Buone nuove per gli studenti sardi, arriva il bonus di 400 euro

La lingua è la difficoltà più grossa per chi decide di guardare il cielo da un diverso lembo di terra. «Avevo già una conoscenza base del francese che mi permetteva di cavarmela un po’ in tutte le situazioni, ma questo non basta. Ci vuole tempo, tanto tempo per riuscire ad avere la padronanza di una lingua, e i parigini sono particolarmente esigenti.»
Questo la fa stare male, ovviamente. Vacilla, si sente insicura. Ma non molla. «Il non poter esprimermi davvero come avrei voluto, mai a pieno, mi ha riportata ad uno stato di insicurezza in cui non mi sentivo da tempo» rivela. Ma adesso va meglio, molto meglio: «Posso dire ora, dopo un anno e mezzo, di sentirmi sufficientemente a mio agio quando parlo il francese. Ho tanto entusiasmo e voglia di perfezionare sempre di più la conoscenza della lingua e, perché no, anche impararne delle altre». Inoltre, anche trovare un alloggio non è una passeggiata. «Trovare un appartamento a Parigi è difficilissimo. C’è poco da fare gli schizzinosi!» scherza, poi continua: «C’è un sistema secondo il quale ogni papabile inquilino deve consegnare un dossier in cui dimostri, possibilmente, di avere uno stipendio di tre volte superiore al costo dell’affitto, un indeterminato, dei garanti che si rendono disponibili a coprire la spesa di affitto nel caso in cui tu non la pagassi e così via.»
Anche questo ostacolo viene superato presto da parte della ventisettenne di Tertenia. «Io posso definirmi fortunata. Sono partita col mio ragazzo, abbiamo già cambiato tre appartamenti senza mai avere particolari problemi. Ora viviamo in un quartiere che amiamo, Il Marais, molto giovane, colorato e con tutte le comodità ad un passo da casa.»
Da un punto di vista culturale ed educativo, noi italiani siamo molto diversi dai francesi – dice Lorenza –, persino più di quanto non pensiamo. «Ma io sono una persona curiosa, le diversità non mi preoccupano, anzi, mi stimolano. Parigi è una metropoli, per cui si vedono senz’altro comportamenti diversi da ciò a cui siamo abituati, ma questo non è un limite, anzi, c’è tanta libertà di espressione e confronto fra culture differenti.»
Fino ad ora si è occupata di bambini, tuttavia le manca lavorare con gli adulti. Si sta muovendo in questo senso, ci spiega, e spera di raccogliere presto i frutti che sta seminando. La Sardegna le manca. Come dimenticare la propria terra, la stessa nella quale si sono spalancati per la prima volta gli occhi? «Mi manca il mare sopra ogni cosa, poter vedere le stelle in cielo la notte, ovviamente gli affetti che ho lì e le signore anziane che mi chiedono: “Figlia de chini sesi?”. Quando torno, cerco di passare più tempo che posso con la mia famiglia e con i miei amici, oltre che a godermi tutti i piatti tipici ogliastrini che commissiono con un bel po’ di anticipo!» ride.
Gli italiani all’estero, però, la meravigliano non poco. «Mi aspettavo molta più unione, e invece spesso e volentieri ci si scanna a vicenda, si passa tanto tempo a screditare l’Italia e gli italiani in maniera poco costruttiva, si dimentica il bello che l’Italia ha. Fortunatamente esiste anche chi si dà manforte, ma penso davvero che tutto questo sia un peccato». Conclude: «È normale provare paura, un viaggio è un’esperienza, a prescindere dalle aspettative. Nulla può arricchirci di più. Chiudete gli occhi e buttatevi. Se poi cambiate idea, Mamma Sardegna sarà sempre lì ad accogliervi».