Ogliastrini nel mondo. Francesco Virdis, da Tortolì a Vancouver: “Avevo bisogno di andare via, di essere libero”
È arrivato in Canada tre anni fa. Quello di partire era un sogno, forte e concreto, e Francesco l’ha rincorso fino a vederlo realizzato.
Il tortoliese Francesco Virdis ha 23 anni e ora si trova a Vancouver. È arrivato in Canada tre anni fa. Quello di partire era un sogno, forte e concreto, e Francesco l’ha rincorso fino a vederlo realizzato.
Ma torniamo indietro nel tempo. Nel passato, infatti, in quello che è stato il suo percorso, è nata la decisione di prendere un aereo diretto dall’altra parte del mondo. Francesco studia a Lanusei, al Liceo Artistico.
«La mia famiglia ha l’arte nel sangue» racconta Francesco «io fin da piccolo ho sempre desiderato diventare un artista. Avevo costantemente voglia di creare cose nuove, di inventare. Sono particolarmente bravo nei disegni realistici. Tutto era concentrato sull’arte. Mio fratello è un tatuatore, mio padre e mia madre dipingono e scolpiscono. Tramite la scuola, io e i miei compagni abbiamo avuto l’opportunità di creare bellissimi murales, particolarmente conosciuti sono quelli del reparto di Pediatria dell’ospedale lanuseino. Abbiamo anche vinto un importante concorso, il “Color campus 2014”. Stavo imparando a fare tatuaggi, cercavano di insegnarmi mio fratello insieme agli amici Andrea, Gioele e Rebecca. Io comunque, per quanto riguarda l’arte, mi spingevo sempre più in là».
Presto però arriva la paura. L’Italia – dice Francesco – non è pronta a cullare i giovani in generale, figurarsi quelli che, sognando in grande, bramano una vita carica d’arte. Raramente si riesce a pagare le bollette tramite queste passioni: si deve tirare avanti con un altro lavoro. Questo è un compromesso che a Francesco non va giù. Ma non è solo questa la motivazione. La partenza, questa voglia di cambiare, di spostarsi lontano, non è solo un bisogno legato alla sfera lavorativa.
«Devo essere esplicito, io dovevo andar via, ne avevo bisogno. Volevo essere un artista ma anche avere l’opportunità di vivere come volevo. Non mi sentivo supportato dalla comunità italiana in nulla, né nel lavoro né nella mia omosessualità. Volevo avere un impiego e, in più, essere libero. Dover chiedere i soldi ai miei era assurdo. Volevo diventare indipendente, crescere. Tutti si aspettavano che io frequentassi l’Università, ma io non desideravo questo percorso».
Francesco pensa, riflette, vaglia tutte le ipotesi. Alla fine decide che la sua giovinezza sia un punto in favore. Ha tutto il tempo del mondo – si dice – e deve partire. Solo così può raggiungere i suoi sogni, si dice. Malgrado i rischi e le difficoltà. Nonostante il malumore di chi lo ama e non vorrebbe vederlo lontano. Non è facile convincere famiglia e amici di questa decisione. Si sa, salutare una persona che si ama non è mai semplice. Non è qualcosa che si fa a cuor leggero.
«All’inizio quasi provavo una sorta di odio, perché la Sardegna non mi dava quello che desideravo. Non riuscivo a concentrarmi sulla bellezza dell’isola, così accecato da queste problematiche. Ora invece amo la Sardegna e mi manca tanto, sono qui da tre anni e ho avuto tutto il modo di riflettere, di pensare a tutto quanto. Mi manca molto la mia famiglia, i miei genitori sono fantastici, importanti, sanno tutto di me e mi supportano sempre. Della Sardegna mi mancano anche gli affetti – ci tengo a dire che ho due grandissimi amici – il cibo e la natura».
