Morte di Giulio Regeni, possibile svolta nelle indagini: un testimone parla del rapimento
Ci sarebbe anche il movente del rapimento e uccisione perché Giulio era considerato una spia dai servizi segreti egiziani che temevano proprio in quel periodo delle manifestazioni anti regime in piazza.
Ci sarebbe una svolta nelle indagini sulla morte di Giulio Regeni. Dopo tre anni dal rapimento e uccisione del ricercatore italiano in Egitto, qualcosa si muove nella coltre di omertà che ha ricoperto sino ad ora la ricostruzione delle ultime ore di vita del giovane italiano. A riportare la notizia, il Corriere della sera.
Uno dei funzionari della National security egiziana, tra i sospettati del sequestro, avrebbe riferito di aver partecipato al prelevamento di Giulio al Cairo la sera del 25 gennaio 2016 perché, dice, ritenuto una spia inglese. L’uomo avrebbe raccontato di aver picchiato Giulio in macchina, colpendolo al volto. Le sue parole sono state riportate da una persona che ha assistito per caso alla conversazione fra il funzionario e un altro uomo, un poliziotto straniero, nel corso di un incontro fra poliziotti africani nell’estate del 2017. I due avrebbero intavolato una conversazione sulla repressione degli scontri di piazza, citando anche il fatto che a gennaio 2016 la sua struttura indagava su Regeni.
Ci sarebbe quindi anche il movente del rapimento e uccisione perché Giulio era considerato una spia dai servizi segreti egiziani che temevano proprio in quel periodo delle manifestazioni anti regime in piazza. Il testimone avrebbe anche indicato nome e cognome del funzionario perché questi avrebbe consegnato il proprio biglietto da visita all’interlocutore. Da qui il collegamento con le indagini italiane e la congruenza con queste, dal momento che lo stesso funzionario sarebbe uno dei cinque egiziani che la Procura di Roma ha iscritto nel registro degli indagati, tra questi il generale Sabir Tareq, il colonnello Uhsam Helmy, il maggiore Magdi Ibrahim Abdelal Sharif, l’assistente Mahmoud Najem (tutti in forza alla Ns) e il colonnello Ather Kamal, all’epoca capo della polizia investigativa del Cairo e coinvolto anche nel depistaggio delle stesse indagini.
Il testimone ha raccontato tutto agli avvocati della famiglia Regeni e ora queste dichiarazioni sono a disposizione dei magistrati romani che insieme agli investigatori del Ros dei carabinieri e dello Sco della polizia stanno conducendo le indagini. La testimonianza è stata considerata attendibile dal procuratore di Roma Giuseppe Pignatone e dal sostituto Sergio Colaiocco che hanno presentato quindi al Cairo una nuova rogatoria per chiedere maggiori informazioni.
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