Un grido di dolore, rabbia e verità. Così si può descrivere il lungo messaggio che Simona Campus, madre di Marco Mameli, il ragazzo di 22 anni brutalmente ucciso a coltellate lo scorso 1° marzo durante i festeggiamenti di Carnevale a Bari Sardo, ha affidato ai social.
Un omicidio ancora senza colpevoli, che ha lasciato una ferita profonda non solo nella famiglia della giovane vittima, ma in un’intera comunità, segnata dal silenzio di chi quella notte era presente.
Secondo i risultati dell’autopsia, il giovane operaio è stato raggiunto da almeno due fendenti, uno dei quali in pieno petto, mentre si trovava in un vicolo del centro del paese, affollato per la festa. A distanza di giorni, le indagini proseguono per rintracciare il responsabile.
«Si può togliere la vita a un ragazzo di 22 anni e sparire nel buio? – scrive Simona – Mio figlio Marco è stato ucciso in mezzo a decine di persone. Erano presenti ragazzi, adulti, anche genitori, come me… Tutti hanno taciuto la verità. Alcuni hanno mentito. Qualcuno ha persino negato di essere lì».
Parole dure, che chiamano in causa non soltanto l’assassino, ma anche chi ha assistito senza parlare. Per la madre, quel silenzio è una seconda condanna: «Chi ha colpito non è stato l’unico assassino quella notte, lo è anche chi ha visto e taciuto. Non smetterò di pensarlo. Vergognatevi!».
La donna non concede attenuanti: nessuna paura, nessun rispetto malinteso, nessun dolore può giustificare il silenzio. «Dal momento in cui avete scelto di tacere siete tutti parte di quel crimine – accusa – Avete preferito stare dalla parte sbagliata. Non c’è nessuna giustificazione né perdono per questo».
Poi un pensiero tagliente, rivolto a chi conosce la verità ma sceglie di non rivelarla: «Spero che il nome di Marco vi perseguiti sempre, che lo sentiate nel sonno, che vi tormenti, che vi consumi l’anima. Ogni giorno che tacete siete sempre più simili a chi gli ha tolto la vita».
Il post si conclude con un richiamo alla giustizia: «Mio figlio non è morto da solo. È morto circondato da “gente” che lo ha lasciato morire e ad oggi continua a farlo. A tutti voi, nessuno escluso, dico: siete complici, codardi, vigliacchi, colpevoli. La giustizia arriverà comunque, perché in uno Stato di diritto è inaccettabile che si possa togliere la vita a un ragazzo di 22 anni e rimanere impuniti».
Le parole di Simona Campus sono il simbolo di una ferita che non si rimargina, di una comunità che porta sulle spalle un peso insopportabile e di una famiglia che chiede solo una cosa: verità e giustizia per Marco.
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