Il Pd Federazione Ogliastra promuove Raccolta Fondi per le associazioni del territorio ogliastrino
Sostenere le Associazioni del territorio ogliastrino, impegnate nel delicato ed essenziale compito di fronteggiare le emergenze sociali, economiche e sanitarie, che stanno mettendo a dura prova le strutture e le persone attivamente coinvolte e le famiglie.
Il Pd Federazione Ogliastra sta promuovendo una Raccolta Fondi a sostegno delle Associazioni del territorio ogliastrino, impegnate nel delicato ed essenziale compito di fronteggiare le emergenze sociali, economiche e sanitarie, che stanno mettendo a dura prova le strutture e le persone attivamente coinvolte e le famiglie.
I beni scarseggiano, in particolare i dispositivi di protezione individuale ma anche altri beni di prima necessità che possiamo aiutare a reperire ed acquistare nel mercato locale.
Il Partito Democratico Ogliastra in risposta a tali esigenze e difficoltà ritiene importante dare un contributo concreto di sostegno alle Associazioni solidali e socio-sanitarie del territorio dell’Ogliastra, istituendo un conto corrente dedicato per:
Raccolta Fondi
EMERGENZA COVID 19
Dal 14 aprile al 03 maggio 2020
Aperta a tutti
Per l ‘Acquisto di DPI e Beni Primari
Come Contribuire:
Bonifico bancario
Dati C/C: Partito Democratico della Provincia Ogliastra (intestazione)
Banco di Sardegna Filale di Tortolì
Iban IT 85B 01015 8539 00000 70729614
Causale: “ Acquisto DPI e Beni primari per le
Associazioni territoriali solidali e socio-sanitarie Ogliastra”
Grazie per il Sostegno agli Iscritti del Pd, Simpatizzanti e Cittadini
“Insieme ce la faremo”
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Il mondo della musica e dello spettacolo e il Coronavirus: la riflessione di Paolo Fresu
«La nostra - sottolinea Fresu - è la prima industria a essersi fermata e sarà l’ultima a ripartire lasciando sul campo di battaglia molti cadaveri, e rischiando di annientare una categoria che consta di mezzo milione di lavoratori per i quali ad ora sono state individuate pochissime e insufficienti linee di aiuto governative. Eppure la cultura è nelle nostre vite più di prima. E’ attraverso la musica che troviamo un sorriso e una emozione per affrontare le lunghe giornate reclusi nelle nostre case».
Il mondo della musica e dello spettacolo sono in ginocchio a causa dell’emergenza Coronavirus e delle necessarie misure restrittive che hanno imposto lo stop alle principali industrie culturali del mondo.
Quella del musicista sardo Paolo Fresu è una riflessione a tutto tondo che prende spunto dagli insulti ricevuti da Tiziano Ferro dopo le sue dichiarazioni nella trasmissione “Che Tempo che Fa” andata in onda domenica sera su Rai 2. Il cantante di Latina, rispondendo alle domande di Fabio Fazio, ha rivendicato maggiori certezze sul settore, non tanto per lui, quanto per le migliaia di lavoratori coinvolti.
«Ieri sera Tiziano Ferro è stato ospite da Fabio Fazio a Che tempo che fa – illustra Fresu in un lungo post su Facebook -. Oltre a regalare una sua canzone ha parlato della precaria condizione del mondo dei lavoratori dello spettacolo ed è stato riempito di insulti sulla rete. Ferro non ha certo bisogno di aiuti, ma si è fatto carico delle istanze di una categoria che oggi è alla canna del gas e che non sa se e quando potrà ripartire. Quella degli haters non è una cosa nuova, ma dispiace vedere un Paese dilaniato dall’odio e dall’ignoranza, oltre che dal Covid-19.
«Posto che si stia attraversando un momento difficilissimo laddove tutte le categorie dei lavoratori sono in grande difficoltà – continua il trombettista gallurese -; posto che non si possano dimenticare i quasi 20000 morti, tra cui tanti medici in prima linea; posto che non si possano dimenticare né i nostri morti né quelli delle altre nazioni nonostante una Europa che ancora sembra non esserci e un mondo più vasto che piange e lotta; posto che non sia facile affrontare sul piano politico una emergenza mai vista negli ultimi settant’anni; è indubbio che si stia parlando pochissimo delle criticità del mondo della cultura e dello spettacolo».
