La medicina popolare in Sardegna: ecco come si curavano un tempo i malanni e le sfortune

Impacchi, sciroppi, tisane ma anche particolari fatture contro il malocchio o le malelingue, venivano prima utilizzati come cure laddove la medicina tradizionale ancora non era arrivata
La Sardegna, da sempre descritta come un’isola incantata, rappresenta un connubio unico di miti ancestrali, tradizioni millenarie e una bellezza selvaggia che sembra sospesa nel tempo. Tra le sue regioni più misteriose e affascinanti spicca l’Ogliastra, una terra isolata e indomita che, con i suoi paesaggi aspri e incontaminati, custodisce un patrimonio immenso di segreti antichi. Questa provincia, avvolta da un’aura di magia e mistero, è culla di tradizioni che si sono tramandate nei secoli attraverso sussurri discreti, condivisi solo con pochi eletti, mantenendo vive pratiche e conoscenze cariche di simbolismo.
Tra i tesori più suggestivi dell’Ogliastra emerge la medicina popolare, una disciplina antica che intreccia sapienza empirica e credenze spirituali. Fino alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, questa pratica ha rivestito un ruolo centrale nella vita quotidiana, non solo per la naturale difficoltà di accesso a cure moderne dovuta all’isolamento geografico, ma anche per un forte legame culturale con la terra e i suoi doni. Le erbe officinali, le radici, le resine e perfino alcuni rituali arcani venivano utilizzati per trattare malattie fisiche e disturbi dell’anima, mescolando intuizioni naturali con tradizioni tramandate da generazione a generazione.
Gli uomini e le donne di questa terra selvaggia, spesso definiti “guaritori” o “conoscitori”, erano figure rispettate e, al tempo stesso, circondate da un’aura di mistero. Queste persone non erano semplicemente curatori, ma anche custodi di una conoscenza antica, fatta di ricette segrete, preghiere mormorate e rituali carichi di spiritualità. La loro saggezza nasceva dall’osservazione attenta della natura e da un rapporto intimo con il territorio, un legame che oggi è difficile immaginare, ma che per secoli è stato alla base della vita e della sopravvivenza di intere comunità.
Oltre al valore pratico, la medicina popolare dell’Ogliastra rappresenta un ponte tra il mondo visibile e quello invisibile, una dimensione dove scienza e magia si mescolavano armoniosamente, offrendo non solo rimedi per il corpo, ma anche sollievo per l’anima. Questo patrimonio immateriale, carico di suggestioni e storie, continua a esercitare un fascino senza tempo, rivelando una Sardegna che non è solo bellezza paesaggistica, ma anche profondità culturale e spirituale.
Impacchi, sciroppi, tisane ma anche particolari fatture contro il malocchio o le malelingue, venivano prima utilizzati come cure laddove la medicina tradizionale ancora non era arrivata. Degli esempi? Sfregare l’aglio con dell’olio d’oliva sulla pianta dei piedi, secondo antiche tradizioni, aiuta a far passare la febbre.
Il timo invece era utilizzato come cura non solo contro la tosse e il mal di gola – in particolare se secco – ma anche come rimedio per malattie intestinali: dalle foglie bollite si ottiene infatti un decotto amaro, utile a regolarne i disturbi. Gargarismi di vino bollito con menta venivano impiegati invece per combattere il mal di denti, mentre come depurante dell’organismo era utilizzata la cicoria. Dagli antichi racconti si scopre per di più che il liquido di quest’ultima erba, ottenuto attraverso una lenta bollitura, facesse abortire.
Raffreddore? Un decotto dai fiori del sambuco, molto diffuso in Ogliastra, secondo la tradizione aiuta a ridurne i sintomi, in particolar modo se raccolti durante il periodo di Pasqua e San Giovanni. Aggiungendo poi al decotto anche le foglie del sambuco, sarebbe inoltre possibile ottenere un valido rimedio contro la bronchite.
L’antica medicina popolare, attraverso il sapiente utilizzo dei frutti della natura, era anche in grado di porre rimedio contro “is frastimmusu” (ovvero le maledizioni) o il malocchio. Si narra che le foglie lunghe dell’asfodelo (pianta della famiglia delle Liliaceae, facile da trovare in particolare nelle zone d’Ogliastra vicine al mare) fossero utilizzate dalle fattucchiere per confezionare le bamboline da portare sempre con sé contro il malocchio.
Abbinare poi alla recitazione dei “brebus” (formule contro il malocchio) o di preghiere quali il Padre Nostro, l’Ave Maria e il Credo, l’utilizzo di ingredienti, da portarsi dietro in candide sacchette di tessuto bianco, quali grano, sale, orzo, riso, pietra, corno (di muflone, cervo o bue), o ancora occhi di Santa Lucia, sarebbe invece una pratica utile sempre contro il malocchio o le maledizioni. Nel caso in cui il malato presentava sintomi tali da non lasciare speranza di vita, ai familiari spettava il compito di porre fine all’agonia del proprio caro, chiedendo l’intervento di quella misteriosa figura incaricata di procurare la dolce, immediata, fatale morte: la femmina “accabbadora”, letteralmente “colei che finiva”. Ma questa è tutta un’altra storia.
Nonostante la medicina tradizionale abbia ormai soppiantato da tempo quella popolare, molti di questi aspetti “magici” dell’antica tradizione ogliastrina e sarda in generale, non sono andati persi. Da un recente studio risulta che nell’isola, oltre mille guaritori tradizionali siano ancora in attività, e che le persone che ancora oggi fanno ricorso a questo differente sistema di cura siano oltre centomila.

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