Lo sapevate? Un tempo a Castiadas c’era uno dei carceri agricoli più grandi d’Italia
Il carcere era dotato di una falegnameria, un’officina meccanica, una farmacia, una stazione postale, una officina dei fabbri e una stazione telefonica. Intorno, ettari di coltivazioni
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La storia del carcere di Castiadas ebbe inizio, per volere di Eugenio Cicognani, nel 1875 in un periodo dell’anno che somigliava all’inferno. Ma i condannati ai lavori forzati, in fila con i loro carcerieri, sbarcarono lo stesso sulla spiaggia di Cala Sinzias. La loro fatica sarebbe stata enorme: doveva sorgere il carcere agricolo più grande della Sardegna e dell’intera Italia e non c’era tempo da perdere.
Mano a mano che il tempo passava, altri detenuti furono trasferiti a Castiadas per contribuire ai lavori. Il carcere era dotato di una falegnameria, un’officina meccanica, una farmacia, una stazione postale, una officina dei fabbri e una stazione telefonica. L’area intorno al carcere venne bonificata e avviata alla coltivazione di ogni sorta di colture agricole come cereali, legumi, frutta e verdura, servite non solo a sostentamento dei reclusi e del personale, ma anche a fini commerciali. Inoltre, il carcere di Castiadas divenne famoso per la produzione di carbone. Il compenso dei detenuti era determinato dal tipo di lavoro svolto.
Il carcere resistette fino al 1952, ma non fu certo un posto lieto: molte persone decisero di porre fine alla loro vita piuttosto che sopportare le dure condizioni del carcere.
Oggi, però, il vecchio carcere è stato recuperato e trasformato in una meta turistica, soprattutto in primavera quando la zona non è ancora presa d’assalto dai turisti e la temperatura è mite. Nel 2015, l’opera di recupero ha riguardato la casa del direttore, le scuderie e un’intera ala del carcere.
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Tragedia a Nuoro: sessantunenne muore dopo essere stato ustionato sul materasso in fiamme

L'uomo era stato trovato riverso su un materasso ormai avvolto dalle fiamme mentre tentava di raggiungere l’uscita della casa.
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Tragedia a Nuoro: sessantunenne muore dopo essere stato ustionato sul materasso in fiamme.
L’uomo era stato trovato riverso su un materasso ormai avvolto dalle fiamme mentre tentava di raggiungere l’uscita per abbandonare la casa saturata dal fumo, un ambiente in cui ogni via di fuga era diventata improvvisamente difficile da individuare.
Giovanni Antonio Ladu, 61 anni, è morto in ospedale dopo essere rimasto gravemente ustionato ieri in seguito a un incendio divampato nella sua abitazione, probabilmente originato da una stufetta elettrica posizionata troppo vicino al materasso, un dettaglio che ha reso ancora più drammatico l’episodio e chiarito da subito la rapidità con cui il fuoco si è propagato. L’allarme era scattato attorno alle 18 grazie ai vicini, che avevano notato il fumo uscire dall’appartamento e hanno immediatamente contattato i soccorsi, consapevoli che la situazione poteva peggiorare di minuto in minuto. Quando i vigili del fuoco sono entrati nell’abitazione del Trenino in via Martiri della Libertà si sono trovati davanti una scena di forte disagio, con locali in disordine, numerosi oggetti sparsi a terra e la stufetta ancora accesa adagiata vicino al materasso posto direttamente sul pavimento, un quadro che ha confermato l’origine accidentale dell’incendio e la totale vulnerabilità dell’ambiente domestico dell’uomo.
L’uomo, pur gravemente ferito, era ancora vigile all’arrivo dei soccorritori e presentava ustioni estese sul volto, sul torace e su gran parte del corpo, con gli abiti sciolti dalle fiamme, circostanza che aveva immediatamente fatto capire ai sanitari la gravità della situazione. Dopo le prime cure era stato trasportato d’urgenza al pronto soccorso di Nuoro e successivamente trasferito al Centro grandi ustionati di Sassari, dove era stato ricoverato in condizioni definite gravissime, mentre i medici tentavano ogni possibile intervento per stabilizzarlo. Nella notte la situazione è precipitata e il cuore di Giovanni Antonio Ladu ha smesso di battere, chiudendo una vicenda segnata da una concatenazione di fatalità che ha trasformato un’abitazione comune in un luogo di tragedia e lasciato la comunità con un profondo senso di tristezza.
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