Convivere con la fibromialgia, la scrittrice Pietrina Oggianu: «Ci chiamano malati invisibili, ma la nostra sofferenza è tremenda»
«Ho passato un periodo di forte depressione, vedevo il mio corpo crollare giorno dopo giorno, non ero più in grado di fare nulla, dopo la diagnosi c'è stato un crollo psicologico, ero alla ricerca di me stessa, di quella donna forte che sono sempre stata, ma che dovevo imparare ad accettare diversa... cambiata. Non è stato facile.» Il racconto di Pietrina Oggianu su cosa voglia dire convivere con questa malattia così subdola
“Come si fa a spiegare agli increduli, coloro che ti stanno intorno, i colleghi, qualcosa che non vedi?”: questa frase si trova sulla descrizione dell’ultima fatica letteraria di Pietrina Oggianu, scrittrice e poetessa, “Avrei voluto urlare”.
Sì, perché lei, affetta da fibromialgia, è una delle tante malate “invisibili”, quelle che devono combattere con le unghie e con i denti per far comprendere un male che non si vede dall’esterno ma che mangia vivi, che distrugge, che deteriora.
«Non si può spiegare il dolore» spiega la scrittrice. «Il dolore per poterlo comprendere bisogna viverlo sulla propria pelle altrimenti per egoismo non lo si capisce, anzi, mi correggo, non lo si vuole capire perché è più semplice. Viviamo in una società che ha paura della sofferenza, e chi è affetto da fibromialgia, inevitabilmente è una persona che lamenta dolore, dato che la malattia stessa di per sé si chiama appunto “Sindrome da dolore cronico diffuso”.»
Convive h24 con il dolore, la Oggianu, sin dal 2016. Ha imparato a gestirlo, a controllarlo grazie alle terapie palliative. È una guerriera, la scrittrice, e non si vuole buttare giù, sebbene non ci sia una cura.
«Faccio 3, 5 docce bollenti al giorno per avere sollievo perché il calore mi dà un po’ di tregua, ma è davvero difficile spiegare come si vive in un corpo ferito che non sanguina e non presenta segni evidenti sulla pelle. Per questo la chiamano la malattia invisibile. Mi spiego meglio… in teoria siamo malati, in pratica non veniamo creduti. Scogli? praticamente li trovo tutti i giorni, per assurdo passo molto più tempo a dovermi giustificare su come faccio ad avere sempre un aspetto curato, un viso che appare bello, le unghie ben smaltate, le occhiaie da panda ben nascoste dal correttore e altre cose. Un aspetto insomma che mi ricorda di non darla vinta alla patologia e lottare per mantenere la mia dignità di donna, nonostante la malattia, nonostante io prenda la morfina mattina e sera per sopportare atroci dolori in tutto il corpo. Ma purtroppo viviamo in una società dove se sei malato il tuo sorriso dà fastidio, la tua forza dà fastidio, e se ti fai bella vuol dire che non sei malata ma che vuoi apparire, e la cosa triste è che a non capirti spesso sono proprio le persone a te più vicine.»
Non si piange addosso, anzi, va avanti sorridendo alla vita e alle sue opportunità, nonostante la frustrazione, il dolore fisico e la spossatezza. «Ho smesso di spiegare da tempo come ci si sente a essere fibromialgici. Oggi passo le giornate, quando riesco, ad aiutare chi invece non ha la forza di lottare, insegnando loro ad accettare se stessi per quello che sono e non a vivere per compiacere gli altri. Gli eventi della vita non ti chiedono permesso quando arrivano le malattie, quindi bisogna affrontarle con forza e coraggio, ecco!»
