Il progetto Chernobyl e l’aiuto alle famiglie. Tedone: «Migliaia i bambini salvati»

È il 1994 quando il tortoliese Paolo Tedone, storico fondatore con altri dieci soci della Croce Verde di Tortolì e da sempre attivo nel volontariato in tutte le sue forme, fa arrivare a Tortolì cento bambini in seno al progetto Chernobyl, che prende a cuore. Da allora, tante altre iniziative di aiuto
“Il peggior disastro con cui il genere umano si sia mai dovuto confrontare, legato all’incapacità di scienziati e ingegneri di prevedere come problemi apparentemente piccoli possano tramutarsi in disastri di scala quasi inimmaginabile” (Michail Gorbačëv)
È il 1994 quando il tortoliese Paolo Tedone, storico fondatore con altri dieci soci della Croce Verde di Tortolì e da sempre attivo nel volontariato in tutte le sue forme, fa arrivare a Tortolì cento bambini in seno al progetto Chernobyl, che prende a cuore. «Essendo l’Associazione iscritta all’Anpas, fui candidato nel 1993 al Consiglio Nazionale che si tenne a Baveno» racconta Tedone. «In quel Congresso di ben 800 votanti, fui eletto al settimo posto dopo i big nazionali e dopo tre anni ci fu il bis al Congresso di Modena. All’interno del Consiglio esistevano delle commissioni tra cui quella della solidarietà Internazionale di cui feci parte.»
Ed ecco nascere nell’uomo il bisogno di portare avanti questa rete di aiuti e sostegno in una zona devastata da un incidente conosciuto come uno dei peggiori nella storia dell’umanità. Sì, perché dal disastro, avvenuto il 26 aprile del 1986, non solo ci furono decine di migliaia di morti ingiuste, ma anche malattie inspiegabili – negli anni successivi – e altre devastazioni. Ma torniamo al progetto. Questi cento bambini sono i primi a giungere in Sardegna ma ben presto ne arrivano altri 12mila in tutta la Regione proprio grazie a Tedone, che ha una missione: dare una mano il più possibile. Ma non solo
«Dal novembre del 1996 iniziai con i convogli umanitari attivi ancora oggi per portare aiuti sul posto. Con alcuni Direttori e Direttrici degli Internati andavo nelle famiglie e nei villaggi dove il bisogno era tantissimo. In uno dei villaggi conobbi la famiglia di Mikail e di Yuri che avevano problemi di salute. Presi contatti con una coppia di amici di Roma e grazie a loro riuscii a portare i due al Bambin Gesù di Palidoro dove vennero curati con grande gioia da parte dei genitori. Al momento, ho una bimba di 7 anni con paralisi cerebrale dovuta al parto: rimase un mese in coma. Nel bel mezzo di questi anni feci arrivare anche bambini bosniaci a Villagrande e Urzulei. Nel 2017 mi trovavo a Kiev e tramite una famiglia, alla quale ero legato per aver ospitato il figlio agli inizi della guerra, conobbi una signora con una bimba di 5 anni che rischiava di perdere i reni. Dagli ospedali ucraini i medici fuggivano nelle nazioni vicine e, non avendo la possibilità economica, la famiglia era disperata. Subì un intervento a Roma, all’Ospedale Umberto I, e ora è oramai una signorina.»
Una storia di volontariato, quella di Tedone, lunga quasi cinquant’anni e non certo destinata a finire qui: quando si ha come filosofia di vita il bene dei meno fortunati si continua sempre ad allungare una mano verso chi ha bisogno. Ed è questa la magia.

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