Il legale di Tedesco: “Riscatto per lui e per l’Arma” – “Oggi c’è stato uno snodo significativo per il processo, ma anche un riscatto per il mio assistito e per l’intera Arma dei Carabinieri”, ha commentato l’avvocato Eugenio Pini, difensore di Francesco Tedesco. “Il mio assistito si è lanciato contro i colleghi per allontanarli da Stefano Cucchi, lo ha soccorso e lo ha poi difeso. Ma soprattutto è il carabiniere che ha denunciato la condotta al suo superiore e alla Procura della Repubblica, scrivendo un’annotazione di servizio che però non è mai giunta in Procura, e poi costretto al silenzio contro la sua volontà”, ha aggiunto. Spunta intanto una nuova inchiesta sulla vicenda: gli inquirenti della Procura di Roma hanno infatti istruito un filone di accertamenti dopo alcune deposizioni nel processo bis, in cui finiscono sotto accusa cinque carabinieri per falso ideologico. Tra gli altri, è coinvolto anche Francesco Di Sano, che nell’ottobre 2009 aveva redatto due annotazioni di servizio. Davanti ai magistrati, il militare aveva ammesso di essere stato invitato a ritoccare il verbale perché troppo dettagliato.
“Quanto accaduto a Stefano Cucchi era inaccettabile allora e lo è ancor di più oggi, che sono emersi nuovi elementi scioccanti. Mi auguro che la giustizia faccia al più presto il suo corso e definisca le singole responsabilità. Chi si è macchiato di questo reato pagherà, ve lo assicuro”. E’ il duro commento che il ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, ha scritto su Facebook sui nuovi particolari emersi nel caso Cucchi. “Lo voglio io, lo vuole questo governo e lo vuole tutta l’Arma dei Carabinieri, che merita rispetto – ha aggiunto -. Ho la massima fiducia verso il comando generale e sono vicino alla famiglia di Stefano, ai suoi amici e ai suoi cari. Abbraccio tutti con grande affetto”. Il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, ha invitato la famiglia Cucchi al Viminale. “Eventuali reati o errori di pochissimi uomini in divisa devono essere puniti con la massima severità, ma questo non può mettere in discussione la professionalità e l’eroismo quotidiano di centinaia di migliaia di ragazze e ragazzi delle forze dell’ordine”, ha ribadito.
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