La fibromialgia annienta l’essere umano, lo devasta. Le cause? Non si conoscono, anche se stress o forti traumi – fisici e psicologici – la aiutano a mettere radici. «Viene chiamata anche “malattia dei 100 sintomi” perché oltre a colpire l’apparato muscolo scheletrico, in realtà comprende tutta la persona. La malattia si caratterizza principalmente in dolore cronico diffuso, i sintomi più frequenti sono stanchezza cronica, difficoltà della concentrazione, ansia, depressione, disturbi della sfera affettiva, emicrania, dolore facciale, rigidità muscolare, disturbi gastro-intestinali e dell’apparato riproduttore. Chi è fibromialgico non combatte solo col dolore fisico ma anche e soprattutto quello emotivo. È una malattia subdola che ti distrugge l’anima, vieni rapito dalla depressione che si alterna a periodi, e non sai mai quando arriva ma puntualmente arriva sempre costringendoti a letto anche per settimane. Vivi nel disordine più totale a causa della fibro-fog, una sorta di nebbia mentale che spesso ti fa dimenticare l’azione che stai compiendo, nel momento stesso che la stai compiendo. Dimentichi le persone, dimentichi gli appuntamenti presi, non riesci più a lavorare perdendo piano piano tutto ciò che hai costruito nel tempo. Ci sono periodi confusi, la notte diventa giorno perché non si dorme, e il giorno notte. La fibromialgia ti porta via tutto, diventa difficile perfino vivere un rapporto a due.»
Ma per quanto riguarda la stesura del suo ultimo libro, che parla appunto della fibromialgia e di cosa significhi conviverci – con annessi e connessi i problemi di spiegare agli altri –, tutto inizia nel 2019. «Non era in programma» spiega. «L’idea di raccontarmi come donna malata, e raccontare la fibromialgia, è nata con l’aggravarsi della mia patologia. Ho passato un periodo di forte depressione, vedevo il mio corpo crollare giorno dopo giorno, non ero più in grado di fare nulla, dopo la diagnosi c’è stato un crollo psicologico, ero alla ricerca di me stessa, di quella donna forte che sono sempre stata, ma che dovevo imparare ad accettare diversa… cambiata. Non è stato facile.»
Ma per fortuna, la comprensione arriva sempre per chi ha forza e coraggio, e anche la Oggianu ha imparato a volersi bene pur con dei limiti. «Ho imparato ad accettare le mie fragilità e ho pensato che i miei erano gli stessi sentimenti di tre milioni di persone che soffrono di fibromialgia: dovevo scrivere anche per loro. Il romanzo nasce dunque dal bisogno di sensibilizzare la società anche attraverso la mia storia, e come dico io, le parole sono come il fumo, se le porta via il vento, gli scritti invece… quelli no! Quelli restano impressi nel cuore di chi sa amare.»
Scrittrice, come abbiam detto, ma anche poetessa: la Oggianu ha raggiunto molti traguardi e totalizzato molti premi.
«La scrittura per me è tutto» racconta, animata da un grande entusiasmo. «È il mio mondo, la mia vita, praticamente scrivo da sempre da quando ero bambina. Poi da ragazza ho cominciato a scrivere poesie, ma ero molto gelosa, ricordo che nascondevo i quaderni dei miei scritti a tutti, anche ai miei migliori amici. Mai avrei immaginato un giorno di condividere i miei pensieri col mondo. Poi ho cominciato a vincere concorsi letterari sia con le poesie che con il mio primo libro d’esordio e… devo ammetterlo, diventare una scrittrice è sempre stato il mio sogno. Quando scrivo dimentico ogni dolore, è come se la mia anima viaggiasse all’infinito. Ho scritto tutto il libro col cellulare e dal letto, non sono più in grado di stare seduta al computer. Scrivo principalmente di notte, nelle mie lunghe notti rese insonni dai dolori, metto gli auricolari a palla, spesso piango ascoltando musica prevalentemente classica, allora, cellulare in mano e dal letto…scrivo, scrivo, scrivo. Le parole vanno da sole come impazzite e sto bene.»
“Sorride come se niente fosse e invece vorrebbe urlare”: anche questa un’altra frase del suo libro.
