Qual è il formaggio dei pastori sardi per eccellenza?

Non nasce in un caseificio, ma accanto all’ovile. E ha un nome molto particolare: di quale formaggio stiamo parlando?
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È il Fiore Sardo il pecorino dei pastori per antonomasia, scolpito nei secoli con fumo, latte crudo e antichi gesti tramandati di padre in figlio.
Non nasce in un caseificio, ma accanto all’ovile. Lì dove il latte, ancora caldo di mungitura, incontra subito il calore del fuoco e il sapere antico del pastore. Niente pastorizzazioni, niente scorciatoie: solo latte intero di pecora sarda, vivo e profumato di erbe selvatiche. I suoi aromi? Frutto di una fermentazione spontanea, innescata da una flora microbica unica, che resiste solo se rispettata.
La cagliata non viene mai cotta: si rompe, si modella e si affumica lentamente, spesso dentro un pinnettu, la capanna tradizionale dei pastori. È qui che il fumo – quello vero, di legna viva – regala alla crosta quel colore scurissimo, quasi nero, e un sapore che non si dimentica. All’interno, la pasta è compatta, unta al tatto, color giallo paglierino o avorio, a seconda dell’età.
Il Fiore Sardo arriva dall’Età del Bronzo. Fu prodotto per la prima volta dai Nuragici, ben prima che Roma lasciasse la sua impronta sull’isola. Per secoli è stato il re dei formaggi sardi, il più diffuso e amato. Poi arrivarono le industrie, le regole, la pastorizzazione. E il Fiore Sardo divenne una resistenza, un gesto di orgoglio.
Il suo nome? Forse deriva dal fiore stilizzato che i pastori incidevano sugli stampi di legno, assieme alle loro iniziali. Oppure, secondo un’altra ipotesi affascinante, si rifà al fiore del cardo, da cui si otteneva un caglio vegetale, un’alchimia antica come le pietre nuragiche.
Nel 2016, il Consorzio del Fiore Sardo DOP ha ricevuto il riconoscimento ufficiale dallo Stato. Ma non tutto è filato liscio: le tensioni tra i piccoli produttori artigianali e i grandi caseifici non si sono fatte attendere. I primi difendono la tradizione, i secondi la quantità. E tra i due, un formaggio che rischia di perdere la sua anima.
Per fortuna, Slow Food ha acceso un faro: il Presidio Fiore Sardo dei pastori tutela proprio quelle aziende che, nonostante tutto, continuano a produrre come un tempo. Perché il vero Fiore Sardo non si fa solo con latte e fumo, ma con tempo, identità e silenziose rivoluzioni quotidiane.

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