I Mamutzones di Samugheo alla “ziqqurat” di Monte d’Accoddi: quando le meraviglie di Sardegna si incontrano

L'altare prenuragico di Monte d'Accoddi rappresenta un tesoro unico, per struttura architettonica, non solo in Europa, ma in tutto il bacino del Mediterraneo.
Il bellissimo scatto mostra le maschere del carnevale di Samugheo, i Mamutzones, a Monte d’Accoddi, tesoro prenuragico in provincia di Sassari. Qui si trova quella che viene definita una ziqqurat sarda. Si tratta precisamente di un altare di epoca prenuragica a forma tronco-piramidale che veniva usato per il culto della fertilità della Terra e della rigenerazione. Ma da chi fu costruito? La leggenda narra di un principe mesopotamico che fuggì e si rifugiò in Sardegna e fece erigere un complesso megalitico adibito al culto; con la differenza che, mentre le ziqqurat mediorientali erano “templi del sole”, il principe lo dedicò alla luna.

Foto di Antonello Falchi dal gruppo FB Semmu di Sassari
Nella realtà, invece, gli storici convergono sul fatto che l’altare di Monte d’Accoddi sia stato costruito intorno al 2.700 a.C. dalle genti della cosiddetta “cultura di Abealzu-Filigosa”. La terrazza in cima alla “ziqqurat” era, secondo le credenze dell’epoca, il punto di contatto tra uomo e divinità.
Lo “ziqqurat sardo” fu abbandonato all’inizio dell’età del Bronzo antico (1800 a.C.) ma venne riutilizzato solo saltuariamente per le sepolture. Durante la Seconda Guerra Mondiale, attorno ad esso vennero scavate delle trincee utilizzate dalla contraerea, arrecando un danno irreparabile al sito. L’altare fu scoperto quasi per caso nel 1954 da Ercole Contu, quando gli archeologi notarono un ammasso di terra anomalo che formava una collinetta in una zona altrimenti del tutto pianeggiante. Di lì, gli scavi che portarono alla luce questo tesoro unico, per struttura architettonica, non solo in Europa, ma in tutto il bacino del Mediterraneo.
I Mamutzones di Samugheo, si inseriscono nel ricchissimo ed originale repertorio carnevalesco delle zone interne dell’isola, dove il culto della tradizione è ancora vivissimo. Le maschere di Samugheo (Or) sono quelle che conservano maggiormente le caratteristiche da cui traggono origine. Anche se il loro significato primitivo si è in parte perduto, esse rappresentano un tempo la passione e la morte di Dioniso, dio della vegetazione, le cui feste si celebravano in quasi tutte le antiche società agrarie. Dioniso, il dio che ogni anno moriva e rinasceva, come la vegetazione, è rappresentato dalla maschera zoomorfa de “S’Urtzu”, che indossa una intera pelle di capro, con la testa attaccata. Il capro era infatti la forma più frequente nella quale il dio si manifestava. La rappresentazione della sua passione, che in tempi lontani era una cerimonia sacra, in periodo cristiano venne banalizzata e declassata a semplice maschera carnevalesca. In questa forma è giunta fino al nostro secolo.

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