La sclerosi non lo ferma: il cagliaritano Alessandro Cappato pronto per pubblicare il suo primo libro
«Mi sono sentito perso, affranto, arrabbiato, amato, incazzato, ma ho avuto la forza di conservare la voglia di vivere.» Classe 1976, temperamento frizzante ed energico, stile narrativo originale e grande amore per la vita: manca poco, perché a giugno Alessandro Cappato – cagliaritano di nascita – vedrà pubblicato il suo primo libro, L’indice Sinistro, edito da Armando Editore. Ad aiutarlo nell’impresa, il suo braccio destro, la scrittrice Monica Aschieri
«Mi sono sentito perso, affranto, arrabbiato, amato, incazzato, ma ho avuto la forza di conservare la voglia di vivere.»
Classe 1976, temperamento frizzante ed energico, stile narrativo originale e grande amore per la vita: manca poco, perché a giugno Alessandro Cappato – cagliaritano di nascita – vedrà pubblicato il suo primo libro, L’indice Sinistro, edito da Armando Editore. Ad aiutarlo nell’impresa, il suo braccio destro, la scrittrice Monica Aschieri.
Sì, perché Cappato lotta contro la sclerosi da anni, ma ciò non gli impedisce di amare la vita.
«Ho avuto la fortuna di non perdermi oltre il punto di non ritorno.»
Il libro è frutto di un lavoro intenso, duro, impegnativo: Alessandro, con Monica al suo fianco, ha creato una testimonianza che racconta una dura realtà e allo stesso tempo l’amore, la forza, la vita e la sua straordinaria potenza. Eppure il sodalizio con la Aschieri è nato un po’ per caso: Cappato si è innamorato dello stile della Aschieri, le ha scritto per avere dei suoi libri autografati, e da un rapporto epistolare in cui la scrittrice ha avuto modo di visionare alcuni scritti di Cappato è nato qualcosa di più: l’idea che quel modo di scrivere così particolare dovesse essere mostrato al mondo.
«È capitato che io le abbia detto: “Visto che ti interessa sapere della mia malattia, ti invio qualcosa che ho scritto tempo fa e magari ti sarà più chiaro quello che vivo.” Non so se sono passati uno o due giorni, sta di fatto che è partita come un treno e mi ha detto “Devi scrivere un libro, il tuo stile è nuovo e non può rimanere sconosciuto”. Così è iniziata, ho detto di sì ma senza convinzione ma lei ha insistito talmente tanto da mettermi di fronte al fatto compiuto, mettendomi a lavorare. Tempo dopo ci siamo chiesti come sia successo, lei mi ha detto che è come se fosse stata guidata da qualcosa di più grande ed io stesso in mezzo a mille difficoltà, ad esempio scrivendo da un computer oculare, impossibilitato o rendendo quasi impossibile fare delle correzioni, scrivere attraverso la dettatura vocale, la debolezza di questa patologia che oltre il fisico ormai mette a dura prova la lucidità della mente, scrivevo mettendo insieme alla bene e meglio e alla fine grazie a Monica è nato un libro, lei è stata le mie mani.»
Insomma, è come se il destino stesso avesse guidato i due nella direzione giusta, quella della scrittura, della limatura delle frasi, di quell’attento e bellissimo viaggio che porta dall’inizio alla fine di un volume: Cappato la mente, Aschieri mente e mani.
Del resto, era scritto da tempo: l’autore ha sempre amato scrivere, come spiega «è qualcosa che fluisce in maniera naturale».
«La letteratura è un mondo fantastico dove non c’è un inizio uno svolgimento e la fine, ma è un luogo come nei sogni, dove le leggi fisiche vengono ribaltate, dove il tempo non esiste ed è necessario conoscere le regole soltanto per poterle eludere e andare oltre. Sono particolarmente legato alla poetica di Rimbaud, la lettera del veggente è per me fuoco vivo, poi la poetica del fanciullino di Pascoli che mi riporta alla verità ed alla poetica di Ungaretti, in ogni poesia c’è un segreto. Questo è il mondo che brucia dentro me e mi rendo conto che questo argento vivo è stato in qualche modo addomesticato da questo mondo fatto di perdita, dove il nuovo è emerso, ma non per questo ho smesso di sentire quel richiamo che è per me la poesia, che è per me la scrittura.»
Per l’uscita imminente, felicità ed emozione.
«Come è facile immaginare, sono emozionato al solo pensiero che il libro presto verrà pubblicato, è un risultato straordinario considerate le difficoltà, è un risultato reso possibile da chi in questa difficoltà ha scelto di andare oltre insieme a me, che non ha mai smesso di crederci, si è sporcata le mani in questo difficile lavoro per renderlo una bella realtà. Io e Monica Aschieri faremo il possibile per promuovere il libro, per farlo conoscere.»
