Accadde oggi: 26 gennaio 1953, in Sardegna precipita un aereo diretto a Roma. Muoiono 19 persone
La tragedia che il laconico messaggio annunciava – cui non seguì alcuna ulteriore spiegazione – ebbe riscontro alle 11.47, quando giunse l’ufficialità di quanto accaduto: il velivolo si era schiantato in una zona montuosa di Sinnai, incendiandosi in breve tempo e provocando la morte delle 19 persone a bordo, di cui 15 passeggeri.
Erano circa le 11.44 quando Giacomo Solaini, comandante di un bimotore della compagnia aerea LAI, comunicava alla torre di controllo l’inversione di rotta e il ritorno all’aeroporto di Cagliari, dal quale era partito soltanto pochi minuti prima. La tragedia che il laconico messaggio annunciava – cui non seguì alcuna ulteriore spiegazione – ebbe riscontro alle 11.47, quando giunse l’ufficialità di quanto accaduto: il velivolo si era schiantato in una zona montuosa di Sinnai, incendiandosi in breve tempo e provocando la morte delle 19 persone a bordo, di cui 15 passeggeri.
A detta dei soccorritori, poi, la forza dell’impatto fu tale che risultò impossibile identificare e ricomporre alcuni dei corpi, e sull’esatta dinamica dell’incidente fu possibile basarsi soltanto sulle testimonianze di alcuni pastori della zona. Secondo quanto riportato su La Stampa il giorno successivo, alcuni di questi avrebbero visto il velivolo tentare un atterraggio di fortuna in una vicina zona pianeggiante, ma il terreno melmoso avrebbe frenato il carrello, causandone la rottura e l’impatto dell’aereo col terreno. Un altissimo rogo divampato in pochi secondi avrebbe quindi impedito agli uomini di soccorrere i passeggeri, costringendoli ad allontanarsi e chiamare i soccorsi.
Il volo era uno dei tre collegamenti quotidiani fra la capitale e l’isola, e si trattava del penultimo previsto, in quanto si era deciso di sopprimere la tratta di metà mattina a causa dei pochi passeggeri che ne usufruivano. Per una fortunata casualità non si trovavano a bordo i giocatori del Fanfulla, di ritorno da una partita giocata contro il Cagliari, la cui società optò all’ultimo per il primo volo del giorno.
Accadde oggi: 25 gennaio 2016, scompare in Egitto Giulio Regeni, il giovane ricercatore italiano
Il suo corpo orribilmente martoriato fu ritrovato il 3 febbraio, l'autopsia rivelò le atroci torture subite, ma ancora non si conoscono i responsabili. La sua famiglia e l'Italia intera aspettano ancora la verità dopo 6 anni.
Giulio era nato a Trieste il 15 gennaio 1988. Ancora minorenne si trasferì per studiare all’Armand Hammer United World College of the American West negli Stati Uniti,e poi nel Regno Unito. Studente davvero promettente, vinse due volte il premio “Europa e giovani”, al concorso internazionale organizzato dall’Istituto regionale studi europei, per le sue ricerche ed approfondimenti sul Medio Oriente.
Nel gennaio del 2016 si trovava in Egitto per svolgere una ricerca sui sindacati indipendenti egiziani all’Università Americana del Cairo. Il 25 gennaio il giovane inviò alle 19:41 un messaggio alla fidanzata in Ucraina, per dirle che stava uscendo. Poco dopo, un’amica di Regeni, denunciò sul proprio profilo Facebook la scomparsa del ricercatore: qualche ora prima, avrebbe dovuto incontrare delle persone in piazza Tahrir per festeggiare il compleanno di un amico, ma Giulio a quell’appuntamento non si era presentato.
Il corpo nudo e atrocemente mutilato di Giulio Regeni fu trovato il 3 febbraio 2016 in un fosso lungo la strada del deserto Cairo-Alessandria, alla periferia del Cairo. Il cadavere del ricercatore i segni inequivocabili di tortura: contusioni e abrasioni in tutto il corpo, lividi estesi compatibili con lesioni da calci, pugni ed aggressione con un bastone. Aveva fratture ossee su tutto il corpo, sette costole rotte, tutte le dita di mani e piedi, così come entrambe le gambe, le braccia e scapole, oltre a cinque denti rotti. Coltellate multiple sul corpo, comprese le piante dei piedi, e tagli inferti con uno strumento tagliente simile ad un rasoio. Bruciature di sigarette l’esame autoptico rivelava una emorragia cerebrale e una vertebra cervicale fratturata a seguito di un violento colpo al collo che sarebbe la causa della morte.
Si ipotizzò fin da subito che l’omicidio di Giulio fosse legato ai rapporti che il giovane si supponeva avesse con il movimento sindacale che si opponeva al governo del generale al-Sīsī, legami che tuttavia non sono mai stati provati.
Dopo 6 anni e difficili rapporti col governo Egiziano che non ha mai collaborato effettivamente con l’Italia, per trovare i colpevoli, i genitori di Giulio che portano avanti la battaglia per la verità, continuano a chiedere giustizia. Ci sono cinque ufficiali della National Security egiziana iscritti nel registro degli indagati, ma l’Egitto non ha ancora avviato il processo, nonostante anche il Parlamento europeo abbia approvato una risoluzione molto importante in merito. Anche quest’anno le luci gialle, colore simbolo di questa battaglia per la verità, si accenderanno simbolicamente in tutta Italia alle 19.41, ora in cui Giulio inviò l’ultimo Sms prima di scomparire.
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