Il vino dei Vangeli è il Cannonau ogliastrino? Alla scoperta delle coincidenze

In particolare, parliamo del Cannonau: potrebbe essere, secondo l’archeologa, connesso con la città di Cana, la città della porpora
«Non solo coincidenze, lancio una sfida: vorrei che si aprisse uno studio su tutte queste particolari connessioni.»
È così che Paola Locci, studiosa originaria di Bari Sardo ma a Roma per lavoro, inizia il discorso che mostra quante cose in comune ha la nostra Isola – e in particolare l’Ogliastra –, con altre civiltà antiche. Lei, che ha una seconda laurea in Simbologia nell’Arte, da anni studia i legami tra le comunità ebraiche e la Sardegna.
In particolare, parliamo per esempio del Cannonau: potrebbe essere, secondo l’archeologa, connesso con la città di Cana, ovvero la città della porpora. Porporino… proprio come il nostro celebre vino. Ma non solo: Arzana in ebraico vuol dire terra d’Israel, quindi terra del popolo di Dio. E come sosteneva lo zio dell’archeologa, dottor Cocco, Gairo significava “coloro che dovevano essere convertiti” e Jerzu “terra nostra”.
«Parlando, anni fa, con il viceambasciatore d’Israel e mostrando i dati che avevo raccolto negli anni lui mi rispose che non avevo di certo tutti i torti, che una connessione c’era.»
La proposta di Locci è studiare, con uno scavo di archeologia subacquea, le ceramiche che si trovano nell’antico porto di Solki, oggi Stagno di Tortolì, per stabilire i rapporti commerciali con le terre del Mediterraneo prima della conquista dell’Isola da parte degli spagnoli. L’Isola dell’epoca era viva, aveva scambi di ogni genere. Scavare in quelle che sembrano più che coincidenze: ecco la sua speranza.
«Fu il professor Lilliu, archeologo e paleontologo, a parlare del fatto che una delle dodici tribù d’Israel approdò proprio nelle nostre coste. Disse anche che si sarebbero fatte delle scoperte eclatanti, se si fosse percorsa quella strada. Nella Torah, inoltre, si legge che una tribù aveva un nome che ricordava la nostra Isola e che si perse per mare: niente di strano che, appunto, fosse arrivata ai nostri confini. Bisogna anche dire che, quando si imbarcavano, portavano per mare innesti, piante, animali, così da poter portare un po’ della loro civiltà nei luoghi dove sarebbero approdati. Come venivano uccisi poi gli agnelli in Sardegna? In modo kosher… altra “coincidenza”.»
Del resto, prima si pensava che il cannonau fosse un innesto tra un’uva autoctona e un alicante, ma da una pressa nuragica fu chiaro che quello che è il nostro rosso d’eccellenza era molto, moltissimo più antico di quel che si credeva.
E non solo: la Locci vorrebbe aprire uno studio sulla chiesa di Sant’Aronau, ogliastrina e dedicata al fratello di Mosè.
«Il nostro cannonau nasce coevo ai nuraghi ed è il più antico della Sardegna,» afferma l’imprenditrice Giulia Mura «anche nelle terre dell’azienda storica della famiglia Mura-Corda a Pelau (Jerzu) sono presenti i nuraghi. Un legame, questo, che rafforza l’unione tra Sardegna e Israel, con l’obiettivo – partendo dal nostro amato vino – di incentivare gli studi e di unire popoli di un’unica origine con un bel bicchiere di Cannonau e il buon cibo.»

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