Lo sapevate? L’emiro Museto murò vivi gli schiavi sardi nelle fortificazioni

L'Emiro musulmano per erigere le sue fortificazioni in Sardegna si avvalse del lavoro degli schiavi locali, che fece murare vivi dentro alle mura ( con le braccia in croce) per dimostrare che quelle costruzioni erano impastate con le ossa di quei "cani di infedeli".
La nostra Isola è purtroppo nota anche per un susseguirsi incessante di scorrerie da parte dei saraceni, specialmente tra l’VIII e il XIX secolo, come dimostra del resto la presenza delle numerose torri di avvistamento costiere lungo tutto il perimetro della Sardegna.
Ma una fase di queste scorrerie saracena è stata caratterizzata da una vera e propria volontà di conquista del territorio. L’emiro di Denia Mugaid-ibn-Abdallah-al-Amiri, italianizzato in Museto, aveva, infatti, come obiettivo quello di conquistare tutto il Mediterraneo. Nel 1015 piombò con una flotta agguerrita su Cagliari e con 2000 soldati e 1000 cavalli vinse sulla popolazione locale. Da lì risalì conquistando una buona fetta della Sardegna meridionale e ponendo il suo “quartier generale” nell’attuale comune di San Gregorio ( Sinnai).
A Denia però sorsero dei problemi che richiedevano la presenza di Museto e quindi lui fu costretto ad allontanarsi dalla Sardegna, nella quale stava violentemente penetrando con i suoi uomini. Il Papato e le Repubbliche Marinare iniziarono a guardare con apprensione a Museto e alla sua idea di “islamizzare” il Mediterraneo. Così, quando l’Emiro tornò in Sardegna ebbe un’amara sorpresa: i soldati lasciati a presidio erano stati uccisi e lo stavano aspettando le forze armate di Genova e Pisa, alleati in quel momento dei giudici sardi. Museto fu così costretto a fuggire.
A proposito dell’antipatia che corse tra il Papa e Museto, i cronisti pisani, come riporta Alberto Caocci nel suo libro “La Sardegna” edito da Mursia, raccontano che l’Emiro per erigere le sue fortificazioni in Sardegna si avvalse del lavoro degli schiavi locali, che fece murare vivi dentro quelle mura ( con le braccia in croce) per dimostrare che quelle costruzioni erano impastate con le ossa di quei “cani di infedeli”. Quindi mandò dal Papa un ambasciatore con un grande sacco di castagne. Il messaggio era chiaro: stavano arrivando tanti guerrieri mori quante le castagne.
Benedetto VIII, il Pontefice di allora, non si scompose minimamente e gli fece recapitare un sacco pieno zeppo di chicchi di miglio: in caso di attacco, i guerrieri cristiani sarebbero stati ben più numerosi…

© RIPRODUZIONE RISERVATA