Leggende ogliastrine. La storia di Donna Maria Merriola di Urzulei e del suo fantasma
La storia di Donna Maria Merriola di Urzulei e di come fu punita per la sua intollerabile cattiveria.
Un tempo ad Urzulei ci fu una grande carestia. I contadini, poiché da anni non pioveva, non trovavano neppure erbe da mangiare. Si nutrivano con alcune radici ed un pezzetto di pane e di ghiande. La situazione divenne più triste quando anche le ghiande cominciarono a scarseggiare. I pastori se la cavarono un po’ meglio perché ogni tanto uccidevano qualche pecora e potevano cibarsi delle sue carni, ma neppure per loro la sostituzione era buona. Le pecore trovavano assai poco da brucare ed erano divenute pelle e ossa come pure gli uomini.
I bambini cominciarono a morire come le mosche, perché le pecore non davano più latte e non si sapeva come nutrirli. Solo Donna Maria Merriola aveva di che sfamarsi, il suo ovile era sull’altopiano ove un po d’erba ancora trovava e le sue pecore custodite da un ragazzetto che faceva il servo pastore, erano così numerose che, nonostante il pascolo gramo, si riusciva ad avere un po’ di latte. Perché il servo non ne bevesse più del necessario per sopravvivere, donna Maria Merriola si recava assai spesso all’ovile. Prima di tornare in paese, caricava la sua bisaccia con due recipienti, uno pieno di latte da vendere e l’altro vuoto. Le mamme attendevano ansiose il suo arrivo e, con una ciotola in mano, si accalcavano sulla porta della sua casa. Il latte era l’unico alimento col quale speravano di salvare i bimbi. Donna Merriola lo barattava a caro prezzo. Quando la mattina giungeva al suo ovile consegnava alcuni pezzi di pane di ghiande al suo servo, poi contava le pecore, infine si accingeva a preparare il formaggio. Dopo la mungitura riempiva un recipiente di latte e ripartiva.
Il servo si domandava come mai la donna giungesse ogni volta con due bidoni se il latte che portava in paese poteva essere contenuto in uno soltanto. Poiché la scena si ripeteva ogni giorno eguale, il ragazzo si insospettì e seguì a debita distanza la padrona. Vide che questa anziché proseguire diritta per il sentiero che portava a Urzulei si era fermata ad Othaddala dove c’era una pozza d’acqua molto profonda, che tutti ritenevano senza fondo. Nascosto dietro un cespuglio poté osservare la donna che divideva il latte in due recipienti poi con un secchiello prendeva l’acqua della pozza l’aggiungeva al latte finché i recipienti erano colmi. Terminata l’operazione la donna caricò sul gracile somara la bisaccia che era divenuta molto più pensate e riprese la via del paese.
Il servo torno verso l’ovile senza farsi notare, da quando era bambino aveva sempre sentito dire che il peggiore delitto che una persona potesse fare era quello di misturare il latte con l’acqua. Tutto si può perdonare ad un cristiano, anche un delitto fatto in un momento di furore, ma nulla può scusare la mistura dell’acqua col latte, unico alimento di sopravvivenza per neonati. Quel tipo di delitto supera tutti gli altri perché procura morte a ragion veduta e perché mette in mostra quanto sia grande la malvagità e l’egoismo di certi individui . Da quanto tempo donna Merriola faceva quel lavoro? Il servo non avrebbe saputo dirlo. Le notizie che ogni tanto gli portavano i pastori che tornavano dal paese non erano buone. Tutti dicevano che i bambini morivano come mosche a causa della denutrizione, e a questo contribuiva la sua padrona!
Il servo andò a trovare un vecchio pastore che aveva l’ovile non molto distante dalla gola di Gorropu. Trovò il vecchio assai dimagrito. Gli occhi erano infossati e cerchiati da scure occhiaie e le guance scarne erano nascoste dalla barba bianca che lunga e incolta gli cadeva sul petto. Pareva un patriarca e tutti gli portavano rispetto e obbedienza. Spesso i pastori gli chiedevano consiglio perché era considerato l’uomo più saggio del paese. Il servo raccontò al vecchio ciò che aveva visto fare alla sua padrona, questo ascoltò attentamente senza lasciare trasparire nessuna emozione. Solo la ruga che aveva tra le due sopracciglia sembrava ora più profonda, come se una lama invisibile premesse con forza contro l’osso della fronte. Non disse nulla al ragazzo, forse perché lo riteneva troppo giovane, ma quando questo se ne fu andato mandò a chiamare a raccolta i pastori della zona.
L’indomani quando donna Maria Merriola giunse alla pozza per aggiungere l’acqua al latte, si accorse di essere circondata da una decina di pastori. Invano cerò clemenza negli sguardi severi e accusatori dei pastori. “No…no” balbettò, intuendo le loro intenzioni. Tentò d’indietreggiare, lasciando cadere a terra il secchiello ma dieci mani l’afferrarono, la legarono saldamente, incuranti delle sue grida la gettarono dentro il pozzo.
Se tu passi da quelle parti vedi ancora oggi il suo fantasma: sta lì presso la pozza d’acqua china con un secchio e un misurino in mano e misura l’acqua, giorno e notte, versandola in due recipienti diversi. Fa questo lavoro da secoli e se le domandi perchè lo fa ti racconta la sua storia.
In su pesu e in sa misura
tristu e misera a hie ùrada!*
Tratto da “Leggende e racconti popolari della Sardegna” di Dolores Turchi
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