Sapete dove? In Sardegna c’è ancora un paese in cui si pratica l’antica arte dell’intreccio dell’asfodelo

Cadrilloi, Cadrillòni, Cadilloni, Cadrigione, Irbutu, Ischiria, Iscraria, Arbutzu tanti i nomi in limba per definire una pianta che ha accompagnato da sempre la vita dei sardi, tra medicina popolare, leggende, magia, artigianato e un miele dal gusto unico, scopriamo insieme l'asfodelo.
L’asfodelo è una pianta spontanea tipica del bacino del Mediterraneo molto diffusa in Sardegna, Sicilia e Isole minori. Vegeta nei bordi delle strade, in zone caratterizzate da terreni secchi e sassosi, in genere troppo sfruttati dal pascolo e si raccoglie nei mesi di aprile e maggio inoltrato, quando la pianta comincia a sbocciare. Questo è infatti il momento in cui è malleabile ma non troppo morbido. Dalla pianta si ricava un ottimo miele mentre dal gambo si producono i nastri per l’intreccio dei cestini. E proprio nel cuore della Sardegna, a Ollolai, esiste una tradizione con radici antichissime che si tramanda di madre in figlia detta de s’iscrarionzu, da iscraria e cioè asfodelo: l’arte della lavorazione di cestini che anticamente servivano per contenere e trasportare alimenti come dolci, pane, pasta e legumi, oggi custodita gelosamente come patrimonio culturale dalle donne del paese barbaricino.
Anticamente ci si alzava all’alba per recarsi nelle terre dove poter effettuare la raccolta delle piante di
asfodelo, di solito nella zona di Monte Gonare, nell’altipiano di San Cosimo, a Olzai, a Ottana, al Monte
Mannu di Sorgono. Tutto quello che si riusciva a raccogliere in una giornata veniva poi messo a
riposare per terra per circa 15-20 giorni per far si che la pianta prendesse consistenza. Ancora oggi la
pratica della raccolta si fa in questo modo. L’asfodelo poi viene spaccato in due e messo ad asciugare al
sole e ogni sera ritirato per non prendere umidità. Una volta seccata la pianta è pronta e si creano i
mazzi (su mannuccru de iscraria). A fine estate in genere sono pronti per la lavorazione.
Prima di cominciare con l’intreccio vero e proprio, l’asfodelo deve essere immerso in acqua per circa 2 o 3 ore in modo tale da essere flessibile: tolto dall’acqua deve essere tenuto umido (oggi grazie a un telo di
plastica, tradizionalmente con un panno leggermente bagnato), lo si spacca di nuovo in due e si separa
la parte interna, sa matha, della pianta dalla corteccia, sa orria. Ora si è pronti per formare il primo giro e
quelli che seguono che vengono chiamati su pippiolu, cioè l’inizio della lavorazione. Gli steli di asfodelo
vengono poi cuciti con una verga chiamata su razu, una specie di grosso uncino appuntito ricavato da
una tibia anteriore bovina.
Ma c’è una caratteristica dell’asfodelo: dai suoi fiorellini bianche le api producono un miele pregiatissimo, delicato, chiarissimo, quasi cristallino e dall’aroma unico, commercializzato quasi esclusivamente in Sardegna. È un miele raro e più costoso degli altri, per il suo gusto delicato viene utilizzato nelle preparazioni di alta cucina e abbinato a cibi altrettanto pregiati e dal sapore raffinato.

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