Un borgo misterioso e abbandonato in mezzo alle montagne, un vero paese fantasma: dove ci troviamo?

Gli edifici in rovina conservano ancora tracce di vita passata: caminetti anneriti, pareti intonacate d’azzurro, scale che conducono a stanze aperte sul cielo, dove solo il vento si insinua.
Nascosto tra le montagne dell’Ogliastra, Gairo Vecchio è un luogo dal fascino inquietante, un paese fantasma che ogni anno attira migliaia di visitatori, curiosi di esplorarne le strade deserte e i ruderi in bilico sul tempo. Qui, tra vicoli acciottolati e facciate di granito e scisto, il passato si mescola al presente in un’atmosfera surreale, mentre la natura si riprende lentamente ciò che le appartiene.
Eppure, un tempo, questo borgo era pieno di vita: le case risuonavano di voci e risate, i balconi in ferro battuto si affacciavano sulla vallata, adornati di piante rigogliose e panni stesi al sole. Poi, nel 1951, tutto cambiò.

Gairo Vecchio PH Michela Girardi per Vistanet (1)
Il nome Gairo non è casuale: in sardo, l’espressione “terra che scorre” descrive perfettamente la sorte del borgo, da sempre minacciato da smottamenti e frane. Per secoli, gli abitanti hanno combattuto contro un suolo instabile, ma fu nell’ottobre del 1951 che la natura impose la sua volontà con forza distruttrice.
Un’alluvione senza precedenti colpì la Sardegna, con giorni di piogge incessanti che trasformarono le strade in torrenti e il terreno in una coltre di fango. A Gairo e Osini, l’acqua travolse tutto: case, botteghe, vite. I muri si creparono, le fondamenta cedettero, la terra franò sotto il peso degli edifici. Restare significava rischiare la propria vita. L’esodo divenne inevitabile.

Gairo Vecchio PH Michela Girardi per Vistanet (1)
Gli abitanti lasciarono Gairo Vecchio con dolore, costretti a ricostruire le loro esistenze altrove. Alcuni si spostarono più a monte, fondando Gairo Sant’Elena, mentre altri cercarono rifugio sulla costa, dando vita a Cardedu nel 1965. Intanto, la frazione di Taquisara, già esistente dal 1928, continuò a crescere. Lo stesso destino toccò a Osini Vecchio, abbandonato e rimpiazzato da un nuovo insediamento più sicuro.

Gairo Vecchio PH Michela Girardi per Vistanet (1)
Oggi, Gairo Vecchio è un frammento di storia congelato nel tempo, un museo a cielo aperto dove il silenzio parla più delle parole. Gli edifici in rovina conservano ancora tracce di vita passata: caminetti anneriti, pareti intonacate d’azzurro, scale che conducono a stanze aperte sul cielo, dove solo il vento si insinua.

Gairo Vecchio PH Michela Girardi per Vistanet (1)
Eppure, non tutto è stato dimenticato. Piccoli orti ancora curati, qualche casa riadattata a stalla o cantina, e persino i rari visitatori che si aggirano tra le macerie sembrano mantenere vivo un legame con ciò che è stato.

Gairo Vecchio PH Michela Girardi per Vistanet (1)
Passeggiare per Gairo Vecchio significa immergersi in un’atmosfera unica, dove la natura e il tempo hanno trasformato una tragedia in un luogo di struggente bellezza. Qui, il passato non è mai del tutto scomparso: resiste tra le mura sgretolate, nei racconti degli anziani, e nello stupore di chi, varcando il confine tra ieri e oggi, sente ancora l’eco di un borgo che fu.

Gairo Vecchio PH Michela Girardi per Vistanet (1)

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