Che il cibo sia sacro, è un pensiero condiviso. Ma tra chi a Pasqua non rinuncia all’agnello e chi invece preferisce uno sformato di verdure, la diatriba è senza fine.

Lo sa bene Pietro Mereu, regista ogliastrino da anni particolarmente attivo nella produzione documentaristica. “Divento Vegano” è la sua nuova creazione, un progetto ancora embrionale che lo porterà a misurarsi con l’esperienza di un vegano in un mondo di onnivori.

“Il progetto -spiega Mereu- nasce dalla mia esigenza di capire questa diatriba tra vegani e non vegani che, a mio parere, a volte ha dei toni troppo forti, sia da parte degli onnivori che fanno troppa ironia sulle scelte dei vegani, sia da parte dei vegani, a volte troppo rigidi nei confronti dei non vegani e che vogliono fare proselitismo”.

Per il momento c’è ancora riserbo su come esattamente sarà il progetto, che potrebbe essere diviso prima in pillole e poi unito in un unico lungo documentario.

“Ho mangiato vegano tante volte -prosegue l’autore- e non mi dispiace. Lo farò per almeno un mese e appena lo inizierò so già che dovrò cambiare molto della mia vita. Cercherò di mettermi in situazioni difficili, tipo cene con amici carnivori”. Quindi via carne, pesci, uova, formaggi e miele. Al loro posto ci saranno soia, verdure, cereali e frutta.

La totale rinuncia alla carne e a tutti i prodotti di derivazione animale è ormai una scelta sempre più diffusa, alimentata da motivi etici, ma anche salutistici, e sempre più numerosi sono coloro che scelgono di sostituire le proteine animali con quelle vegetali derivate da legumi o direttamente dal glutine. I più temerari arrivano poi alle diete che nel mondo anglosassone chiamano del “raw food”, ovvero il cibo crudo.

Ancora incerta anche la location. Mereu si trova da alcuni mesi a Milano, ma il promo di “Divento Vegano” lo ha girato nella sua casa di Santa Maria Navarrese. Il trailer è disponibile su YouTube al link https://www.youtube.com/watch?v=RI80mdJSHpE&t=26s

Tra le case in pietra scrostate dal tempo e le vie silenziose che si arrampicano sulle pendici ogliastrine, c’è qualcuno che a Gairo Vecchio ha deciso di restare. È un gatto, elegante e tranquillo, che passeggia tra le rovine come se stesse controllando che tutto sia al suo posto.

Frame dal reel di Ilaria Vangi

I turisti lo incontrano spesso: si lascia avvicinare, fa qualche fusa, li accompagna tra le antiche abitazioni ormai vuote, per poi sparire di nuovo. Sembra quasi un re, e forse lo è. In fondo, chi altro può dire di avere un intero paese ai propri piedi? O meglio, alle proprie zampe?

Frame dal reel di Ilaria Vangi

Gairo Vecchio è uno dei più affascinanti paesi fantasma della Sardegna. Fu abbandonato dopo la devastante alluvione dell’ottobre 1951, quando le piogge torrenziali causarono frane e smottamenti rendendo impossibile continuare a viverci in sicurezza. Gli abitanti furono costretti a lasciare le loro case e a trasferirsi in nuovi centri: Gairo Sant’Elena, Gairo Taquisara e Cardedu.

Da allora, il borgo è rimasto lì, come sospeso, custode di memorie, racconti e silenzi. Le sue vie oggi possono essere visitate, regalando un’atmosfera che mescola bellezza, malinconia e storia. Le pietre, le porte sfondate, le facciate resistenti alla natura che avanza parlano ancora di chi un tempo animava queste strade. E tra loro, forse, ad ascoltarli, c’è proprio lui. Il gatto. Il re-guardiano silenzioso di un paese che vive ancora, nell’immaginazione e nel cuore di chi lo visita.

Ringraziamo per la segnalazione Ilaria Vangi, del profilo social Ogliastra Bella, che racconta questo piccolo e suggestivo mistero che aleggia tra le rovine.