Sicurezza del Rio Foddeddu. La giunta comunale guidata da Domenico Lerede approva il progetto preliminare. Dopo il passaggio in giunta si darà avvio al bando.

“Liberiamo Tortolì dal rischio idrogeologico elevato mettendo in sicurezza il suo fiume”. Lo hanno dichiarato il sindaco di Tortolì Domenico Lerede e l’assessore ai Lavori Pubblici Paolo Stochino, all’atto di approvazione della delibera che avvia il progetto preliminare per gli interventi sul Rio Foddeddu.

“Abbiamo concluso – evidenzia Paolo Stochino – un percorso intricato funestato da lungaggini burocratiche, avvicendamento di esperti e vincoli normativi che ha dapprima ritardato il passaggio delle competenze tra Provincia e Comune e di conseguenza posticipato l’ultimazione del progetto e l’avvio dell’appalto. Dal 2006, anno d’inizio dello studio sul Rio Foddeddu per mano della Provincia Ogliastra, solo nel 2009 abbiamo avuto la competenza sul fiume e ieri l’altro abbiamo ottenuto il via libera al preliminare che ci consentirà di eliminare definitivamente il rischio idrogeologico elevato che ha minacciato per tanti anni la cittadina. Tortolì avrà un fiume di cui avere meno paura innanzitutto grazie a una serie di opere che ci metteranno al riparo dai rischi attuali”.

In particolare il progetto prevede l’allargamento della sezione immediatamente a monte dell’ex ponte di ferro, che garantirà un migliore deflusso dell’acqua in regime di piena. Sarà inoltre possibile la realizzazione di un’arginatura sulla sponda destra per tutto il tratto ricompreso tra i due ponti. Sarà realizzata in cemento armato nel tratto più a valle e con tecniche d’ingegneria naturalistica nella parte a monte in cui la sezione del fiume è più ampia. Un nuovo argine proteggerà anche la sponda sinistra con una scarpata rinverdita che si congiungerà con il muro della via delle Lavandaie. A completamento dell’intervento è prevista altresì la pulizia generale del rio per assicurare il deflusso dell’acqua.

“Non si può sottacere sulle difficoltà burocratiche che hanno accompagnato la stesura del progetto.  Per far capire l’entità delle problematiche e rendere conto del tempo trascorso fino alla sua approvazione, ricordo solo – ha proseguito Stochino – che si parla di risorse stanziate dalla Regione da tempi lunghissimi, affidate dapprima al Consorzio di Bonifica dell’Ogliastra, poi alla Provincia e solo da ultimo al Comune.  Il Consorzio rinunciò al finanziamento per le difficoltà logistiche incontrate nella progettazione, la Provincia cedette il passo al Comune dopo la sostanziale bocciatura del progetto in sede di procedura di verifica ambientale.  Agli errori della burocrazia, si sono aggiunte le varianti del PAI, il piano delle fasce fluviali e le modifiche alle normative di settore intervenute in corso di progettazione.  Per tanti anni si è consumato per il Comune di Tortolì un lungo iter concluso con la delibera di Giunta approvata ieri l’altro.

Per lunghissimo tempo i nostri uffici hanno studiato nei minimi particolari il progetto e proposto alternative alla Regione  – ha continuato Stochino  – fino a pervenire alla soluzione ora approvata, condivisa da tutti gli enti sotto il profilo della compatibilità idraulica ed ambientale.   Peraltro, le linee guida della progettazione, approvate da quest’Amministrazione con delibera della Giunta Municipale, sono stato redatte seguendo il lavoro della precedente amministrazione, che già aveva sollevato tutte le perplessità del caso sul progetto della Provincia, chiedendo soluzioni più consone sul piano della compatibilità ambientale;  le stesse che siamo riusciti a concretizzare con l’elaborato attuale.  Il muro di cinta di Via delle Lavandaie aveva già reso possibile una diminuzione del rischio per la zona limitrofa, con il progetto si abbasserà ulteriormente il livello di pericolo esondazione su entrambe le sponde”.

Nel cuore della Marmilla, dove il vento sussurra storie di tempi lontani, si erge una villa che sembra uscita da un romanzo gotico: Casa Santa Cruz. Immensa, quasi smisurata rispetto alle altre abitazioni del paese, occupa un intero isolato — un quarto di ettaro di muri, cortili e ricordi che resistono al tempo.

Chi la osserva dall’alto, come fanno gli esploratori urbani di Sardegna Abbandonata, non può non notare la sua imponenza: una fortezza signorile in mezzo a un mare di case modeste. È la fotografia perfetta del divario sociale che un tempo segnava i confini invisibili del paese.

La villa nacque intorno al 1916, data incisa con orgoglio sulla chiave di volta del portale principale. Per mezzo secolo fu dimora di Don Terenzio Santa Cruz Gessa e di Donna Amalia Paderi Santa Cruz, nomi che già da soli evocano nobiltà e antiche storie. Poi, negli anni Sessanta, la casa si spense: finestre chiuse, stanze vuote, silenzio.

Nel 2013, l’ultimo erede, Evangelino Cau, decise di donarla al Comune, dedicandola “alla memoria di Donna Amalia Paderi Santa Cruz”. Un gesto che sembra voler restituire al paese un frammento della sua memoria.

Eppure, anche tra gli intonaci scrostati e le pareti ferite dal tempo, Casa Santa Cruz non ha perso la sua eleganza. I soffitti affrescati, i fregi nascosti, i dettagli delle cornici raccontano di una ricchezza discreta, di feste e conversazioni ormai inghiottite dal silenzio.

Il cognome Santa Cruz, comparso in Sardegna già nel Quattrocento, è un’eredità spagnola che significa “Santa Croce” — un nome che oggi suona quasi profetico, se pensiamo alla sorte di questa dimora: una croce di pietra e memoria, che continua a vegliare sul paese, sospesa tra gloria e abbandono.