Il commissario ad acta arriva in Consorzio industriale: deve trovare 700mila euro
Il presidente Davide Burchi: “Sto facendo il possibile per salvare l’ente, ma senza l’aiuto della Regione rischiamo il fallimento”. L’ombra del commissario ad acta è sempre più vicina. L’ultimatum imposto dal Tar al Consorzio industriale di Tortolì per saldare

Davide Burchi
Il presidente Davide Burchi: “Sto facendo il possibile per salvare l’ente, ma senza l’aiuto della Regione rischiamo il fallimento”.
L’ombra del commissario ad acta è sempre più vicina. L’ultimatum imposto dal Tar al Consorzio industriale di Tortolì per saldare il debito è scaduto. L’ente consortile aveva 60 giorni di tempo per recuperare e 700mila euro di un esproprio mai pagato . Pena, sulla base di una sentenza del 14 aprile scorso, la confisca dei beni. Ad arrivare nella sede di Baccasara, con l’obbiettivo arduo di far quadrare i costi, sarà Sergio Cocciu.
Ma qual è attualmente la situazione del Consorzio? Il presidente Davide Burchi (consigliere provinciale Pd) in carica da qualche mese dopo la gestione commissariale dell’ex sindaco di Tortolì, l’avvocato Mauro Pilia, al pari dei suoi predecessori non è riuscito a recuperare la somma. Una delle soluzioni prospettate per raggiungere in poco tempo la liquidità era quella di vendere i capannoni della zona industriale. Sono cinque quelli di proprietà dell’ente consortile, del valore di circa 450mila euro (600euro al metro quadro). Ma ad oggi nessuna operazione di vendita è andata in porto. Per gli imprenditori di Tortolì la cifra è troppo alta e le strutture sono rimaste invendute e vuote.
Per l’ente la luce di uscita dal tunnel appare molto lontana mentre il debito nel quale sprofonda ormai da tempo diventa sempre più imponente. Sì, perché i 700mila euro degli espropri sono solo la punta dell’iceberg: l’ammontare totale dei debiti raggiunge 12 milioni di euro, accumulati negli ultimi cinque anni.
“Credo che potremmo superare questo momento di difficoltà riuscendo a vendere i capannoni o i terreni di nostra proprietà, ma in ogni caso non risolveremmo il problema – afferma Burchi – E’ necessario rilanciare il consorzio industriale con delle politiche adeguate, ma senza l’aiuto della Regione risulta impossibile. Io ho tutta la volontà per farlo, ma non ho la forza necessaria per chiudere questa difficile partita, ovvero la sopravvivenza dell’ente”.
Quali sono quindi le soluzioni che si prospettano per salvare l’ente? “Innanzitutto – spiega ancora l’amministratore – Abbanoa deve pagare i debiti che ha nei nostri confronti. Si tratta di 4 milioni di euro di crediti che il consorzio vanta, derivanti dalla depurazione dell’acqua. Nelle bollette che gli utenti pagano c’è anche la depurazione che non è a carico del gestore idrico ma del consorzio industriale che invece non ne ricava nemmeno un euro”.
Insomma la gestione dell’impianto di depurazione potrebbe essere una fonte di finanziamento importante invece continua ad essere un costo che continua ad affossare l’ente. E intanto il gestore unico si intasca 0,35 centesimi per ogni metrocubo di scarichi che arriva al depuratore.
Oltre il danno, la beffa. Una legge regionale (la 10 del 2008) obbliga Abbanoa a prendere in gestione il depuratore, che invece continua a fare orecchie da mercante.
“Il Consorzio ha fatto causa ad Abbanoa – conclude Burchi – ma quando la sentenza arriverà nel 2014 sarà troppo tardi. Noi non abbiamo tempo di aspettare, non arriveremo mai vivi a quella data. La giunta regionale non è in grado di assumere una posizione di leadership nei confronti di Abbanoa né riguardo la questione aeroporto.” Se la Regione lo acquistasse al costo di sei milioni e mezzo di euro (come ha promesso ormai da anni), per il Consorzio sarebbe una boccata di ossigeno che gli permetterebbe di sopravvivere.

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