Sa “Palpaeccia”, la vecchia che puniva i bambini che non mangiavano durante la vigilia di Natale

La cena della Vigilia era in passato un evento ricordato per l’enorme mole di cibo presente. C’era però una regola: bisognava consumare tutto ciò che era stato cucinato. Anche i bambini venivano costretti a mangiare il più possibile. Se non lo facevano incombeva su di loro la temutissima minaccia de "Sa Palpaeccia", un'orrenda strega capace di infliggere delle punizioni da incubo
La cena della Vigilia di Natale è epica, abbondante, ricca. C’è chi si mette a dieta prima, privandosi di qualsivoglia caloria per poter mangiare a sazietà durante il pasto più atteso dell’anno, e chi invece deve sopravvivere con insalata e acqua per un mese dopo le feste perché, si sa, prendere è più facile che abbandonare, in questi casi.
Anche in passato, la cena della Vigilia era un evento atteso e ricordato per l’enorme mole di cibo presente. La tradizione voleva un menù composto da gnocchi, agnello o capretto arrosto, frattaglie, salsicce e formaggi – ovviamente, il tutto a seconda delle possibilità di ogni famiglia –. Soprattutto, abbondavano i dolci.
C’era però una regola: bisognava consumare tutto ciò che era stato cucinato. Nulla di ciò che con tanta cura si era preparato doveva avanzare, l’obbligo imponeva che tutti mangiassero a sazietà.
Anche i bambini – non certo esonerati da quest’imposizione – venivano costretti a mangiare il più possibile.
Una vecchia con il naso adunco e il mento aguzzo – perché tutte le streghe cattive hanno il mento aguzzo e bitorzoluto e il naso lungo e spaventoso – la notte di Natale avrebbe potuto, sentendo il ventre non totalmente pieno, depositare una pietra grossa e dura all’interno di esso oppure infilzarlo con uno spiedo (secondo un’altra versione).
Questa vecchia e terribile megera era Sa Palpaeccia e i piccoli potevano avere scampo solo mangiando e riempiendo i loro stomaci.
Preda più succulenta, i bambini che pronunciavano le parole: «Questo non mi piace, questo mi fa schifo».

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