Il murale dedicato all’aritzese Antonia Usay, accusata di stregoneria e uccisa dall’Inquisizione nel 1593
L'opera del muralista sardo Mauro Patta è un omaggio ad Antonia Usay e a tutte le donne vittime di ingiustizia.
L’opera “Sa Bruxa”, la strega, realizzata dal muralista sardo Mauro Patta ad Aritzo vuol essere un omaggio non solo alla protagonista vittima della storia, Antonia Usay, ma a tutte le donne vittime dell’Inquisizione del ‘500 e di tutte le ingiustizie perpetrate nei secoli.
Come spiega l’artista, intende ispirarsi in particolar modo alla figura dell’aritzese Antonia Usay morta nel 1593. Il proposito è quello di osservare il fenomeno dell’Inquisizione per mezzo degli occhi della strega. La composizione porta in posizione centrale una giovane donna dallo sguardo fiero, cosciente della sua innocenza, volutamente orgogliosa e ribelle che sfida rassegnata coloro che l’hanno giudicata colpevole; invita l’osservatore a guardare con occhi nuovi, quelli di un’innocente.
Viene rappresentata con indosso il Sambenito, una veste gialla con la croce di Sant’Andrea incisa sul petto, marchio degli eretici penitenti. Denudata delle sue vesti e con i capelli corti, è totalmente privata della sua dignità. In mano tiene il giglio bianco che, come narra una leggenda, nacque spontaneamente dalla terra sotto cui venne sepolta una di queste donne.
L’ambientazione è uno spazio vuoto e sterile, metafora della prigionia della cella, della solitudine e del silenzio che l’avvolgono. Seduta sull’atto accusatorio che incriminandola ne declamò la colpevolezza, porta alle spalle un’incisione medioevale rappresentante demoni e caos. La forma della parete e il cerchio alle sue spalle vogliono invece rinviare simbolicamente al rosone della Chiesa, vera responsabile dei crimini perpetrati per mano dell’inquisizione in un periodo buio e oscuro della storia.
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