Anche ciò che prima Francesco non ama della Sardegna ora gli sembra un pregio, un punto in favore di questa nostra isola che ci rende tutti un po’ figli suoi. Nell’odio e nell’amore. «Non so cosa accadrà in futuro, se tornerò. La Sardegna è unica, in tutti i sensi. Mi mancano anche l’estate e il sole, qui in Canada ci sono ma non è come da noi. Mi manca anche il senso di calore che ti dà la famiglia, la protezione qualunque cosa accada».
Dopo questa parentesi nostalgica, torna indietro al primo tentativo, fallito, di partenza. Quando, nel 2014, Francesco prova a ottenere il Visto per il Canada, infatti – il Paese dove abita sua cugina Alessia – non riesce. «Applicare il Visto canadese non è certo semplice, io poi non sapevo come si facesse».
Ci sono talmente tante persone che vogliono partire che, quando viene aperta “la pesca” del Visto, si deve essere pronti davanti al computer per poter concludere tutto in men che non si dica. Francesco non conosce questo dettaglio, perde quindi l’occasione di partire. Deluso ma rassegnato a rimandare almeno di un anno la partenza, riesce comunque a trovare un compromesso: supportato dalla famiglia, ottiene il Visto turistico per un mese.
«Ho fatto bene a scegliere l’inverno, perché qui è rigido e nevica sempre. Certo, il fatto di stare in vacanza senza dover lavorare rende comunque la permanenza più semplice, però ho iniziato a conoscere questa terra. Il Natale è stato stupefacente, qui lo festeggiano molto, è molto commerciale. Mi sono comunque subito innamorato dell’ambiente. Stavo a casa di alcuni amici inglesi di mia cugina, mi hanno ospitato per tutta la permanenza».
Però c’è un problema: la lingua. «Avevo fatto qualche corso esterno ma non ti rendi conto di quanto sia inutile una conoscenza così basilare finché non ti trovi fuori. Non riuscivo a capire nulla di quello che mi veniva detto, questo era un grosso ostacolo». Comunque, una volta rientrato in patria, è sempre più certo della sua decisione.
«Nel 2015 ho riprovato e ho ottenuto il Visto. Sapevo già cosa dovevo fare, in più ho avuto l’aiuto di una ragazza che, conoscendo bene l’inglese, mi ha saputo dare una mano con la documentazione. Questa parte è lunga e molto difficile, ci vuole pazienza. I primi di giugno ho ottenuto tutto, non mi sembrava vero».
Il giorno dell’arrivederci arriva presto: il 23 giugno 2015 Francesco sale su un aereo, direzione Canada. Lo aspettano 20 ore di viaggio.
«All’aeroporto, un altro problema: dovevo compilare un foglio con ciò che contenevano le mie valigie. Avevo un vocabolarietto, ma era particolarmente difficoltoso essere preciso. Ho compilato male i fogli e all’arrivo mi hanno fermato e portato in una stanza con le vetrate che mi ricordava molto quelle che si vedono nei film. Mi hanno fatto molte domande, ma io non le capivo nemmeno. Meno male che mia cugina aveva preparato una lettera dove spiegava dettagliatamente la mia situazione. Dopo averla letta, hanno probabilmente capito che ero giovane e spaventato e che non facevo nulla di male. Allora mi hanno lasciato andar via!»
I primi giorni vive a casa della cugina, poi si sposta a casa di una coppia londinese – la stessa che l’ha ospitato qualche tempo prima, durante la vacanza studio –.Lavora per qualche mese in un ristorante italiano, inizia come lavapiatti e viene poi promosso in cucina, nei dolci e nelle insalate. «Il problema era lo chef. Mi stava facendo diventare matto. Mi urlava addosso di continuo, non era una situazione accettabile».
Su una cosa Francesco insiste molto: non conoscere la lingua è davvero un limite. Lascia passare l’estate, si gode il posto – che gli piace tanto – ma non è soddisfatto. Per ora la situazione lavorativa è un inferno, non può assolutamente dirsi felice. Inoltre nessuno lo sponsorizza per la residenza permanente, quindi dopo sei mesi rischia di dover mettere tutto nuovamente in valigia per tornare nel Bel Paese.