Ma non solo, tutto odora di futuro, di nuovi progetti, di bellezza e di speranza: «Mi sto impegnando al fine di avere migliori strumenti tecnologici a disposizione ed adesso oltre il computer oculare posso utilizzare un altro computer attraverso la carrozzina elettronica e muovo il mouse utilizzando la bocca. Questo mi dà modo di essere più preciso, anche più veloce, di poter fare cose che prima non riuscivo a fare. Ci provo con tutto me stesso e non lascio nulla di intentato, sono fermo in un letto ma continuo a progettare, a sognare, a provare, a soffrire, a gioire semplicemente, ci provo. Vorrei adesso iniziare il secondo libro, mettermi alla prova, non nascondo che un giorno mi piacerebbe scrivere anche un libro a quattro mani con Monica ed è un pensiero che lascio nel cassetto delle intenzioni, comunque facciamo un passo alla volta. A giugno verrà pubblicato L’indice Sinistro mentre a maggio verrà pubblicata un’antologia di racconti di scrittori sardi, che si intitola “Amare” e un racconto è di Monica. Sincronicità ancora una volta.»
Una testimonianza di coraggio, quella di Alessandro Cappato che non si fa fermare da quel letto cui è legato e dalla malattia che si è abbattuta con la forza di un tornado su di lui.
Inizia nel 2001, il suo calvario, ma per dieci anni nessuno riconosce di cosa si tratti. Sono anni dove Cappato lascia il lavoro, si iscrive a scuola e scopre – grazie a un insegnante – l’amore per la scrittura, prologo di tutto. In questi anni, riesce a ottenere cose grandissime, battendosi unghie e denti per quel che crede.
«Ho amato il mondo della ristorazione, la sua organizzazione metodica, ed il connubio fra teoria e pratica nel mondo del bere miscelato. Ho iniziato anche ad insegnare una materia tecnico pratica, è stato mio desiderio essere quel professore che non avevo avuto in età adolescenziale e credo qualche volta di esserci riuscito considerati i messaggi, le testimonianze che ho il piacere di ricevere dai miei ex alunni. Amavo il mio lavoro sia da un punto di vista pratico che da un punto di vista teorico non mi fermavo né il giorno, né la notte, né d’ inverno, né d’estate. Nel mentre, la malattia è progredita fino a quando ho scoperto da solo il motivo di questo peggioramento.»
Cappato non riesce più a muovere il braccio destro, fa una lastra al collo e legge il referto: demielinizzante.
«Mi si è aperto un mondo. Da quel momento tramite controlli adeguati ho finalmente capito cosa stava succedendo ma ancora non potevo immaginare cosa realmente sarebbe accaduto. Ci sono quattro tipologie di sclerosi multipla, tutte invalidanti ma che comunque ti consentono ancora di continuare a vivere, invece la malattia non si è fermata di fronte a nessuna cura, a nessuna richiesta, ed è andata avanti come un treno togliendomi tutto. Sono stati anni difficilissimi in quanto non riuscivo mai a prendere le misure della mia disabilità perché le cose cambiavano velocemente, peggioravano. Sono andato oltre il limite, gli ultimi anni mi ha accompagnato a scuola mio padre e facevo lezione in carrozzina e nonostante questo siamo riusciti con i miei colleghi ad offrire approfondimenti e tenere come punto centrale la professionalità, la trasmissione di conoscenze teoriche e pratiche e la disabilità è stata soltanto un contorno.»
Ma alla domanda come si possa dare un conforto, un modo per ritrovare la luce a chi, nella stessa situazione, si è perso nel buio, è perentorio: «Temo che se mi mettessi a dare delle ricette al massimo potrei sembrare arrogante e nel migliore dei casi un saputello che non veste le scarpe altrui. Ogni situazione è a sé stante, fatta di milioni di variabili, di attimi, di trovarsi nel posto sbagliato nel momento sbagliato, di solitudine, di un aiuto non ricevuto, della vita per cui non si ha colpa, ed io non sono certo il maestrino di nulla, posso portare nel cuore ogni storia e abbracciare tutto questo dolore compassionevolmente perché quella persona potrei essere tranquillamente io, anzi sono io. Per quanto mi riguarda è statisticamente poco probabile che io sia qui a scrivere, è solo una gran fortuna essere riuscito a rialzarmi dopo essere caduto. Niente di quello che sono è accaduto perché Alessandro Cappato è più bravo degli altri. Ho avuto la fortuna innanzitutto di non morire e riuscire ad utilizzare ciò che è successo come strumento di ricerca compiendo un viaggio interiore che mi porta a vivere una grande libertà.»
E non solo: fa una riflessione che tutti dovrebbero appuntarsi in un quaderno, per leggerla più volte al giorno.
«Siamo tutti sulla stessa barca e tutti viviamo la stessa infelicità, ci piacerebbe avere un lavoro migliore, un conto in banca migliore, la famiglia perfetta, la salute perfetta e stiamo male perché non riusciamo a raggiungere questi obiettivi nel caso in cui dovessimo raggiungere questi obiettivi stiamo male perché abbiamo paura di perderli. Tutto è così transitorio e l’unica cosa che non osserviamo mai è ciò che è eterno. Non esiste una ricetta per la felicità e non credo neanche che la felicità sia la lezione più importante che la vita ci vuole dare ma ogni cosa è molto intima e risuona a differenti livelli e differenti intensità per ognuno di noi. Attualmente per me è di primaria importanza questo viaggio mentre per altri potrebbe essere l’esatto contrario, e non c’è giusto o sbagliato, c’è soltanto quello che uno decide per se stesso e va bene così, ognuno fa quello che può come può ed è sempre tutto perfetto.»
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