(VIDEO) Come veniva prodotto il vino in Sardegna negli anni ’60? Ce lo racconta un documentario

Un documentario Rai racconta le radici profonde di una vocazione senza tempo. Il VIDEO all'interno dell'articolo
Sardegna, terra di sole, vento e vigneti: una vocazione antica che oggi, come sessant’anni fa, racconta l’identità più autentica dell’Isola. A ricordarlo è uno straordinario documentario d’archivio della Rai, recentemente ripubblicato su YouTube dal canale PMRec Sardinia, che restituisce con immagini d’epoca la forza e la fatica di un popolo legato alla terra e al vino.
Negli anni ’60 la Sardegna produceva enormi quantità di uva e vino, ma il sistema produttivo era ancora lontano dalla struttura attuale. Le cantine sociali erano poche, il mercato interno ristretto e la gran parte delle vinacce veniva esportata verso il “Continente”, utilizzata per irrobustire i vini più leggeri del Nord Italia. Una pratica che, se da un lato rivelava la potenza alcolica e strutturale del vino sardo, dall’altro ne nascondeva l’identità sotto etichette altrui.
Il documentario testimonia con autenticità anche l’uso diffuso dell’antico metodo della pigiatura a piedi nudi, nei tini di legno, tra canti popolari e mani callose. Un’epoca in cui il vino non era solo prodotto agricolo, ma rito collettivo e memoria familiare. Eppure, proprio in quel decennio si cominciavano a intravedere i primi segnali di un cambiamento epocale: le prime cantine private, i primi investimenti sulla qualità, la volontà di trasformare la quantità in eccellenza. Una transizione lenta ma determinata che, oggi, ha portato il settore vitivinicolo sardo a essere uno dei più dinamici dell’economia regionale.
Vermentino, Cannonau, Carignano del Sulcis, Monica, Nuragus: oggi sono nomi noti a livello internazionale, espressione di territori che hanno imparato a raccontarsi attraverso le loro etichette. Ma per capire davvero da dove nasce questa rinascita, vale la pena guardare quel documentario: perché tra le immagini in bianco e nero si scorge già il colore intenso di un futuro che, sessant’anni dopo, è finalmente presente.
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