Tra i campi di Tortolì, dal 1920 fino al 1962, si è svolta una storia di lavoro, emancipazione e riscatto che ha segnato profondamente la società ogliastrina: quella delle “tabacchine”, le donne che dedicarono la propria vita alla coltivazione del tabacco. Un contributo che non solo ha lasciato un’impronta importante nell’economia della regione, ma ha anche reso queste donne protagoniste indiscusse di una vera e propria rivoluzione sociale.
Il loro impegno non si limitava alla semplice raccolta della pianta, ma segnò l’inizio di un cambiamento epocale nella cultura e nell’economia agricola della Sardegna. Il tabacco, considerato allora una “foglia d’oro” per le sue potenzialità economiche, divenne il simbolo di un riscatto sociale per la Sardegna e, in particolare, per le donne che riuscirono a emergere in un mondo prevalentemente maschile.
A dare il via a questa importante coltura fu Monsignor Emanuele Virgilio, vescovo di Ogliastra, che, con lungimiranza, intuì le potenzialità del tabacco e le opportunità che esso poteva offrire. Il progetto era ambizioso: non solo un’opportunità di sviluppo economico per Tortolì, ma anche una via di emancipazione per le donne, che vennero chiamate a lavorare nei terreni adiacenti al Seminario di Tortolì, dove sorse il primo magazzino di lavorazione del tabacco.
Queste giovani donne, che avevano un ruolo marginale nella vita agricola tradizionale, iniziarono così a impegnarsi intensamente nella coltivazione e nella lavorazione del tabacco. Il lavoro nei campi, seppur duro e faticoso, permise loro di acquisire una maggiore indipendenza economica e sociale. Furono proprio le “tabacchine” a rendere possibile il sogno di Monsignor Virgilio: riscattare l’agricoltura sarda attraverso la dedizione di queste lavoratrici, che contribuirono a dare un futuro migliore alle loro famiglie.
La coltivazione del tabacco non rimase confinata a Tortolì, ma si diffuse anche in altre zone della Sardegna, come Arborea, la Nurra, il Campidano e la Gallura, segnando un’importante trasformazione agricola e sociale. In breve tempo, il tabacco divenne una coltura fondamentale per l’economia isolana e per la vita quotidiana delle famiglie, dando vita a un nuovo percorso di emancipazione per le donne sarde.
Oggi, la memoria di queste donne, protagoniste del cambiamento sociale e dell’emancipazione femminile, continua a vivere grazie a racconti come quello scritto dallo storico e scrittore Seconda Carta nel suo libro Belle come il sole. Nel suo lavoro, Carta ha restituito dignità e voce alle tabacchine, riconoscendo il loro ruolo centrale nella storia dell’isola. Attraverso la sua narrazione, l’autore celebra queste donne come esempi di forza e resilienza, capaci di costruire per sé e per le loro famiglie un futuro diverso, lontano dalle tradizionali limitazioni imposte dalla società.
Le tabacchine, che con il loro lavoro hanno contribuito alla crescita dell’economia ogliastrina e hanno dato forma a una nuova immagine del ruolo femminile, sono oggi ricordate con orgoglio. La loro storia, fatta di sacrificio e determinazione, ha tracciato una strada di emancipazione che ha coinvolto non solo la Sardegna, ma ha anche ispirato generazioni di donne in tutta Italia.
Nel libro Belle come il sole, Seconda Carta sottolinea che queste donne, attraverso il lavoro nei campi, sono diventate simbolo di emancipazione e di lotta per i diritti, non solo per il loro contributo economico, ma anche per il messaggio di forza che hanno trasmesso alle future generazioni. Con il loro impegno instancabile, le tabacchine sono diventate figure fondamentali nella costruzione della Sardegna moderna, lasciando un’eredità che ancora oggi vive nelle storie raccontate dalle famiglie e nei ricordi di chi ha vissuto quell’epoca di cambiamento.