Lo sapevate? In passato a Tortolì c’era un carcere e non mancarono le evasioni

Era ubicata in Via Dritta, in Corso Umberto e considerato una delle prigioni "migliori" dell'Isola insieme a quelle di Tempio e Seui
Dalle relazioni dei viceré del tempo si evince che a Tortolì nel Settecento ( e anche oltre) fu attivo un carcere, “ben sicuro” e i cui prigionieri erano a carico del marchese di Quirra.
Un’eccezione, questa legata alla loro condizione, all’interno dell’Isola. In genere, infatti, le carceri feudali dell’Isola erano in pessime condizioni. I feudatari, come racconta Albino Lepori nel suo “Tortolì e la sua gente attraverso i secoli” non spendevano denaro per sistemarle e spesso neanche per passare la razione di cibo giornaliera ai prigionieri.
Anche le prigioni delle città, Cagliari in primis, si trovavano in condizioni pietose. Sporche, umide, fatiscenti, vere e proprie “tombe di vivi”.
Ma alcuni feudatari, appunto, erano da considerare delle lodevoli eccezioni: davano ai detenuti le giuste razioni di cibo e li tenevano in prigioni meno orribili di quelle cittadine, come quelle di Tortolì, Tempio e Seui.
Dagli atti della Prefettura di Tortolì il carcere baronale è descritto come dotato di un solo camerone senza finestra, dove potevano stare quasi una cinquantina di prigionieri. Era ubicato in Via Dritta, in Corso Umberto. Come racconta Lepori “Dopo essere stato ristrutturato nel secondo decennio dell’800, si componeva di un grande camerone e di un’altra camera detta “de s’acqua”. Vi era pure una infermeria e, rudimentali, pure dei servizi igienici”.
Nel carcere tortoliese non mancarono i tentativi di evasione. Una in particolare è rimasta agli atti. Quella dell’agosto 1852, ordita dai reclusi che si trovavano nel camerone grande.

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