Ogliastrini nel mondo. Irene Pili da Santa Maria alla Spagna
Conosciamo meglio Irene e la sua storia.
Esiste un antico filo della memoria tra Santa Maria Navarrese e la Spagna.
Un legame che ha sempre avvertito dalla più tenera età Irene Pili, 25enne originaria della frazione di Baunei, da qualche anno trasferitasi nella penisola iberica.
Dopo aver conseguito il diploma nel 2015, grazie al programma ‘Au Pair World’, è partita in Spagna, in un piccolo paese sul mare vicino ad Almeria e qui fin da subito è stata accolta dalla famiglia ospitante come se fosse una di loro. «I due coniugi, sono sempre stati presenti e disponibili per ogni necessità che io avessi – spiega Irene – mi hanno dimostrato tanto affetto e per me è stato fondamentale in quanto durante i mesi trascorsi con loro è diventato concreto il progetto di iscrivermi all’Università in Spagna, e ho deciso quale facoltà scegliere».
Questo speciale rapporto umano oltre ad essere stato decisivo per il suo futuro ha creato un indissolubile legame con questo nucleo familiare spagnolo. «È un piacere poter tornare da loro e vedere i bambini crescere», rivela la giovane ogliastrina.
Nel settembre del 2016 si è trasferita a Granada per prepararsi ai test universitari e nell’ottobre del 2017 ha iniziato il suo percorso alla facoltà di Fisioterapia nell’Università Cattolica di Murcia, che l’ha portata a conseguire una brillante laurea nell’estate scorsa. Attualmente sta conseguendo un importante master in Neurologia.
Conosciamo meglio Irene e la sua storia.
Cosa ti ha portata ad andare all’estero?
La motivazione per partire in Spagna nasce da quando ero bambina e mi hanno regalato una bambola con il tipico vestito da flamenco. È stato un colpo di fulmine, sono rimasta affascinata da questo Paese e dalla loro lingua, tanto che spesso mi capitava di aprire la cartina geografica della penisola iberica e sognavo di andarci a vivere.
Alle scuole medie iniziavo a progettare lì il mio futuro, anche se ancora non sapevo come fare. La prima opportunità di entrare in contatto con questo Paese è stato grazie al gemellaggio ‘Comenius’ all’età do 16 anni. Ho chiesto insistentemente al professore di farmi partire in Spagna perché teoricamente la mia destinazione sarebbe stata la Francia. Per fortuna il docente accettò la mia richiesta, e ho trascorso dieci giorni a casa di una famiglia a Cordoba. Una volta rientrata da questa esperienza, ero impaziente di poter parlare alla perfezione lo spagnolo e farvi ritorno al più presto. Qualche anno dopo ho frequentato la quarta superiore in un liceo americano in Texas e mi sono sentita pronta per ripartire di nuovo all’estero.
Credo che la motivazione di prendere l’iniziativa di partire all’estero nasce dal modo in cui mia mamma mi ha cresciuta. Grazie alla lettura dei libri ha suscitato in me una forte la curiosità nell’apprendere nuove lingue e culture, stimolandomi nell’intraprendere esperienze lontana da casa. Mia madre mi ha sempre incoraggiata a mettermi alla prova in situazioni fuori dalla zona di confort, in cui ti manca l’elemento principale per socializzare: la conoscenza della lingua. Di conseguenza stimolare la capacità di riuscire a superare ogni barriera.
Di cosa ti occupi in Spagna?
Ho conseguito la laurea in Fisioterapia lo scorso giugno, e attualmente studio e frequento un master in Neurologia nell’Università di Murcia, in ambito di età pediatrica ed adulta.
Come è stato l’impatto con la nuova realtà?
Mi sono sempre chiesta come mai non ho avuto un impatto ‘traumatico’ con il mio trasferimento in Spagna e con questa cultura. La verità è che mi sento parte di questa nazione, come se avessi una piccola quantità di sangue spagnolo. Non mi sento una straniera, ho imparato la lingua con lo stesso accento della zona in cui vivo e questo mi fa sentire ancora più integrata. Questo fatto mi rende felice e di questo sono orgogliosa di me stessa per aver realizzato passo dopo passo il mio progetto.
L’ambiente universitario è simile ad un college americano, l’Università Cattolica Sant’Antonio di Murcia si trova in periferia ed è molto suggestiva perché anticamente era un monastero. Le pause caffè nel giardino di bonsai e aranci, tra le lezioni, sono sempre state la parte preferita della giornata. L’Universitaria è strutturata come un piccolo paese, qui gli studenti di Fisioterapia trascorrono una media di 10 ore giornaliere, è molto accogliente e ti permette di avere tanti servizi.
Ho amici spagnoli di ‘lunga data’ che posso considerare ‘fratelli’ per lo stretto legame che si è venuto a creare, però dopo sei anni continuo a sostenere che noi italiani, in linea generale, siamo più aperti e i rapporti sociali siano molto diversi. L’aspetto che mi piace della Spagna è la loro filosofia di vita, in quanto ogni momento è buono per festeggiare qualcosa. Infatti spesso noto i bar e le piazze gremite di persone. La discoteca il sabato e la domenica pomeriggio è molto frequenta da giovani e adulti.
