La prima comparsa del genere Homo in Sardegna è ancora dibattuta, alcuni manufatti in selce ritrovati nella Sardegna settentrionale sembrano indicare la presenza di popolazioni umane già nel Pleistocene Inferiore (oltre 300.000 anni fa). L’attribuzione cronologica dei siti non è tuttavia al momento chiara e purtroppo non si conoscono resti fossili umani associati. Ci spiega bene come stanno le cose il paleontologo Daniel Zoboli.

Elaborazione grafica del paleontologo Daniel Zoboli

Uno dei siti più studiati e di maggiore interesse per quel che riguarda il popolamento umano della Sardegna è sicuramente la Grotta Corbeddu di Oliena. Questa cavità si articolata in quattro sale e secondo gli studi condotti fu frequentata dall’uomo sin dalla fine del Pleistocene (ultimo glaciale). Gli scavi hanno evidenziato un complesso litico all’interno della prima sala che è stato datato radiometricamente al tardo Pleistocene, attorno a 14-12.000 anni fa. All’interno della seconda sala, in un livello a circa 3,5 m di profondità e datato a circa 20.000 anni fa, è stata ritrovata la porzione prossimale di una prima falange umana che ad oggi rappresenta il più antico resto umano fossile della Sardegna.

Nel sito sono venute alla luce anche una grande quantità di ossa di Praemegaceros cazioti che secondo alcuni autori sono state interpretate come prodotto della caccia dell’uomo paleolitico, altri autori hanno invece rigettato questa interpretazione ritenendo non antropico l’accumulo delle ossa di megacero.

Riferimenti
Sondaar P.Y., Elburg R., Klein Hofmeijer G., Martini F., Sanges M., Spaan A. & de Visser H. (1995). The human colonization of Sardinia: a Late-Pleistocene human fossil from Corbeddu cave. Comptes Rendus de l’Académie des Sciences Paris, 320 (2): 145-150.
Sondaar P.Y., Elburg R., Klein Hofmeijer G., Spaan A., De Visser H., Sanges M. & Martini F. (1993). Il popolamento della Sardegna nel tardo Pleistocene: nuova acquisizione di un resto fossile umano dalla grotta Corbeddu. Rivista di Scienze Preistoriche, 45: 243-252.
Sondaar P.Y., Martini F., Ulzega A. & Klein Hofmeijer G. (1991). L’homme Pléistocène en Sardaigne. L’Anthropologie, 1: 181-200.

Punta La Marmora con i suoi 1.834 metri è la vetta più elevata della Sardegna: il paleontologo Daniel Zoboli ci spiega il perchè, proprio lassù, non ci siano fossili.

Foto del paleontologo Daniel Zoboli

“A Punta La Marmora (Perdas Carpìas) affiorano infatti rocce che hanno subito un certo grado di metamorfismo che ha “cancellato” l’eventuale presenza di fossili cambro-ordoviciani. Si tratta di metamorfiti di basso grado note ai geologi come “Formazione delle Filladi Grigie del Gennargentu” e il cui corrispettivo meno metamorfosato sono le “Arenarie di San Vito” (Cambriano medio?-Ordoviciano Inferiore) affioranti in altre aree dell’isola”.

“Nelle immagini alcuni campioni dove sono ben visibili le “pieghe” (deformazione duttile) che le rocce hanno subito durante l’Orogenesi Varisica”.