«Praticamente mi capita sempre, direi, tutti i giorni nel quotidiano, tipo quando sono al supermercato e le gambe non mi reggono più, allora chiedo se posso saltare la fila, ma capita spesso che non vengo creduta e allora sì! Vorrei urlare. Mi capita quando all’improvviso scoppio a piangere senza un perché davanti a una cassiera, quando le mani mi tremano, o il mio cervello va in caos e non ricordo il pin del bancomat. O quando la cassiera mi parla e per un attimo non capisco cosa dice perché mi si offusca tutto a causa della fibro fog. Allora piango, chiedo scusa dicendo loro che sono fibromialgica ma non sanno cosa sia e tutti mi guardano come fossi pazza. Ecco! Vorrei urlare tutte le volte che sento il pregiudizio su di me, tutte le volte che le stesse donne mi attaccano perché mi faccio bella, e vorrei urlare a ogni medico che con superficialità non mi ascolta ogni volta che gli parlo. Ma soprattutto vorrei urlare a me stessa ogni giorno quanto sono brava, che continuo ad essere profondamente innamorata dell’essere umano… nonostante mi abbia fatto tanto male.»
E per sensibilizzare le persone, l’unica strada risulta il parlarne, sempre e comunque. Ma non solo.
«Dare la possibilità a chi soffre di questa patologia, ancora in Italia non riconosciuta e inserita nei LEA, di avere più spazi per potersi raccontare. E proprio perché ancora non è riconosciuta dallo Stato, se ne dovrebbe parlare di più sia in tivù che in radio. Poi nei centri sociali, biblioteche, scuole, comuni, insomma ovunque. Invece spesso dobbiamo fare i conti con una politica ingiusta: quella che se non hai abbastanza notorietà non puoi parlare. Oppure ti scontri con una mentalità ignorante che divide i malati in malati in malati di serie A e di serie B, e questo non dovrebbe esistere. Ogni persona malata dovrebbe avere il giusto rispetto per la propria battaglia e il proprio dolore. Devo dire, comunque, che con grande tenacia, fortunatamente è stato fatto un grande lavoro di sensibilizzazione, e tanto se ne sta facendo anche da parte delle associazioni: a loro va il merito di una vera e propria guerra fredda per la lotta al riconoscimento della fibromialgia.»
“Avrei voluto urlare” ha avuto tantissimi consensi dalla critica, è stato apprezzato dai lettori che finalmente hanno potuto conoscere un mondo, quello della fibromialgia, particolare, doloroso.
«Innanzitutto sono felice di collaborare con una casa editrice molto apprezzata e seria come “Edizioni del faro”. Al giorno d’oggi, non è facile trovare persone che lavorano con professionalità e amore per il proprio lavoro. Ai miei editori va un ringraziamento speciale per aver creduto in me, e per avermi seguita in questa mia nuova avventura. Se penso che sono stata ferma per 7 anni dopo il mio esordio come scrittrice e dopo la malattia, l’essere tornata con questo grande riscontro in così poco tempo, mi ha regalato una grande gioia e soddisfazione. Vi spoilero un segreto… sto già scrivendo un nuovo romanzo… ma non ditelo a nessuno, mi raccomando.
E dove si trova la forza, la positività, nonostante tutto?, viene da chiedere alla Oggianu.
«Quando diventi orfana all’età di 20 anni e hai la consapevolezza che devi farcela da sola inevitabilmente diventi forte. Ma io ho un’arma in più, ho avuto il privilegio di poter scegliere di camminare con Geova Dio. Sono testimone di Geova, mi sono battezzata nel 2020, ma amo Geova da quando ero bambina grazie a mia madre. Allora succede che quando ci si riconosce figli di Dio, si impara anche a chiamarlo per nome, e la fede ci permette di affrontare qualsiasi prova la vita ci pone davanti. Per quanto difficile possa sembrare, se confidiamo in lui e nei principi biblici, attraverso le scritture tutti possiamo trarre forza. Delle volte ci sono giorni che sto davvero molto, molto male, giorni che per chi è fibromialgico sa cosa vuol dire avere dolori atroci anche dopo aver preso una terapia antidolorifica e non riuscire a gestirli. Allora prego Geova intensamente e gli chiedo di non abbandonarmi, di aiutarmi a essere forte, e lui lo fa, ogni volta raccoglie le mie lacrime e mi arriva tutto il suo amore. Ecco, questo mi dà la forza per sopportare ogni cosa, la certezza di essere figlia di un Dio di amore. A tutti coloro che stanno affrontando una malattia dico: “Non arrendetevi mai, perché la vita, con tutte le sue vicissitudini, vale sempre la pena di essere vissuta”.»
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