L’unica barriera che ancora non riesco a superare, non adattandomi, è la cucina spagnola. Devo ammettere che ogni anno che passa sento l’esigenza crescente del cibo italiano. Per questo quando faccio ritorno a casa in Sardegna, faccio il pieno di alimenti sardi e nazionali, unico contenuto della mia valigia alla partenza. C’è poco da dire, la cucina italiana è molto più varia con sapori più intensi, e questo mi manca tantissimo.
Differenze tra Italia e Spagna?
La differenza tra Italia e Spagna più importante è l’Università. È programmata molto diversamente, per quanto riguarda la mia esperienza, mi sentivo di essere ritornata alle superiori. Il docente ha una relazione più stretta con l’alunno, non sei un numero. Quando hai delle difficoltà con qualche esame loro sono molto propensi nell’aiutarti ed empatici, gli studenti sono molto seguiti da questo punto di vista.
L’Università spagnola inoltre è molto concreta, dopo il triennio di pratiche e tirocinio svolgiamo un altro anno in più rispetto a quella italiana, questo dedicato interamente al tirocinio. Un altro aspetto notato durante il mio percorso accademico, è stata la coesione e collaborazione tra compagni di corso, nonostante fossimo 240 studenti. Tra l’altro la cerimonia di laurea in Spagna si celebra con tutta la classe, prassi molto simile a quanto avviene nel sistema americano.
Ultimi anni caratterizzati dalla pandemia, come sono stati vissuti dagli spagnoli?
C’è molta confusione a riguardo, perché nonostante ci siano regole severe per le mascherine e vaccini, le discoteche attualmente sono aperte. L’anno scorso in Spagna sono riusciti a diminuire i casi positivi confinando i paesi per quattro mesi. Durante quel lasso di tempo non potevamo uscire dal nostro comune e questa decisione ha migliorato notevolmente la situazione. Attualmente qua si vive come se il virus non esistesse, a parte l’obbligo delle mascherine non c’è nessuna restrizione, ma personalmente evito di frequentare locali affollati. Tra l’altro dopo quattro anni in cui vivevo al centro della città, mi sono trasferita in periferia, lontana dalla ‘movida’ perché dopo la pandemia ho iniziato ad apprezzare il silenzio e la calma che ti può regalare la campagna.
Consiglieresti ai giovani un’esperienza all’estero?
La consiglio sempre, c’è così tanto da conoscere, lingue da imparare, persone da incontrare, che sarebbe veramente un peccato non vivere tale esperienza. Uscire di casa e mettersi in gioco in un ambiente sconosciuto è il miglior regalo che si possa fare a se stessi.
Questo tipo di scelta ti da’ una caratteristica per me molto preziosa: l’empatia. Grazie a questa si diventa più comprensivi verso gli altri, si riesce a immedesimarsi più facilmente nelle situazioni e sofferenze altrui.
Dico questo perché all’inizio di ogni esperienza che ho fatto all’estero, compresa quella negli Stati Uniti, ho apprezzato molto le persone che si sono rese disponibili e avvicinate a me. Avevano avvertito che avevo bisogno di comprensione e di adattarmi alla nuova realtà. Inoltre ho si impara a conoscere se stessi, scoprire caratteristiche del proprio carattere che non si conosceva e aiuta a far crescere l’autostima.
Senti la mancanza della Sardegna e dell’Ogliastra?
Sento la mancanza del mare, dell’aria pulita di Santa Maria e dei miei affetti, mia nonna in particolar modo. La parte difficile di tutte le esperienze lontane da casa è la consapevolezza del tempo che non hai trascorso a casa con la tua famiglia. È molto doloroso ogni volta dire a nonna che parto e vedere la sua espressione del viso cambiare. Anni fa, lei e mio nonno mettevano il tablet di fronte al divano posizionato in verticale, pronti a rispondere nel caso io facessi una videochiamata.
Un auspicio per il tuo futuro.
Non mi immagino ancora in un punto fisso, non ho in mente una città in concreto, però dopo cinque anni a Murcia sento la necessità di nuovi stimoli. Attualmente non tornerei in Sardegna, ma in un futuro lo spero. La qualità della vita che abbiamo nella nostra Isola è unica.
Riguardo il mondo del lavoro, appena concluderò il master mi piacerebbe lavorare nel campo della neuroriabilitazione. Sono molto affascinata dalla fisioterapia neurologica, uno dei tanti motivi per cui ho intrapreso questo percorso accademico è aiutare un paziente a poter riacquistare le funzionalità basiche per l’indipendenza nelle attività della vita quotidiana e nell’ambito sociale. Un buon recupero funzionale e l’integrazione sociale hanno un importante effetto nella psiche e nello stato d’animo della persona. La fisioterapia neurologica per questo si attua su due campi e l’obiettivo è restituire alla persona la possibilità di poter avere una vita degna e mettendo a disposizione gli strumenti per ottenere il massimo delle capacità.
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