Ieri sera, la piazza di Gairo Taquisara è stata il cuore pulsante di una comunità riunita per celebrare la festa di Sant’Antonio Abate. Un evento che ha visto la partecipazione di centinaia di persone, accorse per vivere un momento di spiritualità, tradizione e convivialità.

L’enorme falò acceso al centro della piazza ha rappresentato il fulcro della serata, un simbolo di luce e purificazione che da sempre caratterizza le celebrazioni dedicate a Sant’Antonio. Intorno al fuoco, i partecipanti hanno trovato non solo calore fisico, ma anche quello umano, alimentato da una cena ricca e generosa, preparata e offerta dal Comitato Sant’Antonio del paese e dai cacciatori della squadra di Genneua.

La carne di agnello, cucinata accanto alla piazza dagli stessi cacciatori, è stata una delle prelibatezze più apprezzate, accompagnata da piatti tradizionali che hanno deliziato tutti i presenti.

L’evento è stato reso possibile grazie alla collaborazione tra il Comitato Sant’Antonio, il Comune di Gairo, la squadra di Genneua, la Pro Loco presieduta da Michele Angius e il Ristorante l’Asfodelo di Maria Assunta Mura. Una sinergia che ha garantito non solo la riuscita della serata, ma anche un’atmosfera accogliente e coinvolgente per tutti i partecipanti.

Il momento più atteso della serata è stato senza dubbio l’arrivo in piazza delle maschere di Su Maimulu, tipiche del paese. Le maschere, con la loro presenza misteriosa e affascinante, hanno regalato grandi emozioni, richiamando le radici profonde della tradizione gairese.

Le immagini catturate dal fotografo locale Cristian Mascia raccontano perfettamente la gioia, lo spirito di condivisione e il senso di comunità che hanno caratterizzato l’evento. La piazza, illuminata dal fuoco e animata dai sorrisi e dagli sguardi dei presenti, è stata il palcoscenico di una serata che rimarrà nel cuore di molti.

La festa di Sant’Antonio Abate a Gairo Taquisara si conferma, ancora una volta, come un momento di grande importanza per il paese. Un’occasione per celebrare non solo il santo, ma anche l’identità culturale e la forza della comunità gairese, capace di rinnovarsi e unirsi intorno a tradizioni che parlano di storia, spiritualità e condivisione.

L’evento di ieri sera non è stato solo una festa, ma un vero e proprio omaggio a ciò che rende speciale questa terra e la sua gente.

Ai piedi del monte Ortobene, a Nuoro, si trova una chiesa che potrebbe sembrare moderna a un primo sguardo, ma che custodisce un intreccio di arte, storia e devozione che affascina chiunque varchi il suo portone. Parliamo della Madonna della Solitudine, edificata nel XX secolo per sostituire un più antico tempio del 1625. La chiesa fu progettata dal pittore nuorese Giovanni Ciusa Romagna (1907-1958) e completata nel 1959, ma è nell’apparato decorativo che si cela il vero tesoro.

Due grandi artisti sassaresi plasmarono la spiritualità in forme materiali: Gavino Tilocca e Eugenio Tavolara. Tilocca scolpì in marmo il rilievo della Madonna col Bambino nell’abside sopra l’altare maggiore, mentre Tavolara si occupò del portale, del crocefisso, dei candelabri, del tabernacolo e persino della Via Crucis. Le quattordici stazioni, inizialmente pensate in terracotta ma realizzate in bronzo, raccontano la Passione con figure primitiviste sospese su geometrie essenziali: linee rette e forme stilizzate che sembrano fluttuare nell’aria.

Ma è il portale in bronzo a una sola anta a catturare lo sguardo e la fantasia: al centro troneggia la Madonna della Solitudine, seduta in posa ieratica, con un’espressività che ricorda le icone bizantine. Tutt’intorno, una piccola epica di vita pastorale: pastori, greggi, animali, castelli, uomini e donne prendono forma in uno stile libero, organico, quasi fluttuante, tipico di Tavolara. Ogni dettaglio racconta una storia, ogni figura sembra muoversi lentamente tra devozione e leggenda.