Folla a Roma ai funerali di Michela Murgia nella Chiesa degli Artisti

In chiesa non c'erano fiori, per volere della scrittrice, solo una composizione vicino alla bara scelta da lei, con fiori di carciofo, limoni, peperoncino e mirto.
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Centinaia di persone, a Roma, per rendere omaggio e dare l’ultimo saluto a Michela Murgia, la nota scrittrice di Cabras scomparsa giovedì sera a 51 anni a causa di un carcinoma renale.
Nella Chiesa degli Artisti in Piazza del Popolo don Walter Insero, professore associato alla Pontificia università gregoriana e Cappellano presso la Rai dal 2004, ha celebrato la funzione, tra la commozione generale.
Quando è arrivato il feretro, fuori dall’edificio ci sono stati più di cinque minuti di applausi.
Dopo il funerale, alcuni amici di Michela Murgia hanno preso la parola per ricordarla, tra i quali Roberto Saviano, Lella Costa, Chiara Valerio. Presenti anche i membri della sua famiglia queer.
In chiesa non c’erano fiori, per volere della scrittrice, solo una composizione vicino alla bara scelta da lei, con fiori di carciofo, limoni, peperoncino e mirto. A chiudere la funzione, l’emozionante “No potho reposare”.
Fuori, in piazza del Popolo, in centinaia, al passaggio del feretro, hanno cantato “Bella ciao”, sventolando striscioni, cartelli e i libri della scrittrice.
Michela Murgia ha scritto fino all’ultimo: a breve uscirà postumo un suo libro sulla genitorialità.
Alla scoperta del nuraghe Serbissi, uno dei più belli d’Ogliastra

Viaggio nel tempo in Ogliastra: alla scoperta del nuraghe Serbissi, il gigante di pietra sul tacco di Osini.
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Alla scoperta del nuraghe Serbissi, uno dei più belli d’Ogliastra.
Viaggio nel tempo in Ogliastra: alla scoperta del nuraghe Serbissi, il gigante di pietra sul tacco di Osini.
Nel cuore dell’Ogliastra, nella Sardegna centro-orientale, si cela uno dei monumenti più affascinanti e meglio conservati della civiltà nuragica: il nuraghe Serbissi. Situato in cima a uno dei suggestivi ‘tacchi’ ogliastrini, questo complesso archeologico offre un’esperienza che fonde storia millenaria e bellezza naturale in un connubio perfetto, trasportando il visitatore in un viaggio nel tempo tra gole, dirupi e falesie coperte di macchia mediterranea.

Nuraghe Serbissi
Il percorso verso il nuraghe Serbissi è già un’avventura. Si passa per la suggestiva Scala di San Giorgio, una gola angusta e affascinante, un monumento naturale che la leggenda vuole sia stato aperto da San Giorgio vescovo con una preghiera. Dopo aver attraversato questo varco tra pareti calcaree e dolomitiche, si arriva in cima al Taccu di Osini, un altopiano a quasi mille metri d’altezza, che domina il paese sottostante, distante circa otto chilometri. Qui, a circa mille metri d’altitudine, dopo un breve tratto a piedi, si erge il nuraghe Serbissi, un raro esempio di complesso nuragico ad alta quota, abitato tra il Bronzo antico e recente (XVII-X secolo a.C.).
Le architetture del nuraghe, in ottimo stato di conservazione, si appoggiano a una panoramica rocca calcarea dalle ripide pareti, adattandosi con una tecnica insolita a terrazzamenti. Visto da lontano, colpisce la sagoma slanciata del mastio centrale, realizzato con filari regolari di blocchi e alto, oggi, più di sei metri. Da vicino, la tessitura curata della muratura suscita grande curiosità. La camera al piano terra è integra e presenta una splendida copertura a tholos, o falsa cupola, mentre quella superiore, a pianta ovale, è pavimentata a lastre di pietra. Il mastio è collegato ad altre tre torri da una cinta muraria. Anche in queste torri si trovano ambienti intatti: la torre nord-est presenta una camera inferiore a tholos e una stanza superiore con un focolare, mentre nella torre a ovest si trova una camera con sei feritoie. Gli ingressi delle torri si affacciano su un cortile-corridoio pavimentato a selciato, un dettaglio che testimonia la cura nella costruzione.
Attorno al nuraghe, si possono ancora riconoscere otto capanne di forma circolare, costruite in pietra e argilla e pavimentate con ciottoli. Qui, il visitatore può soffermarsi a immaginare la vita quotidiana e i misteriosi riti dei popoli nuragici. A fianco del complesso si trova una grotta carsica con due ingressi, che si pensa fosse utilizzata come magazzino per le derrate alimentari. Nella vicina piana di Troculu, il tour archeologico prosegue con la visita a due tombe dei giganti, una a filari con stele centinata, e ai nuraghi monotorre di Sanu e Orruttu, che forse un tempo erano inclusi in un villaggio più grande. Oltre al suo valore storico e archeologico, il Taccu di Osini offre uno splendore naturale mozzafiato, e una visita non può dirsi completa senza una tappa a “Osini storica”, il paese fantasma abbandonato dopo l’alluvione del 1951 e rifondato un chilometro più a nord, un luogo che aggiunge un’ulteriore, toccante, sfumatura a questo viaggio nel tempo.

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