“Le lesbiche si raccontano”, dal 26 al 29 marzo a Cagliari.

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In lei convivono la ricercatrice d’archivio, la narratrice appassionata e la custode delle memorie di un popolo. Simonetta Delussu, scrittrice di Tertenia, racconta la Sardegna con una voce che intreccia il reale e il magico, la storia e la leggenda, la vita e l’aldilà. “La scrittura per me è tutte queste cose e tanto di più — confessa — è un modo per raccontare storie dimenticate, che vado a cercare negli archivi e nelle memorie degli anziani. Storie che servono a capire la realtà delle cose, i cambiamenti del territorio e della mentalità.”
Ogni suo libro nasce da questa necessità di dare voce al passato e, al tempo stesso, di interpretare il presente. “Forse — aggiunge — la scrittura serve anche a trasformare la visione degli accadimenti, cercando una spiegazione agli eventi, anche a quelli più tragici che però fanno parte di un bagaglio collettivo che ci unisce come uomini prima e come sardi poi.”
L’Ogliastra, la sua terra, è la fonte viva di tutto. “Ogni cosa, paesaggio, pensiero, sentimento parla dell’Ogliastra. Le stagioni, i tramonti, la passione, l’appartenenza. Le mie storie nascono qui, da persone reali e vere che un tempo hanno pianto, respirato e calpestato la stessa terra dove oggi camminiamo anche noi.” Da questa radice nascono personaggi come zia Irene di Delitto d’onore o Maria Pitzetu di Maissa e il Dei d’Algeri, figure femminili forti e indimenticabili. “Zia Irene è nata nel Novecento e io sono diventata zia Irene — racconta — ho parlato come poteva parlare lei, registrando gli anziani testimoni, prendendo il loro modo di ragionare. Ho pensato come una ragazza del 1900, immersa nelle leggi sull’onore. Alla fine, sono diventata lei.”
Delussu scrive di donne reali, vissute davvero, che affrontano la vita con coraggio e consapevolezza. “Tutti i miei personaggi principali sono persone realmente esistite. Io cucio sopra il loro carattere, le qualità o i difetti, attingendo dalle figure che hanno influenzato la mia infanzia. Maria Pitzetu, per esempio, era una donna rapita dai mori nel 1812, molto bella, schiava poi liberata. Da lì ho costruito tutto il resto.”
C’è un filo conduttore che lega i suoi romanzi, e non è soltanto geografico. “Il filo conduttore è la Sardegna e il nostro modo d’essere. Il nostro rapporto con la famiglia, la natura, l’aldilà, gli spiriti dei nostri antenati, i sogni e le visioni. Tutti temi che tornano sempre nei miei libri.”
La memoria collettiva e la tradizione sono l’anima stessa della sua scrittura. “Sono alla base di tutto. Tutti noi veniamo condizionati da dove nasciamo e viviamo, dalla famiglia e dagli avvenimenti che ci accadono. Tutto questo costruisce la nostra crescita interiore.”
Quando le si chiede come nasca un suo romanzo, risponde senza esitazione: “Quasi sempre da storie che mi sentivo raccontare da bambina. Prima mi colpisce la storia, poi come i personaggi reagiscono. Se un personaggio resta fermo a piangersi addosso, la storia non esiste. I personaggi noiosi che accettano passivamente la vita non mi piacciono: sono già morti. Io scrivo di chi lotta, soffre e vince le avversità della vita.”
Un tema ricorrente nelle sue opere è quello dell’invisibile, degli spiriti, della dimensione oltre la vita. “La dimensione invisibile, per me, è più reale della vita reale. Scrivendo il saggio Stregoneria in Sardegna, ho capito che questa dimensione appartiene all’uomo, anche se oggi si fa di tutto per nasconderla. È una parte profonda della nostra natura.”
Non mancano riflessioni lucide e amare sul panorama editoriale italiano. “Si è ristretto sempre di più — osserva — e per chi vive lontano dai grandi centri culturali è difficile fare cultura di valore. Altrove, in Germania o in Francia, ci sono librerie-ristorante, piccole bacheche per strada dove puoi lasciare o prendere libri. Da noi manca ancora questa attenzione diffusa alla cultura.”
Il rapporto con i lettori, però, resta una costante vitale. “È molto importante per me. Mi contattano su Instagram o sul mio blog storiedisardegna.blogspot.com. Mi chiedono copie autografate, mi raccontano le loro vite. Finché posso, rispondo a tutti. Alla fine scrivo anche per essere letta, quindi è ovvio che il testo deve piacere ai lettori.”
E i progetti futuri non mancano. “A breve uscirà il nuovo saggio Sardegna magica e misteriosa, seguito di Stregoneria in Sardegna, parte di una trilogia. Ci saranno documenti inediti e un’analisi antropologica sulla cosmogonia. Uscirà anche una nuova edizione di Delitto d’onore e sto lavorando a un progetto sull’Inquisizione in Sardegna che mi porterà fino agli archivi di Madrid. Poi, per la primavera, spero di tornare con un romanzo ambientato nel 1930 tra Berlino e Napoli.”
Alla fine, tutto si riassume in una frase semplice e definitiva: “È un sogno che si avvera. Io non posso vivere senza la scrittura e la scrittura non può vivere senza di me.”
Con Simonetta Delussu, la parola scritta non è mai soltanto racconto: è un ponte tra epoche, un atto di resistenza, un respiro condiviso tra vivi e spiriti. Scrivere, per lei, è ricordare — e ricordare è continuare a vivere.
Simonetta Delussu
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