«La nostra – sottolinea Fresu – è la prima industria a essersi fermata e sarà l’ultima a ripartire lasciando sul campo di battaglia molti cadaveri, e rischiando di annientare una categoria che consta di mezzo milione di lavoratori per i quali ad ora sono state individuate pochissime e insufficienti linee di aiuto governative. Eppure la cultura è nelle nostre vite più di prima. E’ attraverso la musica (quella che tutti i giorni apre i nostri telegiornali anticipando le immagini terribili a cui ci siamo quasi abituati) che troviamo un sorriso e una emozione per affrontare le lunghe giornate reclusi nelle nostre case. E’ la musica a essere scesa per prima in campo per la solidarietà e per riempire il tanto tempo libero. E’ attraverso l’arte che l’industria turistica e culturale potranno rialzarsi contribuendo alla rinascita».
«Bisognerebbe spiegare che il mondo dello spettacolo non è fatto di ricchi e famosi – precisa il musicista di Berchidda -. Bisognerebbe spiegare che tale mondo è anche riflessione e ricerca, approfondimento, introspezione e tesa di mano, solidarietà e resilienza. Quella che tutti invochiamo in questo momento difficile. Il mondo dello spettacolo non è solo ciò che passa la televisione con presentatori ben truccati, ospiti eleganti e soliti ignoti. E’ soprattutto ciò che la televisione non trasmette o che passa all’una di notte perché si ritiene che non interessi al grande pubblico.
Quello che forse è composto dagli haters che criticano Tiziano Ferro perché contrappongono faziosamente il senso della morte con quello della vita. Haters che forse non vanno a teatro, al cinema o nei musei e che sono morti dentro perché si fermano alle apparenze e non guardano e non pensano oltre il tempo del coronavirus. Quelli che, peggio ancora, confondono l’animata disanima di Tiziano con le sue scelte sessuali, come se ribadire i diritti fosse un fatto ormonale».
«Tutto ciò è inammissibile e sembrerebbe annichilire la profonda riflessione introspettiva che ognuno di noi sta attuando e che, ne sono certo, ci porterà ad affrontare il futuro con un nuovo vedere e un nuovo sentire noi stessi, gli altri e il pianeta che ci ospita – sostiene Fresu -. Bisognerebbe spiegare ancora una volta che dietro un artista che sta su un palco c’è un esercito di professionisti che lavorano come qualsiasi dipendente o impiegato, ma senza avere gli stessi diritti. E se l’artista si arresta si ferma chi è dietro di lui e chi vive, come tutti, di uno stipendio che contribuisce allo Stato sociale senza avere niente in cambio. Bisognerebbe spiegare che la musica costa e che dietro a questa c’è una filiera che investe e che oggi non ha nessun ritorno, in un mercato fermo al tempo del covid-19. Bisognerebbe spiegare che anche un pasto ordinato dal computer costa come costa ciò che ci arriva a casa con un corriere quando la musica invece la si scarica gratis annichilendo il suo valore e il suo senso. Bisognerebbe spiegare che la macchina dello spettacolo non è fatta solo di artisti e di prime donne ma anche di tecnici del suono, architetti delle luci, roadie, macchinisti, montatori, autisti, direttori di fotografia, scenografi, assistenti, uffici stampa. E poi scrittori, sceneggiatori, registi, coreografi, insegnanti, agenti, fotografi, studi di registrazione, discografici, grafici, stampatori, direttori di festival, club, associazioni, negozi, piattaforme digitali…Bisognerebbe sempre più spesso ricordare i grandi compositori del passato che hanno portato l’Italia nel mondo. Ricordare Leonardo, Botticelli, Fellini, Morricone…Sottolineare che se il nostro Paese è quello che è (nonostante sia oggi straziato dal virus), lo è per ciò che siamo stati e soprattutto per quello che saremo domani, riconoscendo il valore del nostro presente che non è fatto solo di spread e di bond ma anche di sogni e di emozioni. Valori che molti di noi stanno riscoprendo oggi nel riappropriarsi della vita e che alcuni altri vorrebbero forse cancellare».
«Arte e cultura sono sinonimo di speranza, e questa andrebbe concessa a tutti – conclude l’artista sardo noto in tutto il mondo -. Bisognerebbe dare meno spettacolo e pensare di più all’unità di un Paese, il nostro, che si è fatto grande con la sua diversità».
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