«Gesto estremo che deve portare delle riflessioni»: la parola all’educatrice socio-pedagogica Manuela Cuccu

Sulla vicenda, ormai tristemente nota, del gattino avvenuto a Lanusei, si è espressa Manuela Cuccu, educatrice socio-pedagogica 25enne originaria di Girasole ma a Bologna. La Cuccu, con una laurea triennale, sta ora completando il ciclo di studi con la magistrale "Progettazione e gestione dell'intervento educativo nel disagio sociale".
«Partendo dal presupposto che sicuramente un’azione del genere denota una mancanza di empatia generale dimostrata dai ragazzi, quello che mi ha colpito di più è stata la reazione di persone adulte che non hanno avuto problemi a insultare e augurare la morte a dei minori.»
Sulla vicenda, ormai tristemente nota, del gattino avvenuta a Lanusei, si è espressa Manuela Cuccu, educatrice socio-pedagogica 25enne originaria di Girasole ma a Bologna. La Cuccu, con una laurea triennale, sta ora completando il ciclo di studi con la magistrale “Progettazione e gestione dell’intervento educativo nel disagio sociale”.
«Recentemente abbiamo avuto modo di leggere in varie testate giornalistiche degli articoli che riguardano un fatto avvenuto a Lanusei che vede come protagonisti degli adolescenti tra i 16 e i 17 anni. Gli articoli sono stati accompagnati da un video in cui compare uno di loro che lancia un gatto vivo da un ponte. Molti titoli riportavano in particolare l’“indignazione sui social” scaturita da tale gesto. Di fatto il video è stato pubblicato in diverse piattaforme social e inviato in vari gruppi Whatsapp, con una serie di commenti aggressivi scaturiti da parte della popolazione. Molti di questi commenti suggerivano ai ragazzi di “lanciarsi loro dal ponte” e altri sulla stessa
linea aggressiva. Partendo dal presupposto che sicuramente un’azione del genere denota una mancanza di empatia generale dimostrata dai ragazzi, quello che mi ha colpito di più è stata la reazione di persone adulte che non hanno avuto problemi a insultare e augurare la morte a dei minori. Ci dobbiamo ricordare che quando parliamo di minori la responsabilità è sempre dell’adulto, ed è una responsabilità collettiva. In quanto adulti abbiamo il dovere di tutelare i ragazzi soprattutto
quando arrivano a compiere gesti estremi e violenti, essi hanno il diritto di essere assistiti. Non si può fare l’errore di credere che questi ragazzi siano immuni da questo tipo di attacco solo perché hanno dimostrato di essere “violenti” nei confronti di un animale, parliamo sempre di adolescenti che come tali verranno colpiti da questi commenti e li andranno a interiorizzare e tutto ciò inficerà il loro sviluppo. Anzi, sono atti del genere che dovrebbero farci ragionare in maniera più profonda sui contesti in
cui stanno crescendo questi adolescenti. I minori che si rendono protagonisti di tali azioni dovrebbero essere assistiti attraverso programmi educativi che possano sviluppare in loro un senso di responsabilità sulle proprie azioni e che allo stesso tempo possano aiutarli a risalire alla causa scatenante di tale aggressività. Osservando la situazione dall’esterno viene quasi da dire che a destare preoccupazione e panico
morale non dovrebbe essere questo singolo avvenimento ma un più generale atteggiamento che gli adolescenti sembrano assumere. Siamo di fronte a una generazione di ragazzi che esprime la mancanza di ambiti collettivi in cui potersi riconoscere e che oppone una resa senza lotta alla violenza dilagante che investe la
società tutta in questo momento storico. Tutto ciò è assimilato dagli adolescenti e poi è espresso attraverso gesti estremi come quello che abbiamo visto nel video.»
La Cuccu fa riferimento poi al fatto che si siano sempre sentite storie di maltrattamento su animali, in questo caso, «nell’era dei social, c’è stato un grande scalpore mediatico ma non si fa giustizia attraverso la sezione commenti di una piattaforma, in questo modo si rischia solo di aggravare condizioni di vita già fragili.»
I motivi che portano i ragazzi a tali gesti: ecco su cosa, secondo la Cuccu, bisognerebbe ragionare, non dimenticando che essi – i ragazzi – sono lo specchio della società, lasciare il lavoro punitivo e rieducativo a chi di competenza e cercare di incanalare la frustrazione e la rabbia che la visione del video provoca verso soluzioni concrete.»
«Soluzioni per i ragazzi che vivono nella nostra provincia,» continua «soluzioni che nascono dall’ascolto reale e attivo delle istanze espresse dai ragazzi anche (e soprattutto) attraverso comportamenti distruttivi. Questa è l’occasione di riflettere su soluzioni concrete che possano dare agli adolescenti delle risposte, la responsabilità è collettiva del mondo adulto, che deve essere in grado di tradurre dietro avvenimenti del genere la richiesta di aiuto e di sostegno di un’adolescenza sempre più confusa e investita da sentimenti di rabbia e violenza. La violenza non si combatte con la violenza, ma con l’ascolto, la comprensione e la cooperazione di tutti, non è augurando la morte che si insegna ai ragazzi ad avere empatia. Sarebbe questo il momento giusto di fermarci e osservare l’Ogliastra e chiederci cosa offriamo ai nostri ragazzi e cosa possiamo fare in più per loro.»

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