Lo sapevate? In Sardegna milioni di anni fa viveva un coccodrillo preistorico
Lo sapevate? In Sardegna milioni di anni fa viveva un coccodrillo preistorico
Lo sapevate? In Sardegna milioni di anni fa viveva un coccodrillo preistorico
Nel Miocene, circa 10 milioni di anni fa la zona dei colli di Is Mirrionis era popolata di grandi creature preistoriche, tra le quali il coccodrillo. Nel 1868 furono trovati i resti di un teschio. La testa di questo rettile raggiungeva quasi il metro di lunghezza
Circa 10 milioni di anni fa, nel Miocene dove ora sorge cagliari c’era il mare. Nel territorio vivevano creature di grandi dimensioni, come squali giganti, coccodrilli e tartarughe. A testimoniarlo reperti fossili ora conservati al Museo sardo di Geologia e Paleontologia “Domenico Lovisato”.
Il cranio di un coccodrillo (Tomistoma calaritanum), il carapace di una grande tartaruga (Trionyx sp.), i denti di uno squalo gigante (Carcharodon megalodon), e tanti altri reperti, rinvenuti in città intrappolati nelle rocce ci parlano di una terra selvaggia, abitata da creature enormi.
In particolare nella zona di Is Mirrionis, sui colli, furono rinvenuti da Patrizio Gennari, nel 1868 i resti di un coccodrillo fossile del miocene menzionati anche dal la Marmora. Si trattave del coccodrilliano garialoide (animale dal cranio lungo quasi 90 centimetri molto simile all’odierno Tomistoma del Sud Est asiatico.
(FOTO) Lo sapevate? A Villagrande c’è il più importante centro metallurgico nuragico dell’Isola
Ma non solo, S’Arcu e is Forros era un po’ un Lourdes nuragico: le persone accorrevano dai villaggi vicini per chiedere la grazia di una guarigione o la risoluzione di un problema e lasciavano nei templi dei doni
S’Arcu e is Forros, a pochi chilometri dal passo di Correboi – ancor oggi uno dei più importanti punti della viabilità sarda –, è considerato dagli studiosi il più importante centro metallurgico nuragico in Sardegna e non solo: si trattava di una specie di Lourdes nuragico. Ma andiamo per gradi.
Qui, ben 3500 anni fa, i nuragici costruiscono un nuraghe monotorre e un primo insediamento di capanne, ma il cambiamento avviene nel 1200 a.C.: è allora che soffia il vento della rinascita. Nasce una nuova architettura sacra, che si basa sull’acqua, vista ovviamente come elemento vitale, e S’Arcu e is Forros, santuario nuragico ricco di templi, diventa crocevia di “pellegrini”: «Forse in occasione di feste o ricorrenze legate all’annata agraria, arrivavano dai villaggi vicini numerose persone a piedi o con i carri» racconta Alessandra Garau, una delle guide turistiche di Archeonova, squadra composta da eccellenti professionisti.
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S'arcu e is forros Villagrande9
Ma non solo: come abbiamo detto, S’Arcu e is Forros era per le persone di allora una specie di Lourdes nuragico. «In queste occasioni ci si incontrava, si scambiavano merci o animali, si stipulavano contratti, si banchettava e naturalmente si pregava nei pressi dei templi. I sacerdoti accoglievano i fedeli si invocavano alla Divinità lasciando nei templi pregiati doni che, oltre al loro valore materiale, portavano in sé l’immenso valore delle speranze e delle preghiere che imploravano la grazia di una guarigione o di risoluzione di un problema. I preziosi bronzi ritrovati nei templi, oggetti di uso comune ma anche i celebri bronzi figurati che conosciamo con il nome di “bronzetti”, sono dei veri e propri ex voto che avevano la stessa funzione di supplica e preghiera degli ex voto che ancora oggi vengono lasciati nelle chiese dedicate ai Santi dalle proprietà miracolose.»
Così arriviamo al primato importante che dà a S’Arcu e is Forros il riconoscimento di più importante centro metallurgico della Sardegna. Durante la loro storia millenaria, dall’Età del Bronzo medio a quella del Ferro, tra il 1600 e il 600 a.C., i nuragici hanno sviluppato abilità artigianali eccellenti. Non erano solo contadini, pastori e costruttori – spiega Garau – ma anche bravissimi fabbri. «Nelle officine fusorie nuragiche venivano realizzati attrezzi per l’edilizia e il lavoro sui campi,» continua Garau «venivano forgiati accessori per l’abbigliamento, monili e manufatti preziosi che venivano scambiati in segno di amicizia e benevolenza tra capi nuragici oppure donati ai navigati che si fermavano in Sardegna: l’economia si basava sugli scambi di beni e oggetti di valore perché ancora non esisteva la moneta.»
Ed ecco che culto e metallo si uniscono: nei bronzetti che venivano appunto “venduti” alle persone, che poi li donavano per ricevere favori dalle divinità.
Ciò che distingue però S’Arcu e is Forros dagli altri villaggi nuragici è la presenza di vere e proprie officine fusorie: qui venivano prodotti gli oggetti che venivano scambiati durante le feste e che venivano consegnati in dono ai sacerdoti.
Unico ed eccezionale: così viene definito un monumento in particolare.
Dopo un attento studio, è emerso qualcosa di stupefacente: «Il ritrovamento di scorie di metallo e resti di fusione ha fatto capire agli archeologi che poteva trattarsi di fornaci per l’estrazione dei minerali: dalle piccole aperture messe alla base, con dei grossi mantici, veniva soffiata l’aria per alimentare i fuochi e raggiungere le alte temperature necessarie a fondere i metalli. È suggestivo pensare che, a distanza di tremila anni, il sito conserva nel suo nome l’essenza della vocazione che aveva in epoca nuragica: S’Arcu ‘e is Forros si potrebbe tradurre come il Valico dei Forni. Questo nome evocativo riassume l’importanza del sito e la potenza della comunità che lo abitava: era situato nei pressi di un valico appunto, luogo di passaggio, di confine ma anche di incontro, da dove era possibile controllare la porta occidentale dell’Ogliastra. I forni richiamati nel nome poi sembrano voler riassumere la vocazione, oltre che sacra, produttiva connessa alla metallurgia e alla ricchezza dovute alla straordinaria capacità di lavorare e gestire i preziosi metalli da parte di abili artigiani e di potenti sacerdoti.»
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