La storia del becchino di Urzulei che uccise un uomo a colpi di piccone

Questo racconto è giunto fino a noi grazie alla registrazione di un canto popolare eseguito da una donna di Dorgali nel ’71.
Uno scherzo di cattivo gusto finito male: questo quanto raccontato in un canto popolare da Maria Pintore di Dorgali nel 1971, quando la donna aveva circa quarantacinque anni.
Registrata dall’Università di Cagliari, nell’ambito della rilevazione dei racconti tradizionali dell’Isola, la donna narra un fatto che sarebbe avvenuto a Urzulei in un tempo non precisato.
Il racconto si concentra su un curioso personaggio, un becchino che, nel piccolo paese in cui vive, è spesso oggetto di scherni e beffe da parte dei compaesani. Questi lo considerano una figura particolare, un po’ fuori dagli schemi. In molti, infatti, lo giudicano stolto o addirittura pazzo. Questa duplice percezione è in parte legata al termine in lingua sarda “macu,” che può assumere entrambi i significati: sciocco o folle.
La narrazione si sofferma sull’ultimo e più crudele degli scherzi che gli furono architettati. Si racconta che, per deriderlo, qualcuno decise di orchestrare un macabro gioco: collocare un uomo ancora vivo all’interno di una bara e incaricare il becchino di trasportarla al cimitero. La burla, al tempo stesso inquietante e assurda, mirava non solo a prendersi gioco di lui, ma anche a testare fino a che punto la sua presunta ingenuità potesse spingersi.
Questo episodio, simbolo di un umorismo amaro e al limite del grottesco, mette in evidenza il rapporto complesso tra il becchino e la comunità che lo circonda. Il racconto lascia spazio a una riflessione sulla crudeltà delle prese in giro, sulla percezione dell’altro e sulla difficoltà di essere accettati quando si viene considerati “diversi”.
Il becchino poco dopo iniziò a sentire dei rumori provenire da questa. La aprì e trovò, appunto, un uomo vivo. Imbracciato un piccone iniziò a sferrare dei colpi sul malcapitato uccidendolo. Recatosi dal Sindaco disse: «Portatemi i morti quando sono morti, perché oggi me ne avete portato uno vivo ed è toccato a me ucciderlo».
Da allora nessuno si è più preso gioco del becchino di Urzulei, anzi: «Questo, altro che stolto,» dicevano «ha ucciso una persona davvero».
Un racconto macabro che mette in guardia sul fatto di schernire una persona sottovalutando le sue possibili reazioni. Un fatto che colpì profondamente i paesi dell’intera zona, tanto da essere tramandato in questo canto orale.

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