Genitori d’Ogliastra. La storia di Benedetta, nata prematura, e di mamma Tamara Pusceddu

750 grammi: ecco il peso della piccola Benedetta il giorno della sua venuta al mondo. «Ho potuto vedere mia figlia solo in foto, il giorno dopo la sua nascita. Non mi sarei mai aspettata una cosa simile, era solo pelle e ossa. Il torace non era formato, non aveva nemmeno le unghie. Lunga solo 27 centimetri, aveva la testolina grande quanto una mela piccina.» La storia a lieto fine
Ci sono storie che riescono a racchiudere tutta la forza e il coraggio del mondo e che odorano di speranza – mai manchi! – e di voglia di vivere. Sono le storie che si ha il bisogno di sentire, soprattutto in un periodo storico così buio e incerto, e che riescono sempre a strappare un sorriso di tenerezza e di fiducia nella vita, che toglie ma che dà tanto.
La storia della piccola Benedetta e della mamma Tamara Pusceddu inizia in un modo burrascoso.
«Sono rimasta incinta e da quel momento sono iniziati i problemi.»
Sì, perché la tortoliese d’origine Tamara – da sola, senza un compagno con cui dividere gioie e dolori della nascita di una nuova vita – trascorre tanto tempo all’ospedale, prima nel nosocomio ogliastrino e poi al Brotzu cagliaritano, dove viene diagnosticata una gestosi.
«Mi ha presa in cura Esmeralda Loi, dottoressa fantastica. Hanno cercato di aiutarmi a portare avanti più possibile la gravidanza, anche perché la bambina non aveva nemmeno sviluppato i polmoni ancora. Non stava crescendo» racconta, con voce animata dal ricordo.
Ma la gestosi si fa sempre più grave e il 3 aprile del 2006 viene programmato un cesareo d’urgenza, perché la donna entra in blocco renale e la pressione è alle stelle. 220-180: la situazione è gravissima, occorre fare in fretta qualcosa per non perdere mamma e figlia.
«Hanno provato a salvarci entrambe.»
In sala operatoria, ci sono i suoi genitori, il fratello e la cognata e la sorella, che la supportano non solo in questo momento così delicato, ma per tutto il percorso successivo.
«Ricordo la dottoressa Loi dire a mia madre: “Signora, dovete solo pregare affinché si riesca a salvarne almeno una, sono a rischio entrambe.”»
Arriva quindi il cesareo d’urgenza, ma Tamara non vede la bambina. Le sue gravi condizioni la costringono per giorni all’ospedale, mentre la piccola Benedetta viene portata al Macciotta – ancora in funzione –, ovviamente intubata e in condizioni disperate. Pesava solo 750 grammi, non respirava da sola ed era così piccina da potere essere tenuta su una mano sola.
«Ho potuto vedere mia figlia solo in foto, il giorno dopo la sua nascita. Non mi sarei mai aspettata una cosa simile, era solo pelle e ossa. Il torace non era formato, non aveva nemmeno le unghie. Lunga solo 27 centimetri, aveva la testolina grande quanto una mela piccina.»
Benedetta rimane per tre mesi in terapia intensiva neonatale, sempre intubata. Intanto mamma Tamara, dopo le dimissioni, la raggiunge a Cagliari per starle vicina più possibile e per vegliarla sperando nel miracolo.
«Ogni tanto provavano a farla respirare da sola, ma non riusciva. Ero sempre lì, mattina e sera, mi tiravo il latte per farglielo avere ma la mia bimba aveva una sonda nell’ombelico: era così che si alimentava.»
Il ricordo più forte di mamma Tamara è il suono dei macchinari che si attivano in continuazione: Benedetta va in apnea continuamente, quindi sono quasi quotidiane le corse contro il tempo per salvarla.
Ma il problema principale è il dotto di Botallo, che non ne vuole sapere di chiudersi.
Passano le settimane e a un certo punto Tamara Pusceddu può almeno toccare le manine di sua figlia, i suoi piedini: per lei questa conquista è stupefacente, bellissima, emozionante.
«Dopo tre mesi e mezzo, pesava 2 chili e 600, respirava da sola e finalmente il dotto di Botallo si era richiuso. Quindi l’abbiamo portata a casa, ma la guerra non era finita: io e mia madre facevamo i turni, lei il giorno e io la notte. Benedetta andava spesso in apnea, ancora, non potevamo rilassarci mai.»
I controlli, all’inizio settimanali, si diradano perché nonostante tutto la bimba cresce e non mostra nessun problema, anche se il primo anno è duro. «Aveva continuamente bronchiti e polmoniti, ha trascorso diverso tempo in ospedale» rivela, emozionata. «Poi si è ripresa e tutto è andato per il meglio. Io non sono mai stata sola, i miei genitori, mia sorella, mio fratello e mia cognata mi sono stati vicini in modo totale, li ringrazio per questo.»
Adesso?
Be’, Benedetta Pusceddu è una bellissima ragazza di sedici anni, con occhi scuri e lineamenti angelici. Ah, e ha anche un papà che la ama e una sorellina di sette anni, Maria Stella.
«Dopo nove anni, io e mio marito abbiamo pensato a un altro figlio. Io ero terrorizzata,» rivela «ma ci siamo buttati. Anche Maria Stella è nata prematura, pesava un chilo e 600, ma respirava da sola ed è rimasta in ospedale solo un mese, nella culletta termica. È birichina!» scherza, infine, finalmente serena.
«Sono contenta delle mie due principesse. Ho chiamato così Benedetta proprio perché penso che il Signore mi abbia aiutata tanto.»

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