Sculture, musei in cabine telefoniche e altre opere: un salto nell’arte di Marco Vargiu, scultore e artista
Classe 1967, sassarese, artista e pasticcere: Marco Vargiu vanta un curriculum molto vasto fatto di capolavori sia da mangiare che da osservare, cuore e mente. «Innamorato dell’arte sin da ragazzo»
Classe 1967, sassarese, artista e pasticcere: Marco Vargiu vanta un curriculum molto vasto fatto di capolavori sia da mangiare che da osservare, cuore e mente. «A Sassari, in campagna in una zona che si chiama Caniga, vivo e ho il mio laboratorio» spiega l’artista. «A sedici anni avvenne qualcosa che cambiò tutto: andai con mio padre a Carrara a trovare mia zia, la sorella di mia madre che all’epoca faceva la pittrice. In quella settimana ci fu una manifestazione importantissima per Carrara, il Simposio di scultura del marmo: rimasi affascinato nel vedere gli artisti intenti a scolpire il marmo.»
Vargiu resta imbambolato a sentire Pietro Cascella, scultore e pittore di fama internazionale. Questo è certamente uno spartiacque nella sua vita, anche se un insegnante, Mario Leggeri, fa la differenza nella vita dell’artista proprio durante le scuole dell’obbligo.
«Ci disse di portare da casa un pezzo di legno di ulivo per insegnarci come intagliarlo. Lì mi accorsi che dentro di me qualcosa brillava: mentre tutti chiedevano come fare, io gli dissi: “Lei mi dica come fare, ma voglio provare io direttamente”. Forse proprio per questo mio gesto, si preoccupò di trasmettermi sempre più la passione verso l’arte.» Ogni occasione è buona per il giovane Marco, che torna sempre a casa con pezzi di legno da intagliare e compra i primi attrezzi. Perlopiù, in questo periodo intaglia visi sardi.
La zia, a Carrara, poi gli fa una proposta: «Mi disse: “Vuoi partecipare a un concorso di pittura?” e io accettai. Partecipai con un disegno in china, disegnando i muretti sardi. Vinsi il primo premio di grafica e venni premiato con una scultura in bronzo. Mia zia, dalla contentezza, mi propose di rimanere a Carrara per studiare presso la scuola del marmo. Nello stesso momento un’altra famiglia, erano amici dei miei genitori, mi disse che mi avrebbe ospitato nella nostra casa. Mi fecero vedere la mia futura cameretta…»
Ma il sogno di Marco Vargiu non si avvera: per i genitori è ancora troppo piccolo per vivere da solo fuori casa, quindi il ragazzo rientra. «Da quel momento, ebbi un blocco emotivo in tutti i sensi. Non so ancora come io abbia ricevuto una lettera, nel 2006, dove mi si chiedeva se volessi partecipare per una mostra collettiva di pittura e scultura. Fu mia moglie ad incoraggiarmi per partecipare e lo feci con un’opera che mi permise di vincere una segnalazione di scultura.»
Ecco riaccendersi la vecchia fiamma della passione: «Mi si illuminò nuovamente la vena artistica.» Si allontana, da quel momento, dagli intagli sardi e si avvicina ai canoni umani, sempre in legno. «Un giorno mi dissero che a Buddusò c’era il Simposio di scultura del granito e io andai da solo, chiedendo un giorno di ferie. Mi misi seduto davanti a un bravissimo artista sardo, Pinuccio Derosas, e rimasi per otto ore a osservarlo, quasi ipnotizzato.»
Qualche giorno dopo, Vargiu va a parlare con il Sindaco di Sassari, all’epoca Giacomo Spissu. «Gli dissi: “Ho l’immagine dell’incendio che ci fu a Tempio Gurraggia il 28 luglio 1983, dove a una vittima era rimasta intrappolata nella recinzione”. Quindi gli dissi di voler realizzare un’opera che ricordasse quelle perdite.» Vargiu non aveva mai usato la pietra, ma era rimasto così sbalordito e affascinato da Derosas che vuole tentare, buttarsi. Il sindaco accetta, lui si procura la pietra a Fordongianus nella cava di Giuseppe Frau e si occupa dell’opera che ora si trova in via Rockefeller a Sassari. Unico rimpianto? «Non è mai stata inaugurata» spiega.
«Le mie opere in comune hanno poco, sono di periodi diversi e fatte in base al mio stato d’animo. Una cosa è certa: spesso inserisco un libro.» Ma ricordiamo che Vargiu è anche pasticcere: «Sinceramente non è facile avere la mente libera se buona parte della giornata la trascorro in pasticceria, alzandomi quasi tutti i giorni alle 4 e 30.» Ogni tanto inserisce la sua arte anche sul mondo della pasticceria, ma non è facile, come afferma.
«Le mie opere più importanti? Tutte perché fanno sempre parte di me stesso. Tuttavia, se vogliamo parlare a livello di prestigio, giustamente è quella che ho realizzato per la Brigata Sassari, 45° reparto. Quella che ha più significato per la mia vena artistica è quella che realizzai per Buddusò: proprio quella inaugurò l’inizio della mia carriera con il marmo.»
In periodo di lockdown, Vargiu poi si reinventa – non potendo uscire di casa, fatto salvo per il lavoro – e crea opere con i manichini. «È un articolo che mi ha sempre affascinato, immaginandolo a parlarci riguardo ciò che ha visto nelle vetrine… Ecco, io do un’altra possibilità di vita, trasformandoli in opere d’arte.
E poi arriva un’altra opera, “Il passato dentro il passato”: una vecchia cabina telefonica trasformata in museo. Un’idea che a Vargiu arriva per caso, proprio pensando ai manichini. Vargiu si presenta all’ufficio di competenza, spiega il suo progetto e, dopo un po’ di tempo, riceve una risposta. «Mi diede l’ok, quindi iniziai a cercare persone che volessero appoggiarmi nel realizzare il mio progetto, donandomi una parte del loro passato. Proprio così è nata la mia idea.»
Tantissimo l’interesse suscitato sul web, ma “Il passato dentro il passato” è solo una parte del progetto di Vargiu: «Poi sarà la parte della comunicazione, so che andranno dismesse le cassette delle lettere quindi farò la stessa cosa. Inoltre ho recuperato una decina di acquari grandi, dentro ogni acquario ci sarà un’esposizione a tema sempre vintage: esempio, periodo delle radio, videoregistratori con le loro cassette, periodo dei DVD, tutta la linea dei giocatoli della Kinder e tantissimo modellismo che avevo da ragazzino. La sfida più importante della mia galleria d’arte e museo è riuscire ad avere un pullman di linea, ma sto facendo molta fatica: verrà trasformato all’esterno in modo che appaia come una roccia mentre dentro verrà allestita una mostra di opere d’arte piccole, alla portata di tutti.»
Ma c’è una chicca importante per il futuro. «Il comando d5° della brigata Sassari mi ha convocato mesi fa per la realizzazione di un nuovo monumento da affiancare a quello del 152°, sempre Brigata Sassari. Il monumento verrà realizzato, se dovesse passare il bozzetto, in marmo di Orosei, e sarà alto 300x120x120. Ho già realizzato la bozza, con tanto di render per dare un’immagine più reale di come sarà una volta finito!» Insomma, molto bolle in pentola per l’artista. Del resto, chi ha l’arte nel sangue creerà sempre.
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