Domenica 1 giugno, circa 120 giovani atleti provenienti da tutta la Sardegna si sono sfidati con entusiasmo nella seconda prova fuoristrada del Campionato Regionale Giovanissimi MTB, appuntamento inserito nel ricco programma della manifestazione Arbatax Borgo Marinaro.

L’evento, organizzato con grande cura dall’ASD Ogliastra Cycling, ha visto la partecipazione di squadre da ogni angolo dell’isola: Olbia, Tempio, Sarroch, Guspini, Villacidro, Samatzai, Nurri, Tertenia – solo per citarne alcune. La riuscita della giornata è stata resa possibile grazie all’efficace collaborazione tra gli organizzatori, i volontari, i giudici della FCI (Federazione Ciclistica Italiana) e i cronometristi della FICr, che hanno assicurato il regolare svolgimento delle gare in un clima improntato alla correttezza sportiva e al rispetto reciproco.

Il circuito, allestito nel cuore del Parco La Sughereta, si snodava su un percorso pianeggiante di circa 870 metri, pensato appositamente per offrire massima sicurezza e divertimento, con sezioni dedicate alle prove di abilità e al percorso XCO.

A rendere ancora più speciale la cerimonia di premiazione sono stati gli interventi dell’assessora Rita Cocco e della presidente del Consiglio comunale Mara Mascia, che hanno rappresentato l’Amministrazione Comunale di Tortolì, sostenitrice entusiasta dell’iniziativa e della promozione dello sport tra i più giovani.

Una giornata di sport, impegno e passione che ha saputo unire atleti, famiglie e appassionati in un contesto naturale e accogliente, confermando ancora una volta la vitalità del movimento ciclistico giovanile in Sardegna.

In Sardegna i fichi d’India spontanei si stendono su quasi 300 ettari di terreno, un vero mare verde di piante resilienti che crescono senza bisogno di cure particolari. Eppure, sorprendentemente, gli ettari coltivati sono pochissimi, quasi inesistenti, nonostante il loro enorme valore gastronomico e culturale.

Questi frutti dolci e succosi potrebbero diventare una risorsa agricola di primo piano per l’Isola, eppure restano in gran parte trascurati. La differenza con la Sicilia è lampante: lì la coltivazione di fichi d’India è una vera eccellenza, organizzata su larga scala e con un notevole impatto economico. In Sardegna, invece, la pianta cresce selvaggia, libera, e il suo potenziale rimane largamente inespresso. Eppure, i fichi d’India sono profondamente radicati nella tradizione sarda: qui li chiamano “figu morisca”. Ma perché proprio così?

Raccogliere un fico d’India non è un’impresa da poco: serve fare attenzione alle spine, usando guanti robusti o un’apposita canna. Solo i raccoglitori esperti sanno come evitare i piccoli aghi che punzecchiano sia la pianta che il frutto.

Originario del Messico, il fico d’India è una pianta legnosa perenne arrivata in Europa dopo la scoperta dell’America, forse grazie agli Arabi—ed è da qui che nasce il curioso nome “figu morisca”, collegato anche all’antico equivoco di Colombo, convinto di aver raggiunto le Indie. In Sardegna, questa pianta ha trovato un clima ideale e si è trasformata in uno dei simboli della vegetazione spontanea, a differenza di altre zone del Mediterraneo dove è più coltivata.

Nonostante le sue origini lontane, l’Opuntia ficus-indica è ormai di casa sull’isola da secoli, diffondendosi spontaneamente e, spesso, diventando un naturale “recinto spinato” per delimitare i terreni senza dover spendere in recinzioni