Nel cuore dell’Ogliastra, tra mare cristallino e paesaggi aspri e autentici, sorge il MAB – Centro Culturale d’Arte di Bari Sardo, uno spazio espositivo che si distingue per la sua identità unica e il forte legame con l’arte contemporanea. Il centro rappresenta un tributo alla vita e all’opera di tre figure fondamentali dell’arte del Novecento e oltre: Jorge Eduardo Eielson, Michele Mulas e Maria Lai.

Il MAB non è soltanto un luogo espositivo, ma anche uno spazio della memoria. Qui ha vissuto e lavorato Jorge Eduardo Eielson (Lima, 1924 – Milano, 2006), artista e poeta peruviano di fama internazionale, insieme al suo compagno, l’artista sardo Michele Mulas. Le loro vite intrecciate si riflettono nel linguaggio artistico condiviso, fatto di sperimentazione, materia e spiritualità. Il centro espone opere e testimonianze del loro lavoro, mettendo in dialogo le loro visioni con quella di Maria Lai, in una riflessione collettiva sull’identità, il gesto artistico e il significato del filo.

Dal 10 maggio all’8 giugno 2025, il MAB ospita la mostra “Orizzonti Orizzonti. Impressioni dall’isola”, un racconto fotografico che esplora i molteplici orizzonti della Sardegna — geografici, simbolici, metaforici, interiori e intimi. L’isola diventa protagonista e al tempo stesso filtro, attraverso la percezione di chi la abita e la osserva. Un viaggio visivo che intreccia paesaggio e introspezione, realtà e immaginazione, offrendo nuove chiavi di lettura di un territorio ricco di storie e suggestioni.

Il MAB di Bari Sardo diventa così un crocevia di storie e di estetiche, un luogo dove la Fiber Art e le arti visive si incontrano per raccontare l’identità della Sardegna. È un invito a rallentare, a osservare, a tessere relazioni tra arte, territorio e memoria.

In Sardegna i fichi d’India spontanei si stendono su quasi 300 ettari di terreno, un vero mare verde di piante resilienti che crescono senza bisogno di cure particolari. Eppure, sorprendentemente, gli ettari coltivati sono pochissimi, quasi inesistenti, nonostante il loro enorme valore gastronomico e culturale.

Questi frutti dolci e succosi potrebbero diventare una risorsa agricola di primo piano per l’Isola, eppure restano in gran parte trascurati. La differenza con la Sicilia è lampante: lì la coltivazione di fichi d’India è una vera eccellenza, organizzata su larga scala e con un notevole impatto economico. In Sardegna, invece, la pianta cresce selvaggia, libera, e il suo potenziale rimane largamente inespresso. Eppure, i fichi d’India sono profondamente radicati nella tradizione sarda: qui li chiamano “figu morisca”. Ma perché proprio così?

Raccogliere un fico d’India non è un’impresa da poco: serve fare attenzione alle spine, usando guanti robusti o un’apposita canna. Solo i raccoglitori esperti sanno come evitare i piccoli aghi che punzecchiano sia la pianta che il frutto.

Originario del Messico, il fico d’India è una pianta legnosa perenne arrivata in Europa dopo la scoperta dell’America, forse grazie agli Arabi—ed è da qui che nasce il curioso nome “figu morisca”, collegato anche all’antico equivoco di Colombo, convinto di aver raggiunto le Indie. In Sardegna, questa pianta ha trovato un clima ideale e si è trasformata in uno dei simboli della vegetazione spontanea, a differenza di altre zone del Mediterraneo dove è più coltivata.

Nonostante le sue origini lontane, l’Opuntia ficus-indica è ormai di casa sull’isola da secoli, diffondendosi spontaneamente e, spesso, diventando un naturale “recinto spinato” per delimitare i terreni senza dover spendere in recinzioni