Accadde oggi. 26 gennaio 2020: tre anni fa morivano Kobe Bryant e la figlia Gianna

Kobe adorava il Bel Paese al punto da dare alle sue quattro figlie tutti nomi italiani o di ispirazione italiana. In Italia aveva passato la sua infanzia, dai 6 ai 13 anni spostandosi nelle varie città dei club per i quali giocava il padre Joe. Da Rieti a Reggio Calabria, da Pistoia a Reggio Emilia.
Tre anni fa, il 26 gennaio del 2020, la morte di Kobe Bryant e della figlia Gianna: l’ex fuoriclasse dei Lakers aveva 41 anni, Gianna solo 13.
Nell’incidente morirono altre sei persone. Il gruppo era a bordo di un elicottero che avrebbe dovuto portali ad una partita di basket nell’area metropolitana di Los Angeles. Kobe usava spesso un elicottero per spostarsi per evitare il traffico. Invece lo schianto dovuto probabilmente alla scarsa visibilità. Un anno fa scompariva non solo una stella del basket, considerato tra i miglior giocatori della storia dell’NBA (5 titoli vinti con i Lakers, più due ori olimpici con la nazionale Usa), ma anche un personaggio amato in tutto il mondo per la sua generosità e il suo attivismo. Fu ad esempio in prima linea contro la polizia violenta nei confronti degli afro-americani nonché fermo sostenitore dello sport giovanile come strumento di emancipazione. Non solo un cestista quindi ma anche un punto fermo per intere comunità di emarginati. E’ stato inoltre premio Oscar nel 2018 con il regista e animatore Glen Keane nella categoria miglior cortometraggio d’animazione per ‘Dear Basketball’, da lui sceneggiato ispirandosi alla sua lettera di addio al basket.
E poi c’era la sua storia d’amore con l’Italia. Kobe adorava il Bel Paese al punto da dare alle sue quattro figlie tutti nomi italiani o di ispirazione italiana. In Italia aveva passato la sua infanzia, dai 6 ai 13 anni spostandosi nelle varie città dei club per i quali giocava il padre Joe. Da Rieti a Reggio Calabria, da Pistoia a Reggio Emilia.
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Accadde oggi. Il 26 marzo 2008 a Gavoi il terribile femminicidio di Dina Dore

Inizialmente si pensò ad un sequestro, ma poi venne ritrovato il corpo della donna e pian piano venne a galla un'atroce verità
Dieci anni fa, il 26 marzo 2008, Dina Dore, casalinga di Gavoi, veniva assassinata e il corpo nascosto nel bagagliaio della sua Fiat Punto, mentre la figlia di soli 8 mesi dormiva nel seggiolino dell’auto. Un femminicidio che ha lasciato il segno in Sardegna perché a commetterlo fu un giovane del paese, pagato dal marito di Dina, il dentista Francesco Rocca. L’uomo, condannato all’ergastolo, aveva infatti commissionato l’omicidio all’allora minorenne Pierpaolo Contu che oggi sta scontando una pena a 16 anni di carcere.
L’omicidio e il ritrovamento del cadavere
Inizialmente si pensò ad un sequestro, poi il ritrovamento del cadavere della donna cancellò ogni speranza e fece sprofondare l’intero paese in un lutto che continua ancora oggi. Pur dopo la chiusura del processo al marito e la conferma della condanna in appello, la vicenda di Dina Dore non è mai stata dimenticata ed è oggi il simbolo del femminicidio in Sardegna. Lo scorso 8 marzo, la Giunta regionale le ha dedicato la sala riunioni della Commissione pari opportunità in Consiglio regionale.
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