Oggi Bacu Abis si stringe attorno a una delle sue cittadine più longeve e amate: Tzia Elvira Gaviano spegne 105 candeline, circondata dall’affetto dei familiari, degli amici e dell’intera comunità. Un traguardo straordinario che racconta non solo la longevità, ma anche la forza e la serenità di una donna che ha attraversato più di un secolo di storia, mantenendo intatto il sorriso e la lucidità.

Tzia Elvira nasce nel 1920 da genitori originari di Seui e di Gairo, due paesi nel cuore dell’Ogliastra, terra conosciuta in tutto il mondo per la longevità dei suoi abitanti. E forse è proprio lì, tra le montagne e il lavoro nei campi, che affondano le radici il suo spirito tenace e la sua sorprendente vitalità.

Alla domanda su quale sia il segreto per arrivare a 105 anni, Tzia Elvira risponde con disarmante semplicità e un pizzico d’ironia:
«Mai bevuto un bicchiere di vino. Fatta eccezione per oggi», dice sorridendo, alzando il calice per brindare al suo compleanno speciale.
Poi aggiunge, con orgoglio e gratitudine: «Ho sempre lavorato tanto. Mi hanno voluto bene sempre tutti. Per l’altro… chiedete al Signore».

Queste parole racchiudono l’essenza della sua lunga esistenza: il lavoro come valore, l’affetto come motore della vita, la fede come guida silenziosa.

Un ringraziamento speciale va a Pierino Vargiu e Angela Mereu, ambasciatori dei centenari in Sardegna, che con generosità e passione continuano a raccontare e documentare queste storie preziose, custodendo la memoria di chi ha tanto da insegnare. Grazie a loro per le foto e le informazioni che ci permettono di condividere oggi questo momento così significativo.

La comunità di Bacu Abis, in festa, rende omaggio a questa donna forte e gentile, testimone vivente di una Sardegna antica, fatta di sacrificio, rispetto e umanità. Oggi Tzia Elvira è l’orgoglio di tutti: una centenaria speciale che ci insegna che la longevità non si misura solo in anni, ma in amore ricevuto e donato.

Bacu Abis celebra i 105 anni di Tzia Elvira Gaviano

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Nella parrocchia di San Giuseppe di Monte Attu, a Tortolì, il presepe realizzato quest’anno si distingue per il suo forte valore simbolico e per il messaggio profondamente attuale che intende trasmettere. La scena della Natività è ambientata tra le rovine di un edificio distrutto, con macerie, muri spezzati e cemento crollato a fare da sfondo alla nascita di Gesù.

Il significato dell’allestimento è stato spiegato dalla parrocchia stessa attraverso i propri canali social, dove viene sottolineato come il presepe sia dedicato a tutte le persone che oggi vivono nei drammatici teatri di guerra. In questo contesto di devastazione, la Sacra Famiglia diventa segno di speranza e di luce.

Maria è rappresentata con un’espressione di dolcezza e raccoglimento, mentre custodisce la vita anche in mezzo alle rovine. Giuseppe appare vigile e forte, presenza silenziosa che protegge quel fragile spazio di pace. Al centro della scena c’è il Bambino Gesù, deposto nella mangiatoia il 25 dicembre, avvolto da una luce che contrasta con l’oscurità delle macerie, a indicare che Dio nasce proprio dove tutto sembra perduto.

Anche gli altri elementi dell’allestimento hanno un valore simbolico: il muschio che cresce tra i detriti, le travi spezzate e i muri crollati richiamano una vita che resiste, una storia ferita che attende redenzione, una pace possibile anche nel dolore.

Il messaggio, come spiegato dalla parrocchia stessa sui social, è chiaro: Dio non sceglie luoghi sicuri e protetti, ma entra nelle ferite del mondo.