Rientro a scuola. Genitori cari, c’è chi sta facendo il conto alla rovescia e chi mente
Una piccola riflessione per voi, cari genitori, che (senza poterlo ammettere) state mentalmente ballando Tango e Merengue mentre ci si avvicina alla Magna Data: il 14 settembre, la riapertura delle scuole in Sardegna.
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Carissime e carissimi Vistaners, quello che leggerete di seguito è vietatissimo ai minori. E non per ragioni morali ma per mera furbizia.
Quindi se sei minorenne non leggere questo articolo.
Ok, con queste dovute premesse possiamo iniziare. Ve le ricordate le hit estive di qualche decennio fa? E le estati di quando eravamo adolescenti? Quel senso di libertà, i primi baci, le serate davanti ai falò, i bagni a mezzanotte? Le ricorderete senz’altro. Così come ricorderete il progressivo e mesto accorciarsi delle giornate, il venticello fresco del periodo in cui l’estate stava finendo, il groppo in gola nel vedere gli stabilimenti abbandonati e le pubblicità in televisione di zaini, diari e cartoleria varia.
Ecco, usiamo il passato. FACEVA venire il groppo in gola. Ora che siamo adulti, molti di noi prole-muniti, siamo passati dall’altra parte della barricata e gli stabilimenti che si spopolano, gli spot dei quaderni e il fresco che timidamente fa capolino, ci riempiono di gioia. Il perchè è presto detto, lo conosciamo tutti: stanno per riaprire le scuole.
Sono forse aridi e disincantati i tanti genitori che nella fine delle vacanze vedono il conforto di una campanella che trilla? Ma no, sono ( siamo) solo genitori reduci da tre mesi di totale delirio e che già pregustano le ore non di libertà o di vacanza, ma di semplice vita quotidiana. Costellata, sì, di traffico, di file agli sportelli, di spese, corse e stanchezze di varia natura ma senza il salasso delle ludoteche ( siamo certi che i dati dimostrino un’impennata di vendita di organi durante il periodo estivo) e l’angoscia del “Ora che gli faccio fare?” del “Ti prego, andiamo alle giostre anche se è mezzanotte?”, del “Posso fare il bagno? Quanto è passato? Eh? Eh? Eh?”.
No carissimi, non vergognatevi e non sentitevi delle brutte persone se, anche voi, mentalmente, state ripetendo come un mantra “14 settembre”.
Lo sappiamo che adorate i vostri bambini, che avete passato con loro momenti preziosi durante questa torrida estate. Siete splendidi e giudiziosi, per carità. Ma datevi ( e diamoci) la possibilità di dirlo apertamente: è partito il conto alla rovescia che neanche i detenuti di Rebibbia. Si attende la Magna Data, il giorno beato in cui si tornerà al confort della vita dura ma possibile. Quel miracoloso giorno in cui le maestre e le professoresse riprenderanno per alcune ore al giorno ad accudire i nostri amati pargoli.
Ah, già! Abbiamo dimenticato di porre il divieto di lettura di questo articolo ai docenti! A pensarci però, forse, è un bene: ci offre l’occasione per dir loro grazie. Grazie, grazie e ancora grazie, per quelle ore che tra poco ci regalerete!
Voi ci regalerete le serate in cui i bambini sbadigliano e vanno a dormire anziché saltare sui materassi fino alle ore più improbabili, voi ci permetterete di guardare il telegiornale mentre loro finiscono i compiti e tanto, tanto altro. Capiamo, cari prof e maestri, che questo non lenirà la vostra preoccupazione per il ritorno a scuola, ma sappiate che questi tre mesi sono stati duri e che noi genitori, il 14 settembre, brindando, vi penseremo con tanto affetto. In alto i calici: meno dodici!
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Un presepe tra le macerie: a Tortolì la Natività diventa messaggio di pace e speranza per chi vive la guerra

La scena della Natività è ambientata tra le rovine di un edificio distrutto, con macerie, muri spezzati e cemento crollato a fare da sfondo alla nascita di Gesù. Il messaggio della parrocchia di San Giuseppe è chiaro (e bellissimo): Dio non sceglie luoghi sicuri e protetti, ma entra nelle ferite del mondo.
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Nella parrocchia di San Giuseppe di Monte Attu, a Tortolì, il presepe realizzato quest’anno si distingue per il suo forte valore simbolico e per il messaggio profondamente attuale che intende trasmettere. La scena della Natività è ambientata tra le rovine di un edificio distrutto, con macerie, muri spezzati e cemento crollato a fare da sfondo alla nascita di Gesù.
Il significato dell’allestimento è stato spiegato dalla parrocchia stessa attraverso i propri canali social, dove viene sottolineato come il presepe sia dedicato a tutte le persone che oggi vivono nei drammatici teatri di guerra. In questo contesto di devastazione, la Sacra Famiglia diventa segno di speranza e di luce.
Maria è rappresentata con un’espressione di dolcezza e raccoglimento, mentre custodisce la vita anche in mezzo alle rovine. Giuseppe appare vigile e forte, presenza silenziosa che protegge quel fragile spazio di pace. Al centro della scena c’è il Bambino Gesù, deposto nella mangiatoia il 25 dicembre, avvolto da una luce che contrasta con l’oscurità delle macerie, a indicare che Dio nasce proprio dove tutto sembra perduto.
Anche gli altri elementi dell’allestimento hanno un valore simbolico: il muschio che cresce tra i detriti, le travi spezzate e i muri crollati richiamano una vita che resiste, una storia ferita che attende redenzione, una pace possibile anche nel dolore.
Il messaggio, come spiegato dalla parrocchia stessa sui social, è chiaro: Dio non sceglie luoghi sicuri e protetti, ma entra nelle ferite del mondo.
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