Studio dell’università di Vienna conferma: il frequente ricorso al parto cesareo lascia tracce sull’evoluzione

Il sempre più frequente ricorso al parto cesareo starebbe incoraggiando la nascita di bambini più grandi e forti, che altrimenti non passerebbero dal canale materno. Una tendenza che, secondo alcuni biologi dell’Università di Vienna, starebbe lasciando una traccia sull’evoluzione della nostra specie Lo studio
canale WhatsApp
Il sempre più frequente ricorso al parto cesareo starebbe incoraggiando la nascita di bambini più grandi e forti, che altrimenti non passerebbero dal canale materno. Una tendenza che, secondo alcuni biologi dell’Università di Vienna, starebbe lasciando una traccia sull’evoluzione della nostra specie
Lo studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences, ha dimostrato che i casi di neonati troppo grossi per passare attraverso il canale del parto materno sono passati da 30 su 1000 negli anni ’60, a 36 su 1000 ai giorni nostri: un incremento del 10-20% nell’arco di pochi decenni.
Un tempo, spiegano i ricercatori, la nascita di bambini più grossi della media avrebbe causato complicazioni anche gravi per la madre e per il nascituro. Per questo, i geni responsabili delle grosse dimensioni alla nascita non si sarebbero pertanto trasmessi alle generazioni successive.
Oggi, fortunatamente, non è più così: la disponibilità di procedure chirurgiche permette di far venire alla luce neonati che non potrebbero essere partoriti in modo naturale.
Dal punto di vista evolutivo, esiste però una contraddizione: mentre i neonati sono spesso più grandi e forti, non si assiste a una evoluzione nelle dimensioni delle pelvi femminili.
Eppure non si osserva una forza selettiva in direzione di neonati più piccoli. Secondo gli scienziati, una delle ragioni potrebbe proprio essere il ruolo del cesareo, che consente la nascita di bambini di dimensioni maggiori. «Il nostro intento – chiarisce Mitteroecker – non è criticare la procedura chirurgica, ma evidenziarne il ruolo sull’evoluzione».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Festival dei Tacchi, conclusa la XXVI edizione: oltre 2500 presenze nelle sette giornate

Soddisfazione anche per l'inedita collaborazione col Museo Camuc di Ulassai che ha registrato più di 100 partecipanti in tre giorni ai laboratori di ceramica e ricamo.
canale WhatsApp
Conclusa la XXVI edizione del Festival dei Tacchi che per sette intense giornate ha trasformato Jerzu e Ulassai in palcoscenici a cielo aperto, celebrando l’arte teatrale e la bellezza dei paesaggi ogliastrini. Il tema di quest’anno, lo stupore, ha guidato una rassegna che ha saputo incantare e far riflettere un pubblico numeroso e appassionato.
Con oltre 2500 presenze il Festival ha confermato il suo ruolo di appuntamento culturale di rilievo nel panorama sardo. La qualità delle rappresentazioni proposte ha catturato l’attenzione e l’interesse degli spettatori che hanno dimostrato un apprezzamento unanime per ogni spettacolo, a testimonianza della cura e della professionalità che contraddistinguono la manifestazione.
Il direttore artistico Giancarlo Biffi ha espresso profonda soddisfazione: «Il tema di questa edizione era lo stupore e chi era in scena ha cercato in tutti i modi di lasciarci a bocca aperta, senza parole e, nella maggior parte dei casi, ci è riuscito. È stato un festival in cui abbiamo potuto pensare, riflettere, conversare, ma soprattutto emozionarci di fronte all’incanto del teatro e ai magici paesaggi dei Tacchi dell’Ogliastra. Sono certo che tutti coloro che hanno partecipato sono tornati alle proprie case ricchi di qualche stupore in più nel cuore».
Soddisfazione condivisa anche dal sindaco di Jerzu, Carlo Lai: «Straordinaria anche questa edizione del Festival. Jerzu continua a fare cultura e a farla a questi livelli, con autentici protagonisti del teatro italiano. È immensa la soddisfazione di sapere quanto sempre più i visitatori apprezzino un centro che si caratterizza per la sua offerta enogastronomica, per i suoi paesaggi, per la sua storia, per la sua vitalità e per la sua vocazione culturale testimoniata ancora una volta dal successo di questa portata, l’ennesimo, di una kermesse come il Festival dei Tacchi».
Un’assoluta novità di questa edizione è stata la proficua collaborazione con il Camuc (Casa Museo Cannas) di Ulassai, che ha ospitato con successo i laboratori di ceramica e ricamo. Circa 100 persone hanno preso parte per tre giorni a queste attività, sperimentando forme d’arte e artigianato in una cornice di grande valore storico e culturale: «Il Festival si è confermato un successo straordinario, animando i poli museali della Stazione dell’Arte e del Camuc con emozioni, cultura e condivisione – sottolineano Luigi Deidda, vicesindaco di Ulassai e Floriana Piras, vice presidente della Fondazione Stazione dell’Arte -. Negli ultimi anni il festival non è stato solo teatro di spettacoli serali di altissima qualità, ma anche un luogo di incontro e crescita: presentazioni di libri di autori ulassesi, laboratori per i più piccoli e, da quest’anno, laboratori artistici e creativi di comunità, dove le persone si scoprono e si connettono. Un festival che sorprende e unisce, che intreccia storie e relazioni e che ci ispira a portare avanti, anno dopo anno, un impegno vivo e duraturo».

© RIPRODUZIONE RISERVATA