Accadde Oggi. 7 ottobre 2002, ci lasciava Pierangelo Bertoli: addio alla voce italiana di “Spunta la luna dal monte” dei Tazenda
Era il 7 ottobre 2002 e un tumore ai polmoni si portava via un pezzo di storia della musica italiana. L'Italia e la Sardegna, e tutti coloro che amavano il cantautorato italiano, piangevano la scomparsa di Pierangelo Bertoli.
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Era il 7 ottobre 2002 e un tumore ai polmoni si portava via un pezzo di storia della musica italiana. L’Italia e la Sardegna, e tutti coloro che amavano il cantautorato italiano, piangevano la scomparsa di Pierangelo Bertoli.
Era nato a Sassuolo nel 1942, un “cantastorie”, come definito da qualcuno, che con le note raccontava e criticava società, politica e mondo.
Dalla sua sedia a rotelle, costrettovi da una poliomielite che lo colpì da bambino, la sua voce si levava a pungere, a criticare, ad aggredire laddove ci fosse necessità.
Bertoli amava il suo dialetto, massima espressione identitaria della sua terra, e negli anni Settanta un album di brani tutti sassolesi ne è stata la dimostrazione.
Nel 1979 “A muso duro” è stata la voce sociale di un’artista, con trascorsi nel partito Comunista, sempre attentissimo alle dinamiche della società italiana e ai suoi difetti.
Il 1980 invece è stato l’anno di “Certi momenti”, album in cui il brano omonimo ha affrontato il delicato tema dell’aborto. Cosi come quello del tradimento coniugale, con “Pescatore”, interpretato con una giovanissima Fiorella Mannoia.
Le barriere architettoniche e ogni forma di impedimento alla quotidianità di chi, come lui, era condannato su una sedia a rotelle, erano sempre obiettivo contro cui lottare.
La Sardegna ricorda Bertoli per quella sua magistrale interpretazione, al Festival di Sanremo 1991, di “Spunta la luna dal monte” insieme ai Tazenda di Andrea Parodi. Del brano, intitolato originariamente Disamparados, Bertoli ha curato la parte in italiano, con un successo senza tempo.
Il suo impegno di cantante e critico della società è continuato sino alla fine. Quando, sofferente di tumore ai polmoni, morì a in una clinica di Modena il 7 ottobre 2002.
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Sa Casada: il “budino dei pastori” della Sardegna che nasce dal latte dei primi giorni

La Casada è un prodotto che non si trova nei negozi: viene preparata in casa, in corrispondenza della nascita degli agnellini, ed è un piatto tipico delle festività.
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Tra le eccellenze gastronomiche più antiche e autentiche della Sardegna c’è sa Casada (o Colostra), conosciuta anche come il “budino dei pastori”, un prodotto tradizionale preparato esclusivamente con il colostro, il latte delle pecore dei primi giorni di lattazione. La sua origine si perde nella notte dei tempi, da quando i pastori iniziarono ad allevare pecore e a caseificare il loro latte.

Foto di Tore Orrù
La particolarità di questo prodotto è strettamente legata al tipo di latte utilizzato: il colostro coagula in cottura, mentre il latte delle mungiture successive no, rendendo impossibile la produzione della Casada. Per questo motivo i pastori lo separano dal latte destinato al formaggio, evitando di alterarne il sapore.
La Casada è un prodotto domestico e stagionale, che non si trova nei negozi: viene preparata in casa, in quantità limitate, soprattutto tra novembre e aprile, in corrispondenza della nascita degli agnelli sardi, con picchi durante le festività di Natale e Pasqua.
Esistono due varianti principali: “sa casada”, cotta direttamente sul fornello con zucchero e scorza di limone, e “sa colostra”, cotta a bagnomaria con zucchero e cacao. Un elemento fondamentale nella preparazione è il tempo di cottura, che deve permettere al budino di essere abbastanza compatto da reggere il cucchiaino, senza però asciugarsi eccessivamente. La rapidità della coagulazione varia in base al momento della mungitura: più vicino al parto, più veloce sarà la cottura.
Nel 2025, la denominazione ufficiale inserita nell’elenco dei prodotti tradizionali PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali) è stata aggiornata da Casada a Casada – Colostra, riconoscendo così l’importanza del colostro nella preparazione di questo autentico simbolo della cultura pastorale sarda.
Si ringrazia per lo scatto Tore Orrù.
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