La storia di Maria Giuseppa Papassa e de Su Sennoreddu nel racconto del dottor Tuligi

Dal dottor Augusto Tuligi, un racconto che odora di Sardegna, di credenze e di tradizione: la storia di Maria Giuseppa Papassa e de Su Sennoreddu
Dal dottor Augusto Tuligi, un racconto che odora di Sardegna, di credenze e di tradizione: la storia di Maria Giuseppa Papassa, così come viene raccontata da sempre nella sua famiglia.
«Il tutto si svolge in località Surrele, sopra l’abitato di Santa Maria Navarrese, dove la famiglia aveva da tempo “s’ortu de us casiddus”.
La ragazza, adolescente, scendeva spesso da Baunei per controllare gli alveari e per raccogliere legna nel territorio comunale.
Siamo nel 18° secolo e i terreni di Santa Maria Navarrese furono suddivisi tra la popolazione di Baunei solo alla fine del 19° secolo (1889) con la “Lottizzazione di Ulbai”, quando ad ogni capofamiglia venne assegnato in proprietà un lotto di terreno della suddetta lottizzazione.
Un giorno, Maria Papassa si trovava nel terreno che poi diventerà “Su lotto de us Sennores” e, mentre controllava gli alveari ed eseguiva altre attività, sentì una voce che, da un grosso cespuglio di lentischio, che si trovava a circa un centinaio di metri oltre un piccolo avvallamento, la chiamava: “Maria Pab/pà beni, Maria Pab/pà beni a inongi”. Guardando bene, vide un giovanotto di bell’aspetto, ben vestito, con “unu paline” in mano. Egli manovrava “su paline” come quando si purgava il grano, lanciando il contenuto in aria e riprendendolo. Questo giovanotto la chiamò parecchie volte, ma essa, impaurita, si allontanò.
La storia si ripeté ancora per alcune volte e sempre essa si allontanò.
Preoccupata, si confidò con la madre che le disse che quel giovanotto, che Maria Papassa chiamava “Su Sennoreddu”, era sicuramente il demonio e, dopo essersi rivolte ad un sacerdote, quest’ultimo le consegnò un rosario benedetto consigliandole la volta successiva di seguire l’invito e, appena arrivata vicino, di buttare il rosario dentro il paline o addosso a “Su Sennoreddu”.
Dopo qualche tempo, scese di nuovo a Surrele e udì ancora il richiamo. Al “Beni a inongi”, rispose “Cheia, ca soe enindo”, e attraversato l’avvallamento raggiunse il grosso cespuglio di lentischio.
Lì c’era il giovanotto, “Su Sennoreddu”, con il paline dove risplendevano parecchie monete d’oro.
Ella, avvicinandosi quanto bastava, buttò con forza il rosario dentro il paline. A quel gesto il giovanotto sparì in una folata di fumo. Sparito lui, restò per terra il paline con le monete.
Maria Papassa raccolse tutto e, consigliatasi con la famiglia, decise di usare quelle monete per erigere una pila (picca) per l’acqua santa nella chiesa di Santa Maria Navarrese, dove è ancora presente con la scritta, sulla base, “Maria Giuseppa Papassa”.
La vicenda non restò segreta perché la storia de “Su Sennoreddu” ha portato alla famiglia di mia nonna paterna (Canu) il soprannome di “Sennores”.
In famiglia è sempre girata anche una storia parallela, in cui si ritiene che Maria Papassa abbia ceduto alle insistenze de “Su Sennoreddu” e che, ricompensata, abbia giustificato in quel modo la provenienza del denaro. Ad ogni modo esiste ancora il cespuglio di lentischio, il terreno intorno ad esso è stato sempre considerato in modo particolare: non veniva coltivato, anche perché quando si è provato a farlo le piante non nascevano o se nascevano deperivano rapidamente, gli animali non venivano portati a pascolare e nessuno si attardava, specie ad ore tarde, nei suoi pressi. L’ultima volta che ho avuto occasione di rivedere il luogo, qualche mese fa, tutto era come sempre.»

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