«Mi sono licenziato e mi sono proposto come pizzaiolo in una pizzeria che stava aprendo. Anche lì non c’era la possibilità di essere sponsorizzato, quindi ho cercato una scuola che potesse fare al caso mio. Dopo aver scartato quelle troppo costose e prestigiose – sui ventimila dollari annui per gli studenti per giunta stranieri come me – ne ho trovata una accessibile».
Spende 6000 dollari per studiare Marketing ma almeno può continuare a vivere in Canada. La scuola lo aiuta anche con l’inglese. Inizia a fare le prime amicizie, questo mondo lo accoglie sempre più.
«Quando ho lasciato la famiglia inglese dove abitavo, mi sono reso conto della multiculturalità di Vancouver. Infatti, al pari dell’inglese, ho imparato anche lo spagnolo visto che ho conosciuto davvero tanti messicani. È stato un periodo duro, per me, pieno. Lavorare e studiare mi impegnava tutta la giornata. Non ero nemmeno molto ben pagato e Vancouver è molto cara».
Non vuole tornare a casa, però non trova un lavoro che possa permettergli di stare lì in pianta stabile, ha sempre un piede in Italia. Sceglie, a quel punto, un altro corso di studi nella stessa scuola del primo. Business. Cambia frequentemente appartamento, il lavoro non va ancora bene. Francesco ama il Canada, ama Vancouver, ma è più difficile del previsto. Poi, però, il destino decide di sorridergli.
«Il 2017 è stato, in questo senso, un anno di svolta, un anno ricco di novità. Ho trovato lavoro da Cioppino, un ristorante molto famoso a Vancouver. Avevo mandato il Cv senza crederci troppo, il giorno dopo mi hanno chiamato e per un mese ho fatto due lavori e in più la scuola di Business. Stavo impazzendo! Poi però da Cioppino mi hanno assunto e mi sono concentrato in questo nuovo bellissimo lavoro, soprattutto dopo aver finito la scuola. Ho conosciuto tante persone famose – gli attori di Twilight, gli U2, Michael Bublé, Zola – e tante altre, secondo me, ne conoscerò. In più ho ottenuto lo sponsor».
Quindi, finalmente, il sogno che si avvera. Stabilità. «Ho un appartamento e un compagno. I miei genitori sono fieri di me. Quest’estate cercherò di ottenere la Permanent Visa. Dopo tre anni avrei la cittadinanza e il passaporto».
La città è bellissima – racconta Francesco – per nulla pericolosa. «Puoi camminare in piena notte senza problemi. Inoltre è tutto ben collegato. Una cosa bellissima è che ci sono tutte le culture. Trovi moltissimi orientali, di tutte le nazionalità. Sono cresciuto molto anche imparando le varie usanze. La cosa che mi piace di più qui è la natura, i boschi. Quando si è stressati e si vuole trovare un attimo di pace, basta andare in montagna con i pullman e si sta da Dio. Alberi e silenzio. Ci sono anche tanti posti – ahimè – che non ho visitato! Piove e nevica tanto, ma quando c’è una bella giornata sembra il paradiso. Una cosa cui mi sono dovuto abituare è la freddezza delle persone, non sono espansive e calorose. Sono tutti molto impegnati, molto di fretta. Per uscire con un canadese» scherza «devi programmare un mese prima!»
Per ora – ammette, suo malgrado – l’arte l’ha dovuta accantonare. «Però so che la riprenderò!»
Tornerà, dice, forse quest’estate, dopo tre anni di assenza. Chiude con un consiglio ai giovani. «A chi vuole partire dico di essere pronto a tutto, di rischiare tutto. Ti devi abituare, gli direi, qui non c’è la pappa pronta. La vita è diversa, ci si deve adeguare! Però ti aiuta a crescere, ti dà tanto. Per i giovani: non arrendetevi, bisogna sempre perseguire i propri sogni! Mai arrendersi! Qualcuno che aiuta si trova sempre… rincorrete i vostri sogni! Se avete bisogno di consigli, mi trovate su Instagram come francescovirdis_».
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