La ferula, contiene un inibitore della vitamina K responsabile della coagulazione, quindi se ingerita provocherebbe forti emorragie. Il bestiame però istintivamente ne conosce la pericolosità e non lo mangia. Il problema si pone quando pascoli e prati con ferula vengono sfalciati insieme al fieno per fare scorta di mangime, in questo modo il bestiame non è più in grado di distinguerlo e lo ingerisce, con conseguenze in alcuni casi mortali.

Negli anni ’60 i pastori sardi vista la vastissima diffusione della ferula, chiesero alla Regione interventi per eradicare questa pianta infestante. La Regione allora decise senza studi preliminari, senza nemmeno un censimento che accertasse il numero effettivo di capi morti a causa di quello che veniva chiamato “Mal della ferula”, una campagna di eradicazione della pianta. Si procedette tramite l’uso di diserbanti chimici come Picloram e Tordon che non solo inquinarono terreni e falde acquifere, ma dal momento che venivano irrorati prima della fioritura, devitalizzavano la parte aerea e le radici che rimanendo nel terreno lo inquinavano anche con materiale marcescente.

Oltre il danno anche la beffa, infatti la campagna di eradicazione risultò fallimentare, perché la ferula, fortunatamente continuò a proliferare indisturbata. Fulco Pratesi presidente del WWF, criticò aspramente tutta l’operazione, perché in realtà l’unica specie di ferula veramente tossica è quella che si trova sull’isola dell’Asinara. Questa pianta come tutta la flora spontanea ad endemica ha una sua funzione ben precisa nell’ecosistema ed eradicarla avrebbe provocato uno squilibrio. La ferula per esempio è l’unica pianta di cui si ciba il Papilio hospiton, una farfalla che allo stadio di bruco senza questa pianta si estinguerebbe. Inoltre la ferula, che produce un lattice tossico per alcuni predatori, consente ad altri insetti di depositare al sicuro le proprie uova.

La tossicità di questa pianta attiva solo in alcune sue parti, varia da zona a zona, e anche in base alla stagione e a quanto ha piovuto. Comunque il suo gambo è commestibile cotto, infatti in tempo di guerra veniva cotto sotterrato sotto la brace e la sua polpa veniva mangiata. I suoi gambi resistenti ma leggeri, una volta essiccati venivano e vengono tuttora utilizzati per la realizzazione di piccoli mobili e soprammobili scolpiti. Inoltre la ferula è carissima ai cercatori di funghi infatti intorno alle sue radici cresce il pregiato pleurotus, il nostro “Cardulinu”.

Venerdì scorso il Teatro San Francesco ha ospitato la serata conclusiva del Festival Venerdì Letterario, ponendo il sigillo finale a un percorso culturale che, a partire dal mese di maggio, ha animato la comunità con un fitto calendario di incontri dedicati alla promozione della lettura e del dialogo.

Protagonista dell’ultimo appuntamento è stato lo scrittore Piergiorgio Pulixi, in dialogo con Giuditta Sireus, a conclusione di una rassegna articolata e inclusiva, capace di coinvolgere pubblici diversi e di rivolgersi a tutte le fasce d’età. Un confronto che ha confermato il valore della letteratura come strumento di riflessione, confronto e partecipazione attiva.

Il festival si è sviluppato come un’esperienza itinerante, valorizzando luoghi e spazi della città e rafforzando il legame tra cultura e territorio. Un progetto costruito con attenzione e continuità, che ha trasformato la letteratura in uno spazio aperto e accessibile, favorendo l’incontro tra autori, lettori e comunità.

Un ringraziamento va a tutte le realtà che hanno contribuito alla riuscita dell’iniziativa: il Club Jane Austen, la Biblioteca Comunale di Tortolì e le ragazze del Servizio Civile impegnate presso la biblioteca, per il prezioso lavoro svolto e per l’impegno profuso nel corso dell’intera rassegna.

Il Festival Venerdì Letterario si chiude così come un’esperienza culturale significativa e condivisa, capace di promuovere la lettura come occasione di crescita collettiva, rafforzando il senso di comunità e il valore della cultura come bene comune.